Salvini e Meloni divisi a Mosca

di Enzo Maraio

Le elezioni in Russia forniscono la nitida istantanea del sistema plebiscitario sul quale si regge l’attuale autoritarismo imperialista russo. I seggi controllati persino dentro la cabina elettorale da milizie armate, e gli osservatori dell’OSCE lasciati debitamente fuori dai confini, non può essere tollerabile e rimanda ad avvenimenti già vissuti dall’Europa esattamente un secolo fa. La stessa Europa continua ad andare in ordine sparso, mancando ormai da troppo tempo di una comune politica estera (e di difesa) e a livello nazionale, le crepe all’interno della maggioranza si stanno allargando sempre più. Sbalorditive le dichiarazioni “a caldo” di Salvini, che di fatto ha equiparato le elezioni russe a quelli di qualsiasi altro Paese realmente civile e democratico (dimenticando di dire che in Russia gli oppositori credibili sono in galera o vengono eliminati fisicamente, i media indipendenti sono stati chiusi e non è ammesso il dissenso con il regime). Era doveroso che Antonio Tajani e Giorgia Meloni chiarissero le posizioni dell’Esecutivo in politica estera: l’Italia, così come l’Europa, è scesa al fianco dell’Ucraina condannando, con pochi giri di parole, l’invasione russa. Una guerra nel cuore del continente che si sta ripercuotendo sulle economie dei nostri Paesi; famiglie e imprese sono state chiamate ad affrontare sacrifici enormi pur di stare dalla parte giusta della barricata. E che il leader della Lega, fortemente ridimensionato dalle ultime due consultazioni, sia ormai una specie di scheggia impazzita, lo dimostra anche il fatto che nelle stesse ore ove la Meloni era in visita da Biden, lui si sperticava nelle felicitazioni per la vittoria alle primarie di Trump. Ma non possiamo nemmeno chiudere gli occhi nei confronti delle contraddizioni che agitano l’opposizione: sulla politica estera, il campo dove si giocherà tutta la partita delle elezioni europee, troppo profonde sono ancora le differenze sulla difesa della resistenza ucraina, sull’atteggiamento da tenere nei confronti di tutte le dittature del mondo e sulla misura con cui si condanna la strage a Gaza. Hanno pesato in questi giorni i silenzi di Conte sul voto russo, e continuano a pesare i pacifismi – o come si direbbe, i ‘pacifinti’ privi di memoria – a senso unico sulla pelle del popolo ucraino. Le porte girevoli, in politica, non ripagano mai: sacrificano valori, missione, credibilità. I tre elementi con cui, dalle regionali alle europee, conviene farsi trovare pronti per presentarsi agli italiani.

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