di Giada Fazzalari
Se c’è una certezza granitica che i fatti di Valencia ci suggeriscono è che il tema del riscaldamento globale e della crisi climatica, con gli effetti tragici che si trascinano dietro, non sono più rinviabili. Se ne sono accorti i ragazzi della Generazione Z, quella nata tra la fine degli anni ‘90 e la prima decade di questo Millennio. E lo hanno capito in anticipo rispetto alle generazioni che l’hanno preceduta, le stesse che, con le loro scelte sbagliate e miopi, hanno di fatto compromesso il loro futuro e quello di tutti noi, lasciando in eredità un mondo che rischia di esplodere. E siccome quei ragazzi hanno intenzione di porre rimedio, riempiono le piazze di tutto il mondo e guidano una protesta collettiva potentissima, proprio come avveniva negli anni ’60. Eppure, nonostante si siano resi protagonisti di gesti e manifestazioni anche eclatanti (come fare causa ai governi, persino all’Onu, sabotando attività che ritengono dannose per il pianeta), la politica e i decisori pubblici, sembrano non essersi accorti di loro. E quando è successo, lo hanno fatto in modo superficiale, quasi sprezzante. Lo scontro, che è diventato generazionale, oltre che politico, si è esacerbato al punto da diventare ideologico. Semplificando: mentre la sinistra fa dell’impegno sul clima un tema centrale, i sovranisti ovunque collocati minimizzano il problema. Cosa pensa, ad esempio, la destra di Meloni e di Salvini è noto: un pensiero che oscilla dal negazionismo climatico becero all’esclusivo sostegno nella misura in cui non danneggia una serie di interessi economici cari, appunto, alle lobbies di destra. E così il dibattito sul tema si è ridotto a pura opinione politica e a polarizzazione ideologica e non a quello che è: una vera e propria emergenza. È sconcertante la mancanza di sensibilità e di ascolto, da parte di certa classe politica, su una questione che ci si presenta, in modo dirompente e tragico, ormai sempre più di frequente. Quello che la “Gen Z” ha capito (e che persino i Millennial faticano ad accettare) è che questa urgenza dovrebbe esimersi dallo scontro ideologico che alimenta la propaganda, per un motivo semplice: la crisi climatica riguarda tutti noi, perché, tra le altre cose, alimenta le diseguaglianze sociali ed economiche, distinguendo chi può proteggersi dai danni che derivano – acqua potabile, cibi contaminati – a seguito di uragani, incendi, alluvioni e chi non può farlo. E se è vero che la politica è portata a cambiare atteggiamento quando avverte una forte pressione sociale, è l’ora che se ne occupi. Dando ascolto a quei ragazzi che, da tempo, ci avevano avvertiti. Sempre che non sia ormai troppo tardi.