Meloni, tra saluti romani e trenta miliardi da trovare

di Enzo Maraio

La tattica messa in campo da Giorgia Meloni sulla candidatura alle elezioni Europee nasconde una debolezza, ma anche la necessità di accentrare sempre su di sé l’attenzione mediatica e politica, per non cedere terreno prezioso agli alleati e all’opposizione. La maggioranza di Governo si regge ormai sulla recrudescenza del fascismo dalla quale mai la premier si è dissociata in maniera netta e che vivacchia su provvedimenti spot, sempre più figli di un sentiment populista che di un reale disegno politico che consenta al nostro Paese di uscire dalle secche. E viene da chiedersi se manifestazioni come quelle di Acca Larenzia, sempre più frequenti e massicce, siano solo nostalgia folkloristica, o invece rappresentino un ritorno dello squadrismo. “Corsi e ricorsi storici”, si dirà. Un ciclo di storia lungo proprio cento anni, quelli che ci separano dal periodo storico che vide germinare il fascismo e l’anteporsi di martiri della libertà come Matteotti.
Intanto, il Paese diventa più fragile e i cittadini senza certezze. Non c’è crescita se non negli aumenti che in questo 2024 stritoleranno le famiglie e costringeranno il governo a dover correggere la manovra per mantenere fede alla cambiale firmata con il nuovo Patto di Stabilità: recuperare 30 miliardi entro il prossimo anno. Dove si prenderanno i soldi? Facile, dalla spesa sociale. Dalla sanità, già falcidiata da questa legge di bilancio che tende a spostare l’asse sui privati; dagli investimenti sulla scuola, che arranca. Non si tutelano più le fasce deboli e non si interviene sugli stipendi. Insomma, meno welfare e più potere. Un bluff elettorale che non dovrebbe essere consentito. Una barzelletta, neanche divertente. Così come non farebbe ridere la candidatura di Tajani mentre fa ridere il tentativo di Salvini di accreditarsi nell’elettorato scontento della Meloni dicendo “non mi candido ma candiderei volentieri il generale Roberto Vannacci”, proprio colui che ha scritto le cose che l’elettorato di questa destra vuole ascoltare. Uno che ha asfaltato i diritti civili, calpestato le conquiste sociali, azzerato il valore delle donne. A destra insomma non si prende sul serio il progetto europeo, che pure ha disvelato la sua necessaria forza quando siamo precipitati nel buco nero della pandemia. Un’Europa il cui impegno andrebbe invece rafforzato. Occorre cambiare direzione; c’è un Paese alla deriva e la rotta va corretta subito.

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