Gaza, il silenzio della vergogna

di Giada Fazzalari

Vergogna. È forse la parola più adatta per descrivere tutto ciò che si muove attorno al genocidio che si sta consumando a Gaza. Una scena di ordinario orrore: mentre degli esseri umani camminano ordinatamente in fila, come schiavi, esposti all’umiliazione, alla paura, al terrore, alla morte che incombe, con stracci bianchi tra le mani per difendersi dagli attacchi, una madre corre verso un riparo, con un bambino in braccio; viene uccisa, il figlio scappa, incontrerà la morte, dopo aver provato il dolore. Succede oggi, in un pezzo di mondo che non fa rumore oltre il confine. Gaza è allo stremo. La federazione della Croce Rossa Internazionale e della Mezza Luna Rossa, continua a lanciare appelli perché tacciano le armi ed entrino gli aiuti umanitari necessari. La risposta sono le bombe sugli ospedali, quei pochi che sono rimasti pressoché operativi, anche se oramai privi di ogni risorsa sanitaria. Nell’immenso campo profughi che è diventato il territorio sud della Striscia di Gaza, i palestinesi sono spinti verso il confine con l’Egitto, un confine che non possono valicare, dove i missili non si arrestano, come le bombe israeliane verso nord, in territorio libanese, e ad est, verso la Cisgiordania. Il rischio di una escalation militare che coinvolga anche altri Paesi arabi è sempre più possibile, tanto che l’azione diplomatica del Segretario di Stato Blinken si sta facendo frenetica. Gli USA non vogliono essere immischiati in una guerra complicata, ma dimostrano di non avere il polso che sarebbe ora necessario con l’alleato israeliano: la vergognosa (e colpevole) impotenza americana. Intanto la popolazione civile palestinese continua a morire, accumulando una miriade di silenzi, con l’Occidente che volge lo sguardo altrove senza provare imbarazzo. Più volte da queste pagine abbiamo evocato un sussulto di umanità e di dignità; che non abbiamo visto, nemmeno dalla politica di casa nostra, che invece dovrebbe alzare la voce e la testa. Relegando tutti noi in un angolo della vergogna dal quale faticheremo ad uscire.

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