Relazione di Enzo Maraio agli Stati Generali del socialismo – Roma, 22 e 23 luglio

Abbiamo immaginato gli Stati Generali del socialismo italiano come luogo e momento di confronto per la nostra comunità, per costruire un momento di dibattito, di analisi ma soprattutto usciremo da questa due giorni con una proposta programmatica credibile per l’Italia.

Tanti in questi mesi si sono chiesti cosa fossero gli Stati Generali. Lo dico subito: non sarà un revival del “come eravamo”, piuttosto vogliamo gettare le fondamenta del “come saremo”. Sono allo stesso tempo un punto di approdo e di ripartenza per lanciare una nuova stagione. Non celebrazioni nostalgiche o l’ennesimo tentativo di riunificare la diaspora, ma un punto di svolta, l’avvio di un cammino nuovo che entro il 2027 ci dovrà riportare ad essere centrali nella sinistra italiana e nel Paese. 
Non abbiamo tempo da perdere e tentativi infiniti da mettere in campo.
Agli osservatori esterni abbiamo offerto la rappresentazione negli ultimi 30 anni di un mondo socialista vittima di una diaspora litigiosa e per certi aspetti incomprensibile – che molti di noi hanno tentato di ricomporre con scarsi risultati – che da tempo ha reso ininfuente il ruolo del Psi e dei socialisti. Eppure siamo l’unico partito storico ad avere mantenuto vive le radici grazie ai nostri valori che restano attuali e ancora validi per il futuro. Siamo l’unico partito, nato 131 anni fa, ancora in vita.
Una buona ragione, ma non l’unica, a spingerci a voler cambiare il senso di un impegno e di una storia al fine di non consegnare alla irrilevanza la questione socialista o, peggio, di lasciarla nelle mani di quanti, in questi anni, hanno lavorato contro la nostra stessa autonomia.
O torniamo centrali, o difficilmente avrà senso una organizzazione socialista.
Ci diamo questi anni, li affronteremo con nuove energie, con i compagni di sempre, con la testa alta, con il coraggio e la determinazione di chi non ha mai mollato.
Convinti che lo spazio politico e culturale ci sia, oggi più che mai. Spetta a noi socialisti, dentro e fuori dal partito, continuare a credere nella occasione storica di occupare ed organizzare uno spazio riformista nella sinistra italiana.

Abbiamo rimesso, con un gruppo dirigente di grande valore, il garofano socialista sulla scheda e nel simbolo. Abbiamo rilanciato il sito dell’Avanti e riportato il glorioso giornale cartaceo in tutta Italia, l’unico giornale di partito attualmente in edicola.
Abbiamo investito sulla scuola di formazione per i nostri giovani e amministratori, con la Scuola Tognoli, che ha avuto un notevole successo grazie anche ai docenti coinvolti, una scuola cresciuta di anno in anno nelle tre edizioni e che ora si è affermata come tra le più autorevoli nel panorama politico italiano.
Insomma, ci siamo spesi e ci stiamo spendendo, con compagni giovani e dalla passione genuina, in condizioni difficili, per rilanciare una grande storia.

Il mondo socialista in Italia è fatto di un patrimonio enorme: fondazioni, circoli, associazioni, organizzazioni culturali, riviste, che hanno dimostrato che la questione socialista è qualcosa di più ampio rispetto al Psi, che resta la più alta e organizzata forma di rappresentanza dei nostri ideali.
Lo sforzo che dobbiamo compiere è quello di provare a unire le forze, pensando in grande e avviandoci insieme ad un cammino comune.
La frammentazione di un patrimonio ideale e intellettuale così importante è inspiegabile.
La riuscita di questo percorso non è legata alla sola capacità di rimettere insieme i vecchi gruppi dirigenti, perché crediamo che proprio molti di essi abbiano la gran parte di responsabilità della deflagrazione del glorioso Psi. Non dimentichiamo, compagni, che molti hanno abbandonato una casa che era crollata, prendendosene un pezzo e portandoselo altrove, il più delle volte per soli obiettivi personali.
Ci abbiamo tutti provato in questi ultimi 30 anni, ma è stato impossibile rimettere insieme i cocci.
Oggi l’obiettivo deve essere più alto, culturale, politico: ricostruire insieme un percorso comune, che ha fondamenta solide, per dare gambe nuove al partito più antico della storia d’Italia – perché la storia della nostra Repubblica non si può leggere scindendola da quella del Psi – guardando rigorosamente avanti.

Forti della nostra gloriosa storia e di innumerevoli battaglie e conquiste di libertà e civiltà, che, grazie ai socialisti, hanno reso l’Italia un paese moderno.
Una comunità e un insieme di valori e idee che hanno fatto grande l’Italia e che ci devono inorgoglire.
Ma questo non basta: occorre oggi capire come aggiornare e rendere attuale quel patrimonio straordinario.

