Lombardi, le riforme di struttura, il vuoto

di Nautilus

Quarant’anni fa, a conclusione di una vita sempre in prima linea e sempre controcorrente, scompariva Riccardo Lombardi, figura addirittura mitica per generazioni di socialisti e rispettato anche da chi non lo condivideva. Picchiato in gioventù dai fascisti che gli sfondarono un polmone, Prefetto della Milano della Liberazione, animatore della breve stagione autonomista del Psi nel ‘48-‘49 dopo il Fronte popolare, Riccardo Lombardi era stato assieme a Nenni il principale fautore del centro-sinistra, inteso come incubatore di riforme di struttura. Lombardi fu deluso dalla risposta democristiana, si ritirò sull’Aventino ma a distanza di decenni il consuntivo di quella stagione ci racconta di un Paese più civile, più libero, più giusto, per effetto di riforme incisive come la nazionalizzazione dell’energia elettrica, quella della scuola media, lo Statuto dei lavoratori, che cambiò la vita per generazioni di lavoratori; nel 1963 una legge finalmente sancì che “la donna può accedere a tutte le cariche e professioni e incarichi pubblici, compresa la Magistratura”; nel 1968 fu approvata la legge Mariotti che trasformava gli ospedali in enti pubblici, aprendoli a tutti quelli che avessero bisogno di cure urgenti. Nel 1969 venne approvata una riforma previdenziale che garantì finalmente la possibilità di vivere con la pensione a milioni e milioni di lavoratori. Il socialista Giacomo Mancini fece approvare la cosiddetta legge-quadro che secondo un urbanista rigoroso come Vezio De Lucia, “ha segnato la storia”. Tutto questo fu possibile perché personaggi carismatici come Lombardi alzarono l’asticella, rivendicando riforme di struttura, creando un’aspettativa e una cultura diffusa dalle quali poi diventa difficile prescindere anche da parte di chi osteggia o resiste. La destra al governo finora ha mostrato di non avere cultura riformista, ma questo non rappresenta una grande sorpresa. Da anni una cultura delle riforme, ben pensate e ben fatte, latita anche a sinistra. Quel che conta è stare sul “tamburo”, rispondere con una battuta alla battuta della destra. Da questo punto di vista e non solo, Riccardo Lombardi non ha fatto scuola.

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