di Nautilus
Le hanno chiesto se intendesse dichiararsi antifascista e non ha risposto. Le hanno chiesto se l’antifascismo fosse per lei un valore in sé e non ha risposto. Le hanno chiesto se la Giorgia Meloni che era contraria alle sanzioni alla Russia fosse la stessa Giorgia Meloni di oggi e non ha risposto. Legittimo. Lo prevede la democrazia: chi può, fa domande e chi governa risponde o non risponde. Anche le non-risposte entrano a far parte del patrimonio di “conoscenze” dell’opinione pubblica. Giorgia Meloni, 47 anni, dei quali uno e mezzo già trascorso a palazzo Chigi, è è una donna di destra, che ha dimostrato di avere tempra. Perché è cresciuta in un partito, perché conosce le regole della politica. Ma al tempo stesso, e dopo 18 mesi di governo, è arrivata l’ora di prendere atto che Meloni è diventata quel che nessuno poteva pensare: una piccola Berlusconi. Alla kermesse dei Fratelli d’Italia ha detto di essere “fiera” del fatto che “la maggior parte dei cittadini che le si rivolge, continui a chiamarla Giorgia, “non Presidente, non Meloni, solo Giorgia”. E’ per questo colei che è pur sempre la presidente del Consiglio di un Paese del G7 ha pubblicamente chiesto: “Se volete dirmi che ancora credete in me, mi piacerebbe lo faceste scrivendo sulla scheda elettorale semplicemente “Giorgia””. Si è scoperto poi che, grazie ad un furbo escamotage (peraltro a rischio legittimità), sulla scheda sarà possibile scrivere soltanto Giorgia, oltreché Meloni. Neppure Berlusconi, il genio del marketing senza principii, era arrivato a tanto. Con questa trovata Meloni ha fatto il vuoto attorno a sé: ora il voto ai Fratelli si è fatto personalissimo. Ma da soli si sbaglia più spesso e quando la donna sola al comando fallir una mossa importante, come capita a tutti gli umani, assieme a Giorgia verrà giù tutto in un attimo. Come un castello di carta.