Intervista di Giada Fazzalari
La storia e il Dna dei due principali partiti di governo, Lega e Fdi, sono manettari. Ad un anno dal suo insediamento, l’esecutivo ha dimostrato di avere un profilo securitario, tra aumenti di pena e l’istituzione di nuovi reati. Sul tema della giustizia Meloni è andata a rimorchio di Salvini per non lasciare campo libero, pur sapendo che il ruolo che ricopre impone responsabilità. E’ la sintesi di questa intervista all’Avanti! della domenica di Marcello Sorgi, editorialista del quotidiano ‘La Stampa’ e scrittore. Sorgi da sempre segue l’evolversi della politica italiana, della quale è tra i più lucidi e acuti osservatori e commentatori. Gli abbiamo chiesto le sue impressioni sulla situazione politica attuale nel nostro Paese e sulle possibili evoluzioni, non mancando un accenno all’eredità che Craxi ha lasciato a questa sinistra. “Un’eredità importante” – dice – “della quale la sinistra deve ancora discutere”
Con il caso Apostolico è tornato l’antico refrain del rapporto complicato tra politica e magistratura. I leader delle due forze politiche di maggioranza, Salvini e Meloni, hanno reagito con tempi e modi diversi…
<<A me sembra che sia stato Salvini a muoversi per primo contro la magistrata, anche prima di accertare il tipo di partecipazione che lei aveva avuto a quella manifestazione. Giorgia Meloni, come sempre, è andata a rimorchio, perché non può accettare l’idea di apparire trattenuta o dubbiosa rispetto a una iniziativa così decisa presa da Salvini…>>
Per quale ragione, a suo avviso, Salvini si è mosso prima e in modo così radicale?
<<Non sappiamo esattamente quale sia la ragione. Ce ne possono essere tante. Una che mi viene in mente è che Salvini, in questo momento, è sotto processo a Palermo e quindi ha tutto l’interesse, in caso di condanna, a poter dire che si tratterebbe di una sentenza politica, firmata da una magistratura politicizzata. Il caso Apostolico è un po’ una premessa”.
A proposito di rapporto tra politica e magistratura: agli albori di questo esecutivo il Ministro della Giustizia Nordio aveva dichiarato di voler fare una riforma garantista e liberale. A queste dichiarazioni però sono seguiti una serie di fatti che hanno contraddetto quell’impostazione. Insomma qual è il profilo di questo Governo: garantista o dai tratti più securitari?
<<Io penso che il Governo abbia un profilo securitario. Hanno iniziato con il Decreto Rave e ogni settimana individuano un nuovo tipo di reato, che poi non è altro che una specifica di reati già esistenti, che molti giuristi considerano specificazioni inutili. Penso ad esempio all’innalzamento delle pene nel codice della strada, che servono solo a dire che il Governo ha introdotto pene e multe pesanti. S’immagina una persona qualsiasi che deve pagare migliaia di euro. Piuttosto si farà sequestrare la macchina. Se facciamo un bilancio di quello che l’Esecutivo ha fatto nel corso di quest’anno, la tendenza è stata quella di inserire nuovi reati, nuove pene, procedure più accelerate per le condanne. Il programma di Nordio non ha fatto un solo passo avanti. E gli unici provvedimenti in senso più garantista, come l’abolizione della prescrizione senza termine, erano stati fatti dal Governo precedente. Anche la riforma della separazione delle carriere è rimasta solo un enunciato. E poi, del programma di Nordio, non si riesce mai a vedere un testo per poterlo valutare. La storia, il DNA dei due maggiori partiti di Governo, FdI e Lega, sono manettari. Non vedo come questi due partiti possano mettere in pratica una politica garantista se il loro elettorato e la loro storia sono esattamente il contrario, cioè antigarantisti.>>
E il caso del filmato della magistrata che partecipa ad una manifestazione?
<<Guardando le immagini non mi sembra che il giudice Apostolico, che aveva un atteggiamento di imbarazzo, stesse partecipando convintamente a quella manifestazione contro la polizia. Potrebbe essere che invece sia andata lì perché il suo compagno stava partecipando in modo convinto e deciso, magari per tirarlo fuori dai guai. In linea di principio un magistrato non dovrebbe andare a una manifestazione del genere perché è una figura terza, quindi ha sbagliato. Detto ciò, può avere anche un pregiudizio antigovernativo perché è favorevole all’accoglienza degli immigrati, ma allora cosa diciamo del magistrato che pochi giorni fa ha liberato la libertà per altri sei immigrati? E’ evidente che questa legge è scritta male, come molte altre leggi, fatte di corsa e quindi difficilmente applicabili.>>
Tra pochi mesi si terranno le elezioni europee e sarà un tutti contro tutti. L’impressione è che Salvini e Meloni stiano giocando una partita al rialzo e che stiano facendo a gara per chi supera l’altro più a destra… è una strategia che a suo avviso l’elettorato di destra premierà?
