di Nautilus
Sembra una storia minore. Ma il rinvio sine die del congresso dei Fratelli d’Italia, forse si farà nell’autunno del 2024, racconta assai bene la realtà materiale dei partiti e della democrazia nella Seconda Repubblica. I partiti sono diventati giocattoli nelle mani di leader eletti per mandati che poi si dilatano a piacere. Uno scempio della democrazia. I Fratelli d’Italia, per statuto dovrebbero tenere un Congresso ogni tre anni: l’ultimo si era svolto nel 2017 ed aveva confermato alla guida Giorgia Meloni, di gran lunga la personalità di maggior peso politico nel partito dei post-fascisti. Un altro congresso si sarebbe dovuto tenere nel 2020 e non se ne fece nulla. Qualcuno ha provato a riproporlo qualche settimana fa ma Arianna Meloni, la sorella della premier assurta a “Commissaria” del partito, si è prodotta in una affermazione a dir poco sbalorditiva: “Non si è capito a che servirebbe oggi un congresso: c’è una leader indiscussa, la linea politica è condivisa, lo spazio per lavorare c’è in tantissimi ruoli e organismi”. Non soltanto una concezione proprietaria del partito ma anche una disinvoltura senza pari nel proclamare un concetto così hard: se si “percepisce” un consenso per il leader, i congressi non si fanno. Meraviglioso. Giorgia Meloni ha capito che lo strappo era troppo forte e ha promesso un congresso dopo le Europee, perché prima sarebbe controproducente. Certo, la premier immagina un congresso non come confronto di idee ma solo come un misurino per le correnti, ma la sostanza non cambia: il congresso dei Fratelli d’Italia si celebrerà sette anni dopo quello che lo ha preceduto. Sette anni, anziché tre. Come dire: delle regole che mi sono dato, me ne infischio. Ma è una questione di rispetto, anzitutto formale delle regole. E in democrazia la forma è sostanza. Oltretutto Giorgia Meloni viene da un partito, l’Msi, che aveva un culto della democrazia interna: congressi vivacissimi, anche troppo, ma congressi che consentirono a quel partito di vivere e rinnovarsi. Presto capiremo se il rigurgito autocratico, in qualche modo reazionario, di Meloni avrà portato bene al suo partito e all’Italia che è momentaneamente sotto le sue cure.