di Giada Fazzalari
Ugo Intini, con il suo rigore morale ed intellettuale, é stato innanzitutto uomo di partito. Un militante autentico e ostinato. Un punto di riferimento naturale per noi socialisti. Con Nenni, il più grande giornalista socialista del secolo scorso. Una vita all’Avanti! – per un trentennio incalzato dai tempi della tipografia – e il legame indissolubile, con il nostro giornale, inossidabile fino all’ultimo. Il modo che Ugo aveva di intendere la politica era totalizzante, ne divorava con avidità costante ogni anfratto. La passione politica sopra ogni cosa, insomma. Schivo, timido, irreprensibile nel difendere quell’idea che è stata la cifra della sua vita sin da ragazzo, quella del socialismo autonomista. Esprimeva le sue emozioni con misura, Ugo. Puntiglioso, severo, la postura tutta d’un pezzo non celava l’ironia fine; ostentava una certa calma, nessuno gli aveva davvero mai sentito alzare la voce. Straordinariamente efficace nel sostenere il suo proverbiale sentimento anticomunista, rifiutava l’idea di un Pci che aveva egemonizzato la sinistra prima e dopo Tangentopoli. Mentre il crollo della prima Repubblica era quasi compiuto, Intini fotografava in modo monumentale quella stagione tormentata sull’Avanti! Il crollo della prima Repubblica è quasi compiuto e “Golpismo Strisciante” è il secondo di tre lunghi articoli di fondo. Il primo dell’aprile ’92: “Fukuyama in salsa italiana” e il terzo del gennaio ’93, “Un ’68 alla rovescia”, che costituiscono un manifesto socialista aperto alla intera sinistra. Lì Intini sostenne, con la sua penna lucida e appuntita, che nel nostro Paese si stava arrivando a un golpe strisciante promosso da forze eversive molto diverse tra loro ma convergenti, rispetto al sistema democratico. La composizione del fronte rivoluzionario descritto è eterogeneo: dal populismo localista, al comunismo, all’iperliberismo. Ugo respingeva con tutte le sue forze l’antisocialismo che aveva caratterizzato l’alba di quello che aveva definito il “trentennio perduto”: senza i socialisti, senza i partiti, senza la politica, persino senza democrazia. Un trentennio che ha dato i natali al ‘populismo straccione’, all’improvvisazione, che ha svilito il dibattito pubblico, animato da classi dirigenti mediocri e impoverito dall’assenza dell’elaborazione politica. Ugo era tenace, coerente, leale, coraggioso, riservato, credibile. Ha rappresentato uno dei legami più autentici alla secolare storia del Partito Socialista. E ha lasciato una traccia nella politica, nel giornalismo, umana. Non abbandonò mai la barca: mentre tutti approdavano altrove, lui restò leale al Psi, non facendo mai mancare il suo contributo e il suo rassicurante supporto, fino all’ultimo. E restò, con perseveranza e una punta di genuina resistenza, ancorato all’idea che più ha amato profondamente: il socialismo italiano.