Dalle elezioni tedesche l’ennesimo campanello d’allarme per l’Europa

di Stefano Amoroso

Le elezioni in Assia e Baviera, due importanti Land della Germania, hanno premiato la destra e punito severamente la “coalizione semaforo” al Governo a Berlino. Quando sono usciti i risultati, domenica scorsa, il mondo intero aveva gli occhi puntati su quanto stava avvenendo a Gaza ed in Israele, per cui l’appuntamento elettorale tedesco è passato quasi in sordina. I suoi effetti, tuttavia, sono destinati a pesare sul futuro del Governo di Scholz e su tutta l’Europa. Che la coalizione tra Spd, Verdi e Liberali, al Governo della Repubblica Federale dal dicembre 2021, fosse in calo di popolarità, era cosa nota. Tuttavia, nessuno si aspettava questi risultati: la Spd di Scholz è il terzo partito in Assia (15,1% dei consensi) ed il quinto in Baviera (8,4%) in calo rispetto alle precedenti elezioni in entrambi i Land. I Verdi, accreditati di un 14-15 percento dei consensi in entrambi i Land, sono in calo netto. Ma sono i Liberali di Lindner a subire un vero e proprio tracollo: un misero 5% dei consensi (ed 8 deputati eletti) nel Parlamento regionale bavarese, ed un modestissimo 3% in Assia, che li pone fuori dal Parlamento del Land occidentale. In queste condizioni, ovviamente, il futuro della maggioranza al governo si fa molto preoccupante: queste elezioni regionali hanno coinvolto quasi il 20% dell’elettorato tedesco, e dunque vanno prese sul serio. Nel centro destra, invece, si vive nell’abbondanza: la Cdu-Csu ha preso quasi il 35% in Assia ed il 37% in Baviera, riconfermando i propri governatori di entrambi i Land. Altri partiti conservatori, come i “Liberi elettori”, un insieme di associazioni e di liste civiche di tendenza conservatrice, hanno raggiunto localmente anche il 15%, consentendo così di formare dei Governi di coalizione con la Cdu-Csu, dotati di una solida maggioranza. In vista delle prossime elezioni nazionali, inoltre, si punta a far tornare all’ovile della destra quei Liberaldemocratici che stentano assai, in compagnia di Verdi e Socialdemocratici. L’estrema destra della Afd cresce, arrivando anche a superare il 18% dei consensi in Assia, che è il risultato più alto mai raggiunto in un Land occidentale. Tuttavia, gli xenofobi e nostalgici del nazismo non fanno paura più di tanto: nessuno è disposto ad allearsi con loro e pertanto sono destinati a restare all’opposizione. A meno che non riescano a crescere talmente tanto, da impensierire la Cdu-Csu. Ma al momento, come si può ben capire, questo è uno scenario altamente improbabile. Purtroppo, in altri Paesi europei, la situazione è ben diversa: in Polonia ed Ungheria la destra nazionalista e fortemente critica di diversi aspetti del pensiero e stile di vita occidentale, è saldamente al potere. Mentre nell’Europa mediterranea, a cominciare da Spagna ed Italia, non ci sono barriere di nessun tipo tra i partiti liberali, centristi o conservatori classici da un lato, ed i partiti populisti, xenofobi e neofascisti dall’altro. Se in Spagna, come sappiamo, l’assalto al potere della coalizione tra Popolari e Vox è fallito per un soffio, non si può dire lo stesso in Italia. Purtroppo. La conseguenza, in ogni caso, è che i partiti di sinistra perdono terreno quasi ovunque e, nel giro di pochi anni, potremmo ritrovarci ad avere tutta l’Europa in mano alle destre. Certo, partiti come Vox in Spagna, FN in Francia ed AfD in Germania, sembrano destinati a restare all’opposizione. Forse si sgonfieranno anche, per lo meno un po’. Però, sicuramente influenzeranno i leader dei partiti di centro e liberali, perché li costringeranno ad essere meno generosi nel fare concessioni ad altri Paesi, meno solidali con chi è in difficoltà, meno internazionali. In una sola parola: meno europeisti. E, se anche così non fosse, più per buona sorte che per altro, come abbiamo visto basta un Governo fortemente nazionalista in un qualsiasi Paese della UE, per rallentare il processo d’integrazione. Col rischio che, se il contagio nazionalista dovesse diffondersi, si fermerebbe tutta la UE. L’elettorato moderato e più anziano, come si sa, è spaventato e disorientato; tende a chiudersi a riccio ed a votare i partiti che promettono “legge ed ordine”. Servirebbe una figura come la Merkel (o come Prodi) che li rassicuri e che li riporti sui binari di un solido e proficuo europeismo. Ma figure così sono sempre più difficili da individuare nella politica europea. A lungo andare, però, c’è il concreto rischio di diventare più divisi, più deboli e più vulnerabili: proprio in un periodo storico nel quale, invece, ci sarebbe un enorme bisogno di un’Europa che agisca da protagonista, dentro e fuori i suoi confini.

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