Gli italiani non possono curarsi

di Giada Fazzalari

Attorno alla sanità pubblica, alla qualità del sistema sanitario nazionale e al diritto di ciascuno ad una vita dignitosa, si concentra il gigantesco dramma del nostro Paese. Le migrazioni sanitarie, la diseguaglianza che si registra di regione in regione, i pronto soccorso affollati e il conseguente rafforzamento della sanità privata, sono la fotografia di un servizio sanitario prossimo al punto di non ritorno. In un recente sondaggio condotto da Ilvo Diamanti su quale sia la percezione degli italiani riguardo le emergenze del Paese, è racchiuso il senso del disagio e dell’inquietudine generati dalla paura di perdere un diritto costituzionalmente garantito e che, ormai, non può dirsi universale. Il diritto alla cura. La sanità pubblica genera più ansia di guerre, tasse, disoccupazione, immigrazione, sicurezza legata al cambiamento climatico. Temi che pure restano importanti. Il fatto che la scarsità di risorse per la sanità non sia una novità (ed evidentemente gli italiani se ne sono accorti) ce lo ricorda la Fondazione Gimbe, che ci consegna un quadro sconcertante: accanto a chi paga di tasca propria per aggirare le inefficienze del Ssn, aumentano le persone che non riescono più a curarsi per mancanza di risorse: l’8% della popolazione, cioè 4 milioni e mezzo di persone. Si tratta della più grande e drammatica forma di ingiustizia sociale, un furto strisciante del futuro dei cittadini. Una sorta di grande piano inclinato in cui i diritti sociali, piano piano, scivolano via. Nell’Italia degli anni ‘60 e ‘70 i socialisti hanno realizzato, coi loro ministri – da Mancini (che salvò migliaia di bambini imponendo il vaccino contro la poliomielite) ad Aniasi (il socialista promotore dell’Istituzione del Ssn) a Mariotti (che nel 1968 fu protagonista della legge che trasformava gli ospedali in enti pubblici, aperti a tutti coloro che avessero bisogno di cure urgenti) – una sanità gratuita e universale in cui il diritto alla salute fosse assicurato a tutti e costituisse uno strumento di riequilibrio delle diseguaglianze sociali. Da almeno vent’anni c’è evidentemente il tentativo di smontare queste grandi conquiste di civiltà riportando la sanità alla dimensione dell’ingiustizia sociale: la privatizza, la svilisce, la rende inaccessibile. La battaglia per la sanità pubblica deve essere una battaglia di tutte le forze politiche: una sorta di patto per salvare il diritto a curarsi, per costruire un Paese dove un povero abbia il diritto di curarsi esattamente come un ricco. Una battaglia che questo giornale non cessa di condurre, che il Psi porta avanti con determinazione, a cominciare dalla campagna delle prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna, Umbria e Liguria, dove il partito sarà impegnato con liste laiche e riformiste, a difesa di una conquista sociale pilastro della nostra democrazia. Per combattere le diseguaglianze, raddrizzare i torti, mettersi dalla parte degli ultimi.

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