Chiunque vorrà dare una mano è il benvenuto, ma guai a pensare a riedizioni e restaurazioni di tempi che non tornano più: siamo tutti profondamente legati ai protagonisti della migliore esperienza del Psi degli anni 90 e ognuno di noi si alzerebbe e applaudirebbe ad ogni loro intervento. A Claudio Martelli, a Rino Formica, agli altri riserveremmo sempre una standing ovation esattamente come un interista farebbe con Matthaus, Klinsmann o Brehme, un romanista con Totti, un laziale con Chinaglia, un milanista con Van Basten, Gullit, uno juventino con Del Piero, o un napoletano con Maradona. Ma nessuno di noi si sognerebbe di rivedere giocare oggi in campo questi grandi giocatori: andrebbero incontro ad enormi difficoltà perché il mondo cambia e i tempi sono fattori determinanti.
Ciascuno di noi è destinato a prendere atto che la ruota gira, le generazioni cambiano insieme ai ruoli che si possono svolgere, i dirigenti passano.
Restano saldi e costanti il Psi, i nostri valori e la cultura socialista.
Bisogna lasciarsi alle spalle ciò che ha diviso i socialisti dentro e fuori il partito perché non c’è più tempo per le rotture che hanno lacerato rapporti e storie. Ma attenzione, serve farlo con generosità e lungimiranza, se abbiamo a cuore una comunità che, anche nei momenti peggiori della sua storia, è rimasta unita alle sue radici e ai suoi simboli e valori.
Abbandonando la nostalgia e gli egoismi, dando forza al futuro. Si dice faccia più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. E’ ora di far accadere esattamente il contrario.

Per questo oggi siamo qui.

Come vi dicevo gli Stati Generali sono al contempo partenza e approdo. Ci riuniamo oggi dopo una serie di iniziative tematiche tenute in giro per l’Italia negli scorsi mesi: Terni per un confronto con gli amministratori, Taranto sulle urgenze per il mezzogiorno, Bologna per lavoro sviluppo e welfare, Venezia per cultura e turismo, Roma per la scuola pubblica. E poi gli incontri con gli amministratori e i gruppi dirigenti tenuti nelle varie circoscrizioni per le europee (Napoli, Milano, Cagliari, Agrigento, Roma e Venezia).
Ora questo percorso si sposta a Roma, non per una fase finale del progetto ma per il suo inizio: prende l’avvio un’ulteriore fase di elaborazione di quanto prodotto, anche a livello locale e da questo partirà un confronto anche con le altre forze politiche del centrosinistra, l’alveo naturale della nostra collocazione politica.

Abbiamo organizzato dieci tavoli di lavoro tematici aperti a tutte le compagne e i compagni che vogliono prendervi parte, ognuno secondo le proprie sensibilità, per approfondire le tracce che, negli scorsi mesi, abbiamo elaborato attraverso incontri on line ed in presenza, con la condivisione delle proposte che saranno la base delle prossime campagne tematiche dei socialisti, a partire già da quest’estate. Un’esperienza positiva, che ancora di più ha unito i socialisti da ogni parte d’Italia, con il loro portato esperienzale o di idee, amministratori locali, giovani e meno giovani, socialisti impegnati nel sindacato, nel volontariato, in associazioni: già questa fase introduttiva può definirsi un successo, per la rete che ha creato e per gli spunti elaborati. A questo affiancheremo i risultati arrivati con l’adesione di migliaia di utenti, alla piattaforma statigenerali.it, da cui prenderemo spunto per irrobustire la nostra piattaforma programmatica.
Nel pomeriggio di oggi abbiamo inoltre voluto ospitare testimonianze e racconti di chi ha subìto un’ingiustizia, o chi ha provato sulla propria pelle un caso di malasanità, chi è precario, chi chiede maggiore attenzione da parte della politica e delle istituzioni. Voci di uomini e donne che i socialisti amplificheranno con proposte e battaglie di piazza.
Gli Stati generali del socialismo, insomma, come tappa fondamentale per il rilancio dell’attività politica socialista, affiancandole una rinnovata considerazione nazionale ed internazionale del Partito Socialista Italiano. Ecco perché riveste particolare importanza la presenza oggi al Monk di interlocutori politici di rilievo, italiani ed europei.

Grazie davvero per la presenza a ognuno di voi, a tutti i rappresentanti delle fondazioni, associazioni, dei movimenti e delle varie organizzazioni socialiste.
Ringrazio per il saluto George Papandreou, presidente onorario della Internazionale socialista e Pedro Sanchez, il presidente della Internazionale, assente oggi perché impegnato in una dura campagna elettorale che vedrà la Spagna al voto nella giornata di domani. E da qui inviamo a Pedro, al Psoe e ai socialisti spagnoli tutto il sostegno dei socialisti italiani e un forte augurio per la loro conferma al Governo.
Ringrazio Stefan Lofven, presidente del Pes, per le belle parole, per l’augurio di buon lavoro e per quanto sta facendo per rilanciare l’azione dei socialisti europei. Così come ringrazio Francisco Andrè, vice presidente del Pes, per l’intervento di stamattina e tutti quelli che interverranno in questa due giorni, come ad esempio la delegazione di compagni ungheresi.

