di Andrea Follini
L’occasione è stato l’ultimo Consiglio dei Ministri prima della lunga pausa estiva dell’attività di Governo, quando è stato deciso di eliminare il tetto sui compensi previsti per amministratori e pubblici dipendenti impegnati nella progettazione ed esecuzione dell’opera, in linea con quanto già deciso per altri interventi di particolare complessità ed urgenza, come per il Giubileo o per ANAS 2.0, la digitalizzazione delle strade statali. Il Ponte sullo Stretto di Messina è tornato quindi a far parlare di sé, con la conseguente sequela di favorevoli e contrari che da sempre ne hanno caratterizzato la storia. Ne parlammo sulle pagine di questo giornale in occasione dell’approvazione della legge di conversione a fine maggio, che restituì piena operatività alla società Stretto di Messina spa, portando allora due autorevoli punti di vista, quello del relatore del “Decreto Ponte”, l’onorevole Domenico Furgiuele della Lega e quello dell’onorevole Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde. Ora il Governo ha tolto il tetto ai compensi, motivando la scelta con la necessità di reperire super esperti, massimamente competenti, reclutandoli anche da altre aziende come ad esempio Anas o Rete Ferroviaria Italiana, dove il limite economico per tali dipendenti non esiste. E, con lo stesso provvedimento adottato, prevedendo un aumento di capitale della società, da attuarsi entro la fine dell’anno. Con la partecipazione del Ministro Salvini, si è riunita il 6 giugno scorso l’assemblea dei soci che ha nominato il nuovo Consiglio di Amministrazione ed il nuovo Statuto societario. La società che esce dalla liquidazione voluta all’epoca dal Governo Monti (uno degli ultimi atti di quel Governo, prima del passaggio della campanella ad Enrico Letta), sarà completamente nuova, in house, con la conferma dei precedenti azionisti a cui si aggiungono, con una quota non inferiore al 51%, direttamente i ministeri delle Infrastrutture e quello dell’Economia e delle Finanze. Una gestione quindi direttamente in mano al Governo e, vista la provenienza politica dei due relativi ministri, a completa trazione Lega. Non appare un caso che la composizione azionaria sia stata voluta e costruita in questo modo: per la Lega e, certo, anche per Salvini, intestarsi con pienezza un’operazione così complessa, così attesa dalle popolazioni si Sicilia e Calabria in primo luogo, ma certamente un’opera strategica per il meridione e per il Paese, non è cosa secondaria. Specie dopo che la “nuova Lega”, da partito curatore degli interessi del nord Italia, è stato trasformato in un partito ad orizzonte nazionale, salvo però perdere molto dell’appeal iniziale, specie al sud, ma anche nelle roccaforti del nord, dove il Carroccio sta perdendo consensi e, copiosamente, anche iscritti. Con una migrazione verso Fratelli d’Italia, che rafforza le sue pattuglie di amministratori e di politici ad ogni livello, rinsaldando le sue posizioni. Ora il ponte per Salvini diventa una questione cruciale; dev’essere la dimostrazione plastica dell’efficientismo della Lega, trasposta su di un’opera pensata dai più, storicamente, come irrealizzabile. Per raggiungere questo obiettivo appare chiara ora la necessità del Ministro di ridare piena operatività alla Società, di cambiarne completamente gli amministratori e di smussare ogni limite, anche normativa, che possa mettersi di traverso ad un celere avvio dei lavori. Salvini, come abbiamo visto, sa di giocarsi il tutto per tutto con quest’opera. Non è un caso che ne segua direttamente ogni passaggio, presenziando nei momenti clou, come si è visto anche nell’ultimo Consiglio dei Ministri. Il Consiglio di Amministrazione, nella nuova versione aziendale, è stato pertanto nominato ex novo, ed è composto dal Presidente Giuseppe Recchi, dall’Amministratore Delegato Pietro Ciucci e dai consiglieri Eleonora Maria Mariani, Angella Loredana Nicotra e Giacomo Francesco Saccomanno. “Un misto di esperienza, novità e competenza”, lo ha definito Salvini. Non sarà sfuggito ai più che per diversi di questi amministratori, le esperienze pregresse sono maturate in Enti ed Aziende dai risultati non brillantissimi. Ma tant’è. Il nuovo consiglio si è già riunito lo scorso 27 giugno, anche stavolta alla presenza del ministro Salvini, deliberando l’assetto dei poteri. Al Presidente spetteranno i rapporti con le Autorità, gli enti e gli organismi istituzionali; all’amministratore delegato la gestione ordinaria e straordinaria della Società. Nell’occasione Ciucci ha anche illustrato lo stato di avanzamento delle attività già avviate ed il cronoprogramma per le azioni future, ribadendo l’obiettivo dell’approvazione del progetto esecutivo per luglio 2024. Tutto tace invece sul fronte dei rapporti con i territori, sul coinvolgimento delle popolazioni interessate da un’opera così impattante, sulla condivisione delle scelte progettuali. Così come sui due esposti avanzati alla Commissione Europea per il mancato rispetto delle norme sulla concorrenza (in relazione all’affidamento dell’appalto) e delle norme ambientali (in relazione all’utilizzo della vecchia Valutazione di Impatto Ambientale, prodotta per il precedente progetto). Nonostante l’ottimismo del Governo, dirimente sarà trovare le necessarie risorse. Dei 13,7 miliardi di euro che servono, non vi è ancora traccia. I fondi necessari dovranno essere reperiti a partire dalla finanziaria del 2024, di cui si comincerà a discutere in autunno, quando il Governo dovrà occuparsi anche delle tante questioni che nel tempo ha rimandato: un traffico di provvedimenti che si preannuncia congestionato.