di Stefano Amoroso
Tre mesi di atrocità e massacri, tra Israele e Gaza, sono riusciti a far precipitare il Medio Oriente in un caos senza precedenti. Quello che sta avvenendo nella Striscia di Gaza, e che è stato preceduto dal massacro di Hamas del 7 ottobre, secondo molti è genocidio. Al di là di come la si pensi sul punto, resta comunque un fatto certo: è in atto una crisi umanitaria spaventosa, con mancanza di acqua potabile, viveri, medicine e ripari per la popolazione civile in fuga. Si stanno diffondendo pericolose epidemie, ed anche i luoghi definiti sicuri da Israele vengono sistematicamente bombardati senza preavviso.
Eppure, il Governo italiano tace. Un silenzio assordante. Il sostegno ai civili palestinesi sofferenti per la guerra pare limitato all’invio della nave ospedale Vulcano, che da circa due mesi è alla fonda di fronte a Gaza. E nel frattempo sono state azzerate le autorizzazioni per esportare armi verso Israele. Tuttavia, visto lo stato di guerra in corso, si tratta di un atto dovuto; quindi, non c’è stato alcun impegno politico del Governo. Tace, purtroppo, anche una parte dell’opposizione; in casa PD, all’indomani della strage di Hamas del 7 ottobre era stata decisa una posizione politica che lasciava ben sperare: diritto di Israele a esistere e difendersi, ma senza che sia la popolazione di Gaza a pagare il prezzo di una reazione che deve restare nei confini dei diritti umani. A questa, non sono seguiti i fatti. Ad oggi, l’unico atto politico di rilievo a favore della pace, da parte di esponenti del PD, è stato il viaggio di Arturo Scotto e Roberto Speranza in Terrasanta prima di Natale, dove si sono detti a favore della linea dei “Due Popoli, due Stati” e fatto appelli per la pace.
Così, nel vuoto lasciato sia dalla maggioranza che dal PD, è stata la società civile a muoversi: già a fine ottobre la “Rete pace disarmo” aveva promosso una prima manifestazione a Roma, a cui hanno partecipato molte associazioni, comitati e semplici cittadini. C’erano anche i Cinquestelle e l’Alleanza Verdi Sinistra, con Nicola Fratoianni che ha parlato della necessità della liberazione di tutti gli ostaggi, in nome dell’amicizia con Israele, che può però solo andare a braccetto con la costruzione di una pace credibile anche per il popolo palestinese. E siamo di nuovo al vero nodo della questione: la popolazione palestinese, sotto occupazione da 75 anni, ha diritto a veder riconosciuta la sua dignità ed una sua entità statuale vera. E, per evitare che questo Stato venga gestito dai terroristi di Hamas, si deve costruire la nuova Palestina con i soggetti politici, economici ed intellettuali giusti. Non esiste altra via. L’alternativa, come vediamo, è il massacro di civili per eliminare i terroristi; il che equivale a moltiplicare per mille l’adesione alle reti terroristiche e, quindi, ritrovarsi punto e a capo nel giro di poco tempo.
Dopo i fiumi di parole spesi per discutere della guerra in Ucraina e delle altre centinaia di crisi in atto nel mondo, sarebbe stato legittimo sperare che la stampa libera italiana s’interrogasse su quello che sta succedendo a Gaza. E invece, come già per il Governo ed il PD, anche in quel caso non c’è stato quasi niente: pochi approfondimenti e nulla più.
Colpisce, soprattutto, il silenzio assordante della stampa alla conferenza stampa di inizio anno della Meloni: non è stata posta neanche una domanda su una tragedia che avviene a poca distanza dall’Italia, che ha coinvolto direttamente anche dei cittadini italiani (sia sul fronte israeliano che palestinese) e che riguarda la Terrasanta, cioè un punto di riferimento fondamentale per la storia d’Italia e della Chiesa cattolica.
Così come tace il mondo dello spettacolo, evidentemente ancora troppo impegnato a parlare del prossimo Sanremo o del recente scandalo Ferragni. Tra le poche eccezioni, va citato il coraggioso Gabriele Muccino: in una serie di post pubblicati su Instagram, il talentuoso regista italiano denuncia ripetutamente la strage continuata di civili, che è parte del disegno criminoso perseguito dal Governo Netanyahu da lunghi anni: privare i palestinesi di qualsiasi risorsa e della loro dignità, nella speranza che facciano una delle seguenti due cose: emigrare ed abbandonare definitivamente il sogno di vivere liberamente in Palestina, oppure ribellarsi e quindi diventare un legittimo bersaglio per le forze di difesa israeliane.
Negli ultimi tempi, inoltre, Benjamin Netanyahu ha aggiunto un altro motivo per continuare la sua azione di repressione e guerra: evitare la perdita del potere e, di conseguenza, l’arresto. Infatti, il primo ministro israeliano, sotto processo per corruzione, nel momento in cui non dovesse più avere l’immunità governativa andrebbe a processo e, probabilmente, in carcere. Motivo di più, per “Bibi” Netanyahu, per continuare ad oltranza l’offensiva su Gaza. Il silenzio dell’Occidente, le divisioni europee e la debolezza di Biden, potrebbero aiutarlo a raggiungere i suoi scopi.