C’è un Israele che si ribella

di Giada Fazzalari

Migliaia di cittadini in piazza, un solo grido: “elezioni subito”. C’è un Israele che si ribella, fatta di decine di migliaia di persone che hanno affollato negli scorsi giorni le più importanti città, da Gerusalemme a Tel Aviv, nella più grande e imponente protesta antigovernativa dal 7 ottobre in poi. Chiedono al loro presidente, Bibi Netanyahu, di dimettersi, provando ad esercitare una pressione pubblica che possa metterlo in difficoltà nel confronto con il resto del mondo. Gli contestano di non aver saputo riportare a casa gli ostaggi, una pessima gestione della guerra e di lavorare nel solo suo interesse privato. Sono proteste aggressive, dall’alto potenziale simbolico e la distesa di tende davanti alla Knesset dà il senso profondo dell’assedio. Intanto si contano quasi 33 mila morti a Gaza e la carneficina fa vacillare anche le granitiche convinzioni di chi ha a cuore le sorti e l’autonomia di un grande Paese come Israele. E fa vacillare persino chi ancora incredibilmente  ritiene che la ferocia di Netanyahu sia frutto di un’azione difensiva piuttosto che quello che realmente è: una punizione collettiva, vendicativa, nei confronti di civili palestinesi. L’esercito israeliano ha posto fine all’occupazione dell’ospedale di Al Shifa, uno dei pochi operativi nella striscia di Gaza, dandolo alle fiamme dopo che ha fatto sapere di aver ucciso centinaia di miliziani (e quanti civili?). Lì avrebbero perso la vita dei giornalisti che erano nelle vicinanze. Sette operatori umanitari, che stavano consegnando casse alimentari a palestinesi ridotti alla fame, sono stati uccisi. Nel frattempo la Knesset ha approvato la cosiddetta legge anti Al Jazeera che consente alle autorità di sospendere l’emittente per un tempo stabilito. Le protese che si sono sollevate tra le strade di Israele sono un segnale al mondo, una clava contro il primo ministro più longevo della storia dello Stato ebraico. Governa quasi ininterrottamente dal 2009 e ha fondato tutta la sua carriera sul no ad un accordo con i palestinesi. E che ha cambiato per sempre il volto di Israele.

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