di Alessandro Silvestri
Nei momenti critici le maggioranze silenziose sanno come scegliere e lo dimostrano le elezioni politiche in Polonia. Anche l’alta affluenza alle urne (73%, il dato più alto di sempre dalla fine del blocco sovietico) è un indicatore. Le destre e il populismo becero che le caratterizza, una volta messe alla prova, dimostrano tutti i loro limiti non soltanto sul piano interno ma anche nel contesto internazionale, dove il populismo nazionalista è destinato a sbattere. Le due grandi crisi che hanno toccato il mondo occidentale nel dopo Covid, quella russo-ucraina dove ancora non si intravede la volontà di cessare le ostilità da parte degli aggressori e quella in Israele, dimostrano quanto i processi di pace e convivenza siano così fragili quando i popoli si fanno irretire dal fanatismo politico e/o religioso. E così, i nostri concittadini europei della Polonia, scossi anche dagli avvenimenti drammatici sul proprio confine orientale, hanno deciso di rafforzare l’appartenenza del proprio Paese al campo dell’Unione e di converso, a quello ancor più largo della NATO. Mettendo fine, con un segno di libertà, di pace e di speranza, che è quello dove ognuno di noi si può rifugiare e sul quale può fare affidamento, che è quello del voto, agli otto anni precedenti del governo di Mateusz Morawiecki, caratterizzati dall’antieuropeismo, dalla xenofobia, dall’egoismo e dalle facili scorciatoie. Secondo il protocollo il Presidente della Repubblica, Andrzej Duda, dopo l’incarico formale all’attuale premier, passerà il compito di formare il nuovo governo al vincitore di queste elezioni, il liberale moderato Donald Tusk, già Primo Ministro della Polonia, oltre che ex Presidente del Consiglio europeo e del PPE, con il quale il suo partito Platforma Obywatelska è federato. Con il 29% di PO più i seggi conquistati dai suoi alleati (Terza Via al 14% e i socialisti di Lewica all’ 8%) il politico di lungo corso di origini gedanesi che mosse i primi passi nella organizzazione universitaria di Solidarność, conta su di una solida maggioranza sia alla Camera che al Senato. Una buona notizia dunque, per il fronte progressista della UE, che tra pochi mesi sarà chiamato a dare una prova altrettanto netta contro il rigurgito nazionalista dei populismi antieuropei che non disdegnano in molti casi di strizzare l’occhio a Putin e Trump. Ma anche per le colombe del PPE, che stanno combattendo con l’ala più conservatrice del partito, favorevole ad un eventuale spostamento a destra dell’Europarlamento, alla tornata elettorale di giugno 2024. Un’altra pessima notizia invece per la Presidente dell’ECR, Partito dei conservatori e dei riformisti (sic), Giorgia Meloni, che dopo la debacle di VOX in Spagna, incassa ora l’arretramento di circa 8 punti del PiS (Prawo i Sprawiedliwość, Diritto e Giustizia) che è anche la compagine più robusta del suo gruppo al Parlamento Europeo, con 24 deputati su 51.