Davanti a noi abbiamo un anno svincolato da elezioni: si voterà nella primavera e nella estate del prossimo anno. Appuntamenti di fondamentale importanza per il futuro del nostro Paese e dell’Italia.
Elezioni europee, rinnovo dei consigli comunali in circa la metà dei municipi italiani, di una serie di importanti Regioni e le province, se passerà la riforma.
Lo dico chiaro: non è tempo di discutere di alleanze, errore che abbiamo commesso sempre, nel recente passato, logorando i gruppi dirigenti sulle scelte da fare. È il tempo di parlare meno degli altri e più di noi stessi, di quello che siamo, che vogliamo rappresentare e quello che vogliamo fare. Abbiamo un anno per lavorare su di noi e sulle nostre proposte, per evitare che il progetto di un’ Europa che è stata immaginata dai padri costituenti come unita e democratica, possa trasformarsi in un futuro di divisioni, intolleranza, di egoismi e sovranismo diffuso. Non possiamo permetterlo.

La posta in gioco delle prossime elezioni europee è molto alta. In Europa c’è il grande rischio di una avanzata della destra estrema, che potrebbe condurci ad un cambio di maggioranza e ad un Governo europeo frutto dell’alleanza tra conservatori, nazionalisti e popolari, con tutti i rischi per la tenuta dell’Europa e soprattutto di quel percorso che abbiamo avviato verso una Unione solida, che tanto ha fatto per aiutare i singoli Stati membri a superare emergenze e problemi, a partire dalla pandemia Covid e dalla immigrazione.
Il ruolo che l’Europa può e deve svolgere per il futuro è quello in favore di un nuovo progetto mondiale di pace con l’Europa al centro. Prima della disastrosa guerra in Ucraina, l’Europa aveva garantito quasi 80 anni di pace dalla sua costituzione.
E proprio i socialisti hanno insegnato agli italiani e agli europei che si può essere leali ai valori occidentali ma senza essere proni agli Stati Uniti!

Esattamente dodici anni fa, il 22 luglio 2011, ad Oslo e UTOYA furono massacrati 69 adolescenti socialisti e laburisti perché lottavano per una società multiculturale con più ponti e meno muri. Che avevano un ideale e per quell’ideale hanno trovato la morte per mano di estremisti, di destra, nei nazisti che oggi preoccupano più che mai.

Ne approfitto per rivolgere a Patrick Zaki il nostro più caloroso saluto per il suo ritorno alla libertà che lo vede nelle prossime ore di nuovo in Italia. Una enorme gioia per tutti noi che dobbiamo onorare non abbassando mai l’attenzione rispetto a tanti che, come lui, vengono quotidianamente privati della libertà e dei loro diritti in alcuni paesi d’Europa e del mondo. E soprattutto senza mai dimenticare la barbarie subita sempre in Egitto da un cittadino italiano, Giulio Regeni, che in Italia non è mai tornato e per il quale chiediamo venga fatta giustizia!

Confermiamo per le europee un orizzonte di una lista socialista, aperta alle alleanze con le forze del riformismo laico, ecologista e civico.
Nel frattempo continuiamo a tenere in piedi una intensa e costante attività fatta di interlocuzioni e confronti, di iniziative per costruire unità di intenti su proposte ed obiettivi programmatici con tutti i nostri potenziali alleati sui temi dell’europeismo, della transizione ecologica e digitale, del lavoro, della solidarietà e della pace.

Del resto si discuterà, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, della modifica di alcune regole del gioco, soprattutto con riferimento alle prossime europee: non sappiamo con certezza ancora se resta lo sbarramento al 4% o si abbassa al 3%, se le circoscrizioni resteranno come sono, o si differenzierà ad esempio il collegio insulare tra Sardegna e Sicilia.

Per le amministrative, regionali e provinciali c’è l’impegno a presentare liste autonome socialiste, con il nostro simbolo ovunque possibile, o in alleanza con forze omogenee con i nostri valori. Bisogna lavorarci tutti insieme e da subito.

Restano ferme due coordinate imprescindibili: ancoraggio al Pse e all’internazionale socialista e quello al centrosinistra in Italia. Un fronte democratico che dal nostro paese e a livello internazionale vive un momento di difficoltà e che noi dobbiamo contribuire a ricostruire.

