di Daniele Unfer
Un centro di dibattito politico e laboratorio di idee. La festa del nostro giornale, che si è svolta a Bologna negli scorsi giorni, quest’anno è stata dedicata a Giacomo Matteotti, di cui ricorre il centenario dell’assassinio per mano fascista, e ad Ugo Intini, “il” direttore dell’Avanti! scomparso recentemente. L’idea lanciata dai socialisti per un centrosinistra forte che si appresta a sfide elettorali importanti – le regionali in Emilia-Romagna, Liguria e Umbria – è quella che si debba giocare dalla stessa parte del campo. Fu uno sbaglio strategico quando si costrinse Enrico Letta a sceglierne una ed escludere l’altra. E infatti puntuale è arrivata la sconfitta. Il centrosinistra nel 2022 ne uscì con le ossa rotte per la mancanza di capacità di fare alleanze. Si presentò diviso. Questo il centro del ragionamento politico di Enzo Maraio e quindi il suo appello all’unità. I socialisti da subito alimenteranno questo dibattito, promuovendo dalle prossime elezioni regionali, liste riformiste per un centro- sinistra competitivo. Però non basta la buona volontà dei socialisti, serve una risposta politica di tutte le forze di opposizione: “Una sinistra che si apre e non si chiude, innovatrice moderna, che dialoga e discute anche da posizioni diverse ma che poi trova una sintesi” le parole di Maraio. Non sappiamo se sarà cambiata la legge elettorale ne tanto meno quale sarà. Quel che è certo è la necessità di presentarsi uniti per poter puntare alla vittoria. Un messaggio ribadito dalla tre giorni socialista e su cui il segretario del Psi ha puntato energicamente. Un messaggio che è risuonato in molti interventi sui diversi tavoli di discussione. Dal lavoro, alla sanità, alla politica estera, alla scuola. Insomma un messaggio che si è dipanato in tutti gli argomenti che sono stati trattati, con la convinzione che per incidere nella politica del Paese sia essenziale trovare la forza ed i numeri necessari. Altrimenti il rischio è quello di consegnare il Paese ad una destra regressiva. Un messaggio rivolto in particolare ad Elly Schlein ma anche a tutti i leader del centrosinistra. Non a caso, nei diversi incontri-dibattiti che si sono via via susseguiti, sono stati presenti esponenti di tutti i partiti del cosiddetto campo largo. E non sono mancate le frecciatine ai compagni di strada: per Maraio “bisogna andare oltre al patto della birra uscito dalla festa di Alleanza Verdi e Sinistra – tra Schlein, Conte, Bonelli, Fratoianni e Magi – che limita la coalizione ad una parte politica”. Per vincere bisogna partite dalla foto della Cassazione. Quella che ha visto l’intera coalizione insieme unita e coesa su un tema centrale. Quello dei referendum contro le leggi sbagliate del governo di destra. Questo è il punto centrale del ragionamento “bisogna allargare, senza veti, a tutti i partner che ci stanno, facendo prevalere i temi, i programmi e l’innovazione rispetto alle preclusioni di ogni sorta sulle singole persone. Noi lavoriamo per tenere insieme l’area riformista”. Insomma il tempo c’è per costruire un programma e attorno a questo una coalizione che non sia solo somma ma anche contenuto politico. Partendo dai contenuti e non dai nomi. Gli egoismi dei singoli, è il senso complessivo, non devono prevalere sulle finalità con il rischio di regalare la vittoria alla destra. Una posizione ribadita nell’evento clou della Festa, dal Presidente Pd Stefano Bonaccini, in un confronto con Maraio, dal titolo “Costruire l’alternativa”, insieme al direttore di questo giornale, Giada Fazzalari, che ha coordinato l’iniziativa. Bonaccini torna a più riprese, insieme al segretario socialista, sull’idea di coalizione: “Se vogliamo che Meloni governi per i prossimi venti anni basta fare quello che abbiamo fatto le passate elezioni”. Il punto è che la destra va sconfitta “ma non si può giocare da soli altrimenti si diventa il loro miglior alleato”. Senza perdere il contatto con la realtà: “Se vai al bar a parlare con qualsiasi persona – ha detto il presidente Pd – non gliene frega niente dei nomi e delle alleanze. Le persone vogliono sapere che idea abbiamo del Paese e se è a rischio la sanità universale e gratuita. Non è possibile che si decide chi curare in base al conto corrente”. Ed è proprio da qui che si dovrebbe ripartire.