di Irene Calabrò
In questo mondo che cambia rapidamente, dove sembrano mutare ad ogni battito di ciglia le priorità per lo sviluppo e la crescita, c’è ancora bisogno di socialismo?
Essere socialista oggi vuol dire, paradossalmente, essere sempre dalla stessa parte: dalla parte dei diritti, della giustizia sociale, della lotta ad ogni forma di autoritarismo, della tutela dei beni comuni a dispetto di ogni spinta privatistica del profitto sopra gli interessi collettivi. Certamente questa visione valoriale va declinata al presente, in una società di mercato che è diventata profondamente “liquida”, come direbbe Bauman, e che maschera in modo subdolo e raffinato le sue forme di sfruttamento, di manipolazione e di utilizzo di ogni cosa (inclusa la persona) quale strumento di produzione di economie; quindi di capitale. Gli equilibri ed i rapporti di forza sono sostanzialmente gli stessi di fine ‘800 o inizio ‘900 ma con la grande illusione che tutti abbiano più spazio democratico e diritto di autodeterminazione; nei fatti l’economia e le sue dinamiche comandano, ancora, quasi ogni processo sociale. Essere socialisti oggi rimane, di fatto, una necessità. Un modello di sviluppo eco-socialista è l’unica prospettiva di reale salvezza per il pianeta.
C’è una battaglia politica nella quale ritieni che il Partito dovrebbe spendersi più che in altre?
La madre di tutte le battaglie per cui spendersi oggi è la messa al bando di un’autonomia differenziata che dividerà l’Italia e segnerà distanze irrecuperabili in campo di diritti, servizi essenziali e prestazioni basilari. Non possono esistere in Italia venti sistemi sanitari, programmazioni scolastiche, welfare e trasporti. Le Regioni del Mezzogiorno, fortemente segnate dal rincorrere la normalità amministrativa e gestionale, a causa di condizioni socio- economiche endemiche, non potranno garantire i medesimi diritti ai propri abitanti. E ciò non per incapacità politico-amministrativa ma semplicemente per l assenza di condizioni base di partenza. Ripristiniamo e parifichiamo, prima, i servizi e le prestazioni essenziali e poi si dia autonomia. Siano garantiti e finanziati gli stessi diritti ad un cittadino, un ammalato, uno studente, a Reggio Calabria come ad Aosta.
Il tuo impegno nel risanamento finanziario del bilancio dell’Ente dove ricopri il tuo incarico, quali difficoltà incontra?
Le maggiori difficoltà che ho incontrato nell’approcciarmi ad una settore molto tecnico ma estremamente incidente sui bisogni primari della comunità sono state quelle derivanti dalla distanza siderale tra i bisogni dei Comuni rispetto alla visione accentrata del legislatore e dell’esecutivo. Le volte che ci hanno ascoltato i comuni, tutti, hanno avuto la possibilità di riaccendere la fiducia nelle istituzioni e nella politica. Reggio Calabria, che per anni ha sofferto crisi e tensioni finanziarie, ha dato prova di rappresentare un modello virtuoso di amministrazione locale del riscatto della normalità. Un modello da prendere ad esempio.