Sigonella e il socialismo tricolore

di Lorenzo Cinquepalmi

Nella notte tra il 10 e l’11 ottobre 1985 a Sigonella atterrano un aereo che trasporta terroristi palestinesi, lì dirottato da caccia americani, e un trasporto pieno di marines, con l’ordine di catturare quei terroristi. Quando svegliano di notte Craxi per sapere se consegnarli, la sua decisione è immediata: i carabinieri circondano i marines armi in pugno e impediscono la cattura. In una telefonata con il presidente americano, Craxi afferma il diritto dell’Italia a processare i terroristi che hanno agito su di una nave battente bandiera italiana, e Reagan cede. Cosa c’è dietro la decisione quasi istintiva di Craxi? Le ragioni di affermazione del diritto italiano le conosciamo, ma vi erano altrettante ragioni per accondiscendere alla pretesa americana, tanto solide che il ministro della difesa Spadolini e i ministri repubblicani si dimisero in dissenso con Craxi, aprendo una crisi di governo conclusa col suo rinvio, da parte del presidente Cossiga, alle Camere, che votarono a favore della linea adottata. Il Craxi di Sigonella era lo stesso della posizione ferma sugli euromissili, un uomo la cui adesione alle posizioni occidentali e atlantiche non era in discussione. Ma era anche lo stesso del socialismo tricolore, innamorato di Garibaldi e di un’idea di patria che era quella di De Amicis. L’internazionalismo in cui credeva fermamente, e lo dimostra il suo impegno per tutte le cause dei popoli oppressi del suo tempo, non poteva essere in contrasto con l’orgoglio nazionale; ne era, anzi, una conseguenza, retta dal principio che nessuna patria possa affermarsi a scapito di altre. Craxi è stato, forse, l’ultimo erede del Risorgimento, di una passione civile che va riscoperta per restituire la patria agli italiani: quella vera, non quella della Meloni.

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