di Alessandro Silvestri
A volte sembrano barzellette. Chi non ha mai sentito questo caustico detto popolare prestato anche alla politica in genere, e italiana in particolare? Certo, c’è una certa qual vena populista in questa proposizione, ma d’altra parte il potere in teoria sarebbe proprio del popolo, che non potendo però esercitarlo direttamente (sarebbe un marasma) è costretto a delegarlo, e non sempre questo meccanismo funziona bene, soprattutto quando a scegliere in realtà sono i capi-partito, ma almeno gli siano concessi i motti di sarcasmo e gli sberleffi, e che diamine! E d’altra parte chi l’avrebbe detto, soltanto due anni fa, al momento dell’insediamento di Giorgia Meloni, venuta oltretutto dalla gavetta delle sezioni missine romane, che in capo a due soli anni, avrebbe guidato il Paese più stabile tra i big europei? Nessun bookmaker nemmeno sotto oppiacei, avrebbe potuto pensare ad una scommessa del genere. E invece si è realizzata. Certo, una stabilità granitica discesa indirettamente dalla attuale legge elettorale voluta a suo tempo da Matteo Renzi (e firmata da Rosato) che l’aveva pensata per sé, ma che dieci anni dopo ha prodotto l’ascesa del primo capo del Governo donna e del primo Presidente del Consiglio con le radici ideologiche che ben conosciamo, quelle del suo partito in transumanza perenne dal post-fascismo, senza per adesso arrivare a una qualche destinazione chiaramente democratica e anti totalitaria. Ma potrebbero mancare (altra scommessa inizialmente impensabile) soltanto pochi anni, o addirittura mesi, per giungere al confortevole ed ecumenico abbraccio con il Partito Popolare Europeo, sponsorizzato da tempo dal suo leader, Manfred Weber. Ovviamente, una stabilità politica dovrebbe servire ad ottenere risultati importanti, ma questo è un altro paio di maniche. Per adesso siamo ampiamente sotto la sufficienza. La “corte” di Re Giorgia I, è d’altronde quella che è. Oltretutto, con lentezza burocratica e silenziatore soliti, è giunto in porto alla Corte di Strasburgo, il ricorso contro il “Rosatellum”, presentato dal compagno radicale Mario Staderini, che è stata inviata al “Consiglio di Venezia” massima autorità internazionale in materia di leggi elettorali, che fornirà tutti gli estremi giuridici alla Corte per decidere definitivamente. Questioni probabilmente poco attraenti per il circus mediatico, che ci ha mostrato invece una Meloni in splendida forma a Parigi in occasione della riapertura della cattedrale di Notre Dame, che rispetto al dilemma morettiano, ha scelto da tempo che la si nota di più “se va”, e così al momento dell’ammazzacaffé, zacchete, eccola che spiega a Donald Trump la differenza tra Gricia, Cacio e Pepe e Carbonara, con la benedizione di Elon Musk che pare abbia suggerito l’abbinamento dei vini. Riuscendo alla fine a strappare l’invito per l’insediamento del prossimo presidente americano il 20 gennaio, con collaterale travaso di bile del suo vice presidente (ma-anchista e amico di tutti i Sith della Galassia) del Consiglio. Problemi seri invece per Macron alle prese con la crisi del suo governo, dove probabilmente toccherà ai socialisti puntellare il presidente a fino alla fine del mandato. Il PS può garantire 59 deputati e 65 senatori e il segretario Olivier Faure, ha dichiarato che se Macron rispetterà le tradizioni democratiche, affidando il Governo ad un leader della sinistra francese, sarà pronto a sostenerlo, in un patto politico repubblicano a termine. Anno cruciale il 2025 anche per la Germania, dove si voterà nuovamente entro febbraio e il prossimo governo potrebbe entrare in funzione non prima dell’estate. Quindi sarà lunga e tormentata la reggenza di Olaf Scholz che il 16 dicembre si presenterà formalmente dimissionario al Bundestag, chiedendo al presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, la convocazione di nuove elezioni. Situazione ideale per la destra estrema tedesca, che continuerà prevedibilmente a crescere an cora. Tra i cinque grandi Paesi europei, per adesso reggono la Spagna di Sànchez al suo terzo governo in sei anni, e la Polonia di Tusk che ha già dovuto effettuare un rimpasto dell’esecutivo (entrambi i governi si reggono su di una maggioranza alquanto risicata) mentre sono proprio le due locomotive europee, Francia e Germania ad essere in una crisi preoccupante che non è soltanto politica, ma anche di natura economica e sociale, proprio nel momento in cui anche la maggioranza della Ue risulta più debole del quinquennio precedente ed è dovuta ricorrere al sostegno della Meloni, ancora lei, ebbene sì. Una sorta di Cenerentola divenuta inaspettatamente re, che sta godendo di una congiuntura “astrale” assai favorevole. Ne approfitti per fare le riforme vere e necessarie di cui il Paese ha bisogno, e metta le paillettes della propaganda nel baule dei sogni dalle quali sono uscite, che sono state certo utili per portarla a Palazzo Chigi, ma non è detto funzionino lungo e sempre.