di Andrea Follini
Non solo Trump ma anche l’ormai onnipresente Elon Musk sono stati gli interlocutori del premier israeliano Netanyahu, primo capo di governo ad incontrare il neo presidente americano alla Casa Bianca dopo la sua nuova elezione, interrompendo la tradizione che vuole sia il premier inglese in carica il primo ad incontrare il presidente neoeletto. Forse troppo delicata è la situazione in Medio Oriente per indugiare con il protocollo. E probabilmente troppo alti sono gli interessi di Trump per temporeggiare con i formalismi. Musk e Netanyahu. L’incontro è avvenuto dopo le polemiche che avevano avuto al centro lo stesso Musk ed il suo plateale saluto nazista alla cerimonia di insediamento. Cosa che non deve aver evidentemente preoccupato il leader israeliano che, anzi, non ha perso tempo per esprimere il suo sostegno al magnate americano. Al centro dell’incontro tra i due ci sarebbe stato un focus sull’intelligenza artificiale ed un’analisi sulla cooperazione tra i due Paesi. Il ruolo di Musk come capo del dipartimento per l’efficienza governativa dell’amministrazione Trump sembra essere sempre più controverso, anche per l’enorme conflitto di interessi dettato dal fatto che egli è proprietario di diverse aziende che hanno contratti miliardari con il governo federale. Una delle tante incongruenze di questa amministrazione. Quello successivo di Netanyahu con Trump, si è appreso, sembra essere stato un incontro cordiale, anche se la stampa israeliana, a più voci, non ne ha condiviso positivamente l’urgenza. Quasi che la visita di Netanyahu fosse per il leader di Tel Aviv un passaggio per “prendere ordini”, più che un confronto tra due leader nelle cui mani, direttamente o indirettamente, pende la vita di milioni di persone. L’aspetto economico legato all’incontro, la cosa forse più interessante per gli Usa, vede in primo piano la vendita di un pacchetto di armamenti per il valore di un miliardo di dollari a favore di Tel Aviv. Non solo quindi la ricerca di una sorta di “via libera” Usa verso Israele per continuare la sua opera di sradicamento di Hamas dai territori palestinesi (con il sacrificio di migliaia di vite civili palestinesi) come il governo di Tel Aviv sta chiedendo al presidente americano, ma anche una serie di accordi economici da perfezionare. Nel frattempo Trump ha sospeso per novanta giorni il finanziamento, attraverso l’agenzia Usaid, alle Ong arabo-ebraiche che si occupano del sostentamento, anche materiale, della coesistenza tra i due popoli nella Striscia di Gaza ed in Cisgiordania. La motivazione espressa dal Tycoon è quella di verificare se i programmi dell’agenzia corrispondano appieno con la linea politica del Presidente. Che questo provvedimento sia stato emesso qualche giorno prima della visita di Netanyahu a Washington, la dice lunga su quali siano per entrambi i reali obiettivi. Uno scenario che tiene con il fiato sospeso tutto il mondo.