Femminicidi? Per il governo è colpa dell’uomo nero

di Alessandro Silvestri

In occasione del 25 novembre, giornata internazionale di contrasto alla violenza di genere, si registra una intensa attività culturale, mediatica ed istituzionale che prevede sedici giorni di attivismo che si estendono fino al 10 dicembre, giornata mondiale dei diritti umani. Prendiamo spunto per tracciare un’istantanea sulla situazione del femminicidio nel 2024 in Italia, partendo dal duro dato statistico che ci parla, dal 2000 ad oggi, di circa 3700 omicidi di genere. Ma anche che a cinque anni dall’introduzione del “Codice Rosso” (legge 69/2019) e dal successivo adeguamento di un anno fa con la legge168/2023 entrato in vigore il 9 dicembre, le vittime femminili registrano già un -10% rispetto all’anno precedente. Aumenta invece il numero di donne anziane uccise dal marito dopo lunghissime convivenze, e su questo punto dobbiamo indagare sulle difficoltà sociali ed economiche e di assistenza sanitaria, che sono chiaramente aumentate negli ultimi anni. E che non potranno che incrementare ulteriormente se si continua a tagliare su welfare e sul mancato adeguamento di stipendi e pensioni. È indubbio ed evidente, che siano state necessarie molte attività specifiche congiunte, da parte dei media, delle istituzioni e della scuola, per riuscire ad invertire la luttuosa tendenza, vergogna imperdonabile per ogni società che voglia definirsi civile. Anche se va considerato oggettivamente che i femminicidi veri e propri (quelli perpetrati da ex mariti, compagni o amanti respinti, sono circa il 55% dei casi). Un dato che pone l’Italia tuttavia tra i Paesi europei meno incivili. Ogni tanto una buona notizia, se così si può definire. Un lungo cammino che dal dopo-guerra ha visto mano a mano il mondo femminile prendere sempre più coscienza dei suoi ruoli e diritti e lo si può vedere anche dalla presenza nelle istituzioni, considerato che dal 5% di donne in Parlamento del 1948, siamo arrivati al “record” del 36,83% nella scorsa legislatura, salvo poi scendere di nuovo al 33% in quella attuale. Anche se sul piatto della bilancia abbiamo la prima Presidente del Consiglio donna, la leader dell’opposizione donna e alcune Presidenti di Regione, soprattutto nel Centro-Nord, in un Paese dove fino al 1956 esisteva lo “jus corrigendi” vero e proprio simbolo del patriarcato (altro che oggi); dove fino al 1958 operavano le “case chiuse” abolite grazie alla senatrice socialista Lina Merlin; dove l’adulterio della moglie era punito con il carcere fino al 1968; dove soltanto la riforma del 1975 cancella la figura del capo-famiglia e introduce fattivamente l’avvio alla parità tra i generi; dove il “delitto d’onore” è stato abolito nel 1981; dove pure un atto così abominevole come lo stupro, fu dichiarato reato contro la persona soltanto nel 1996: è chiaro che di strada da fare ce n’era molta e che soltanto piuttosto recentemente, con la legge 154/2001 si è messo mano alle misure contro la violenza nelle relazioni familiari. La politica italiana ha finalmente adottato (meglio tardi che mai) il “metodo Scotland” (dal nome della ministra laburista inglese che lo introdusse nel 2013) quello che sostanzialmente è il codice rosso dei giorni nostri, che consentì nella sola Londra di passare da 49 femminicidi all’anno, a 5. Un obiettivo, quello della riduzione costante del fenomeno, che ci dobbiamo senz’altro prefissare, ma che può essere messo a rischio da questo governo “Brancaleone” che già l’anno scorso tagliò i fondi del 70% passando dai 17 milioni del governo Draghi a 5, cassando di fatto 80 nuovi centri anti violenza (doppiamente virtuosi perché da realizzarsi in immobili sottratti alle Mafie) ed è stato soltanto grazie all’opposizione che il Parlamento ha destinato in extremis, 43,5 milioni alle attività di contrasto alla violenza di genere. Staremo a vedere quanto di concreto sarà fatto dalla nuova Manovra di bilancio, ma è evidente l’arretratezza culturale di alcuni membri del governo, come il ministro Valditara che all’inaugurazione della Fondazione Giulia Cecchettin ha sostenuto in videomessaggio che il fenomeno della violenza sulle donne è anche causato dall’immigrazione illegale, avvitandosi sul concetto di patriarcato descritto come questione puramente ideologica. Ci chiediamo non senza un certo sbigottimento di cosa se ne faccia il ministro dei dati statistici facilmente reperibili nei database dei ministeri, come su qualsiasi sito che si occupi del fenomeno, visto che è ampiamente noto che l’80% dei femminicidi è opera di maschi italiani e che nel restante 20% le vittime italiane (visto che secondo i “patrioti” è tutta colpa dell’uomo “nero”) sono una piccolissima percentuale. Dato che esattamente come noialtri, colpiscono connazionali. Come nel caso della sfortunata Giulia Cecchettin che è stata portata via dalla furia violenta di un coetaneo bianco e di buona famiglia. Se negli Stati Uniti gli immigrati illegali catturano cani e gatti per mangiarli, come sostenuto da Trump, da noi i membri del governo, spesso e volentieri sono attratti irresistibilmente dal prendere nutrie e granchi di grossa taglia.

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