2024, l’anno delle scelte

di Giada Fazzalari

È stato definito dall’Economist il “biggest election year in history”, il più grande anno elettorale della storia. Il mondo, dunque, si appresta nel 2024 a intraprendere una enorme marcia verso il voto. Tra elezioni nazionali, comunitarie e locali, 76 Paesi andranno alle urne, il 51% della popolazione mondiale. I continenti più coinvolti numericamente saranno l’Europa e l’Africa. Alle urne otto dei dieci Paesi più popolosi al mondo, tra cui Bangladesh, India, Indonesia, Messico, Pakistan. Sbagliato farne un calcolo quantitativo, perché alcune elezioni sono considerate cruciali: i potenziali cambiamenti di governo potrebbero spostare in modo decisivo l’equilibrio geopolitico mondiale. Le elezioni metteranno alla prova le democrazie globali, strette come sono tra un arretramento democratico che potrebbe incrinare le conquiste sociali e civili del secolo scorso e la crescita esponenziale dei regimi autoritari. Saranno decisive le elezioni in Usa, Russia, Europa, ma non vanno sottovalutate quelle nel Regno Unito, in Iran, Bielorussia. Negli Stati Uniti, una vittoria repubblicana, con lo spettro del ritorno di Trump, potrebbe mutare la posizione sull’invio di armi in Ucraina, oltre che significare un tentativo di destabilizzazione dell’Europa per rafforzare la posizione di supremazia della leadership mondiale. In Europa si prevede l’exploit dei gruppi di estrema destra euroscettici, che potrebbero colorare di nero il vecchio continente, con le conseguenze nefaste che questo comporterebbe. Putin, con i media indipendenti messi all’angolo e la democrazia che non esiste, ha la strada spianata per un nuovo mandato e questo potrebbe influire, tra le altre cose, sulla guerra in Medio Oriente rafforzando il pericoloso asse con la Cina e l’Iran. Ma attenzione, la coincidenza astrale che vedrà mezzo mondo alle urne non si traduce in un trionfo della democrazia, anzi. Il Democracy Index ha rilevato che solo in 43 Paesi le elezioni saranno pienamente libere. L’interazione tra vari fattori che coesistono – le tensioni geopolitiche, quadro macroeconomico instabile, l’aumento delle diseguaglianze, l’indebolimento delle istituzioni – rischiano di uccidere la democrazia. Che proprio nel momento di più grande fragilità come adesso, va riprogettata, rafforzata, attraverso uno sforzo di continuo consolidamento e di legittimità. Il 2024 può essere il tempo giusto perché le forze politiche democratiche internazionali lavorino perché questo accada. Del resto, si avverte la mancanza di qualcosa di vitale quando inizia davvero a venire meno.

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