<<Non so di che sondaggi dispongano Salvini e Meloni. Quelli di cui disponiamo noi giornalisti rivelano che l’atteggiamento di destra-destra di Salvini lo sta premiando. Tanto è vero che è passato nei sondaggi dall’8% al 10%. Il problema di Giorgia Meloni è un altro: è il Presidente il Consiglio e in questo anno ha più volte mostrato di essere consapevole dei doveri che il ruolo impone. Un esempio: il Presidente del Consiglio di un Paese come l’Italia, fondatore dell’Unione, non può essere contro l’Europa e non può inseguire partiti come l’Afd o il partito di Marine Le Pen, cose che invece fa Salvini. Allo stesso tempo, però, Giorgia Meloni ha mostrato altrettanti ripensamenti: ad esempio ha dato solidarietà a Vox, il partito di estrema destra spagnola, che ha sostenuto anche in campagna elettorale. Meloni è come si diceva una volta dei comunisti: a metà del guado. Da un lato è consapevole che il Presidente del Consiglio di un Paese come l’Italia e leader di un partito che si autodefinisce conservatore, non può essere un partito estremista, piazzaiolo, che fa solo propaganda. Ma ha delle responsabilità e si deve mostrare all’altezza di quella responsabilità. Nel giorno in cui Salvini ha invitato a Pontida la Le Pen, lei ha invitato a Lampedusa la Von der Leyen, come dire, insomma, il giorno e la notte. Chi osserva questa metamorfosi di Meloni vorrebbe sapere se è una strada senza ritorno oppure appena Salvini sale di un altro punto nei sondaggi lei torna a fare l’alleata di Vox e diventa di nuovo antieuropea o fa una campagna elettorale euroscettica come quella di cinque anni fa.>
Passiamo all’altro campo, quello dell’opposizione. Il maggiore partito della sinistra, il Pd, avrebbe recuperato consensi, secondo un recente sondaggio, ma ‘coprendosi’ a sinistra. In questo modo non si rischia di tenere ai margini l’anima più riformista?
<<Il Pd è un partito che è stato al governo per molti anni e quindi non può abbandonare i ‘doveri’ del governo. L’ultimo esempio sono le dichiarazioni di Guerini, che è stato Ministro della Difesa, che giorni fa ha dichiarato che bisogna essere al fianco di Israele senza nessun tipo di ripensamenti o ambiguità. La leadership di Elly Schlein tende a sinistra: lei pensa che la crisi elettorale del Pd dipenda dal fatto che in passato ha avuto posizioni troppo moderate, si sia allontanato dai movimenti per sostenere le riforme e che questo abbia contribuito a fargli perdere le elezioni. Adesso che guida il Pd Schlein dovrà tener conto delle posizioni di tutti: la sua è una leadership in evoluzione. Certo, Elly Schlein ha un obiettivo che è quello di non ritrovarsi alle prossime elezioni politiche senza alleati e cioè di non riuscire a ricostruire quel cosiddetto campo largo che consentì la formazione del Governo giallorosso.>>
E la coalizione di centrosinistra, attualmente, in quali condizioni fa opposizione comune?
<<Non esiste oggi il campo largo e cioè una sinistra ampia, plurale, che abbia in pancia tutte le anime della sinistra. La tanto agognata unità della sinistra di cui tutti parlano non è realizzata. Ma il punto è: il Pd la vuole fare o no questa coalizione larga? E con quali prospettive? Se noi intendiamo che la sinistra deve essere tutto ciò che si oppone alla destra e quindi plurale, ecco, al momento quella sinistra non esiste. Esiste invece quella che si è presentata alle elezioni, che vale più o meno il 20%. Per avere, la sinistra, ambizioni di governo deve arrivare a valere il 42 – 43%, più o meno quanto pesa la destra oggi. E l’unico modo per far sì che questa sinistra abbia quelle dimensioni è riuscire ad agganciare e a considerare di sinistra il M5S.>>
E il M5S può considerarsi un movimento di sinistra?
<<Da tempo ha abbandonato la natura di essere un movimento a due facce, che guarda sia a destra che a sinistra, collocandosi nel campo della sinistra. Però di tanto in tanto ci ripensa, per esempio votando con il governo sulla Rai, o sugli immigrati, sulla giustizia, con un atteggiamento più securitario di Fdi. Il M5S ha una cultura politica molto basilare e un’esperienza politica ancora piuttosto limitata. Soprattutto ha segato la sua classe dirigente grazie alla regola del doppio mandato. Se questo M5S alla fine deciderà di presentarsi con la sinistra, allora ci vorrà un chiarimento politico, una base programmatica fatta di alcuni punti su cui si deve essere d’accordo. Se invece deciderà di presentarsi per conto proprio, la sinistra non ha nessuna prospettiva di tornare al governo. In Italia la sinistra è composta da tanti pezzi che hanno identità diverse ma che preferiscono non affrontare un chiarimento interno. E questo è un limite.>>
Lei ha scritto un libro sugli ultimi giorni di Craxi. Che eredità lascia alla sinistra?
<<Ha lasciato una grande eredità che è quella del riformismo. E innanzitutto un’elaborazione programmatica – come la conferenza di Rimini – che andava dalle riforme istituzionali, alle riforme economico sociali. Un’eredità importante della quale la sinistra dovrebbe ancora discutere. Parte di quella sinistra ha dovuto riconoscere che era giusta – e mi riferisco alla sinistra di governo – penso all’atlantismo, ai rapporti con la Nato. Cose che la sinistra comunista, quella che è finita nel 1989, ha dovuto digerire tutte, una dopo l’altra. E stiamo parlando di storia, che non è l’attualità dei problemi che la sinistra ha davanti in questo momento. Tranne uno: la giustizia. Craxi aveva sostenuto con coraggio il ‘cambiamento’ dei rapporti tra la giustizia e la politica. Ma lo sosteneva prima di Tangentopoli. Su questo la sinistra italiana, a cominciare dal Pd, si è barcamenata.>>