Una manovra debole che si regge sul debito

di Andrea Follini

C’è un po’ di attenzione per le pensioni. C’è un po’ di attenzione alle famiglie. C’è anche un po’ di Ponte. Ma ci sono soprattutto quasi 16 miliardi di extragettito (cioè di ulteriore debito); e poi tagli alle spese fino alla concorrenza di 24 miliardi, che è il perimetro di questa manovra. Denari che servono a far quadrare i conti di questa “strana” seconda pianificazione finanziaria del governo Meloni, che dopo l’approvazione lampo in Consiglio dei Ministri lunedì scorso, è già nelle mani degli analisti di Bruxelles, rispettando il termine previsto del 20 ottobre. Una manovra di corto respiro, con scarsa visione, legata alla contingenza del momento, con molti provvedimenti che incideranno unicamente nel 2024, lasciando al futuro temi importanti, come quello pensionistico. “È una manovra che io considero molto seria, molto realistica, che non disperde risorse ma le concentra su alcune grandi priorità” dice la premier. La veloce illustrazione di Meloni in sala stampa da la misura di quanto questo governo voglia chiudere rapidamente la partita, lanciando anche un segnale interno alla maggioranza di discutibile valore democratico, oltre che preoccupante: non sono previsti emendamenti provenienti dai partiti della maggioranza. Proprio come dire “gioie e dolori di questo provvedimento sono equamente condivisi; nessuno cerchi fughe in avanti per caratterizzarsi come forza politica, su un tema piuttosto che su un altro. Zitti e avanti”. Il disegno di legge, prima della lettura parlamentare, dovrà ottenere dall’Europa il via libera. L’ulteriore indebitamento, senza chiarezza sulla strategia di rientro, non è il miglior biglietto da visita per Bruxelles. Come l’incertezza sulle coperture. Ed all’orizzonte ci sono anche i rating che le agenzie si apprestano ad emettere, sulla solvibilità del nostro Paese, con conseguenze sulle valutazioni dei mercati. E sappiamo essere sul tavolo ancora tutta la partita del MES, sempre più urgente per la Commissione europea. Per il Ponte il ministro Salvini annuncia trionfalmente che vi sono le coperture, contrariamente a quanto “certi giornali” pronosticavano; poi spetta al solito Giorgetti metterci una pezza ricordando che lo stanziamento sarà pluriennale , con il carico maggiore tra il 2025 ed il 2026. Ma in questi giorni si potranno analizzare con maggiore puntualità i provvedimenti previsti nella legge di bilancio. Alcuni annunci vanno nella direzione tradizionalmente populista, che mai abbandona la destra in questo Paese. Come la riduzione in bolletta del canone Rai, con 20 euro l’anno in meno a carico dei contribuenti; salvo per la Rai percepire 240 milioni per tre anni dalla fiscalità generale, come se questa arrivasse da Marte, creando invece di fatto una partita di giro. O la gratuità per l’asilo nido a partire dal secondo figlio, sbandierata in conferenza stampa e poi corretta a breve giro nell’aumento del fondo asili di 150 milioni, assolutamente insufficienti al raggiungimento dell’obiettivo sperato. Resta anche in realtà inalterata la riduzione del cuneo di 6 punti percentuali per i redditi fino a 35 mila euro e di 7 punti percentuali per i redditi fino a 25 mila euro, già effettiva nel 2023. La stretta sull’anticipo dell’età pensionabile, portando il coefficiente da 103 a 104, non del tutto peraltro ancora chiara, con voci discordanti anche all’interno della stessa Lega, cui il provvedimento andrebbe intestato, non risolve la voglia di cancellazione della Fornero. E cresce la confusione per i lavoratori che sia avvicinano al traguardo della pensione. Restano da soppesare anche gli otto miliari di tagli previsti. Questa spending review annunciata non avrà ricadute unicamente sui ministeri, per i quali si parla di un taglio del 5% delle spese. Bisognerà vedere quanto inciderà questa riduzione anche sulle spese dei comuni, dove la preoccupazione è di casa quando si tratta di contribuire al decremento della spesa dello Stato. Voce importante e particolarmente attesa, per i tagli preannunciati, quella della spesa sanitaria; la preoccupazione per riduzioni importanti dei finanziamenti in questo settore delicato aveva sollevato nelle scorse settimane i malcontenti da parte delle forze politiche di opposizione ma anche di alcuni esponenti della maggioranza. È stato annunciato lo stanziamento di ulteriori tre miliari di euro per il 2024 (e 300 milioni per la regione Siciliana); una indennità per i medici e altro personale sanitario impegnati nella riduzione dei tempi delle liste di attesa. Perché molto di quanto investito è stato dichiarato finalizzato proprio al poter offrire ai cittadini una più rapida esecuzione delle analisi, interventi o terapie richieste dalla loro condizione. Un tema questo che sta molto a cuore anche all’Avanti! della domenica e che non mancheremo di monitorare nella sua efficacia. Da registrare, in prima battuta, le reazioni negative di tutta l’opposizione, insorta sulla mancata copertura per tutte le questioni ritenute più importanti, che negli ultimi mesi erano state evidenziate, chiedendo al governo una particolare attenzione; a cominciare dalla sanità. Sul disegno di legge di bilancio si sono dichiarate chiavi di lettura contrapposte, tra maggioranza ed opposizione. Che non rendono certo chiarezza ai cittadini, che invece la richiedono a gran voce, perché le scelte fatte in tema finanziario hanno una ricaduta diretta sulla quotidianità di tutti noi.

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