Quanto a noi e al nostro rapporto con gli alleati:
Siamo rimasti per la seconda volta nella nostra storia fuori dal Parlamento, non credo per responsabilità solo nostre: abbiamo un sistema elettorale dove i candidati finiscono per essere ridotti, il più delle volte, a comparse.
Non si può non attribuire una quota di responsabilità ai nostri alleati di quella lista, a partire dal Pd: solo il tempo ci dirà se è stato conseguenza di un mero errore di calcolo o frutto di mala fede.
Ciò non ci ha impedito di resistere: e se c’è qualcuno che ha pensato che, tenendoci fuori sarebbe stato messo in liquidazione il Psi, ha sbagliato di grosso! Noi siamo ancora qui, con maggiore energia e, se possibile, con maggiore grinta a lavorare a testa alta sapendo che oggi, come sempre nella nostra storia, siamo dalla parte giusta.
I socialisti mantengono i loro impegni, sempre!

Quanto all’Italia, e a una sinistra che ha purtroppo collezionato sconfitte, va rimessa al centro della nostra agenda il lavoro, l’inclusione sociale, le battaglie contro ogni forma di discriminazione, a partire dai giovani per i quali è prioritario sbloccare l’ascensore sociale, che ne pregiudica il futuro.

La crisi della sinistra ha radici profonde. Oggi molti sono arrivati a riconoscere che la scomparsa dei partiti tra le macerie di Tangentopoli abbia prodotto una crisi quasi irreversibile della democrazia.
Sembrava la palingenesi della politica e invece è stato l’avvio di una stagione peggiore di quella precedente. Per trent’anni la politica e i partiti si sono indeboliti, hanno perso il ruolo di rappresentanza democratica, dando spazio a movimenti populisti. Paghiamo il non avere saputo esprimere un’identità e indicare una missione.

Come è noto a molti, ho scritto una lettera qualche giorno fa ai leader del centrosinistra, chiamando tutti a fare uno sforzo necessario per incontrarci e discutere insieme di come rimettere in campo una coalizione moderna e credibile, che possa battere le destre. Per questo apprezzo davvero molto la presenza oggi con noi, di persona o in collegamento, di Fratoianni, Bonelli, Tabacci, Magi ed Elly Schlein. Mentre registriamo, ancora una volta, le assenze di Renzi e Calenda, che si confermano scarsamente interessati al dialogo con un partito storico come il nostro. Peggio per loro, non sanno cosa si perdono.

I risultati che le urne ci hanno restituito negli ultimi mesi – Lombardia, Lazio, Sicilia, Friuli Venezia Giulia e in ultimo il Molise – sono, per il centrosinistra, un segnale che non possiamo più ignorare o liquidare come frutto di eventi esterni. Senza una iniziativa comune di tutte le forze democratiche, riformiste e liberali, le sconfitte possono avere la conseguenza di aprire ad un cambiamento radicale del volto del Paese. Va stabilito a livello nazionale un perimetro di coalizione, intorno a proposte e valori condivisi, se vogliamo recuperare una solida credibilità nell’elettorato, che faccia da bussola di riferimento anche per i nostri dirigenti locali, che non possiamo lasciare più abbandonati a loro stessi nell’opera di definire alleanze che risultano diverse da comune a comune.
Andare in ordine sparso ha finito per allontanare e disorientare il nostro elettorato, ma anche i nostri amministratori e dirigenti locali. I cittadini hanno preferito, alle nostre ambiguità, chi, come la destra, si rivolgeva a loro con una voce sola, mal celando spaccature enormi che si rendono sempre più evidenti giorno dopo giorno.
Di fronte a una destra compatta è attorno a temi come lavoro, merito, scuola e sanità pubblica per tutti, che dobbiamo cambiare rotta con un patto nazionale che ci veda uniti sui temi per tornare al governo del Paese.

Questo è un obiettivo che dobbiamo darci ed è un ruolo che il Psi può svolgere appieno, aprendo la porta alla convergenza e all’unità della vasta area socialista italiana.

Le sfide e la complessità di questo tempo si vincono solo se si riesce a parlare alle urgenze degli italiani: lavoro, ecologia, giustizia, riforme. E sarà decisivo adottare una agenda politica che resista al fascino del populismo e che sia, stavolta seriamente, alternativa alla destra che governa e che assume sempre di più tratti illiberali. Con all’orizzonte obiettivi chiari: assicurare la pace e rafforzare la democrazia, lavorare per l’uguaglianza piena tra uomini e donne, porre il cambiamento climatico al centro dell’agenda politica, economica e sociale, promuovere una economia giusta ed inclusiva, difendere i diritti di lavoratori e lavoratrici che devono essere ulteriormente implementati ma soprattutto riformare profondamente il mondo del lavoro con il nuovo contratto sociale che diventi la bandiera del nuovo centrosinistra.

E si deve partire con coraggio affrontando il tema della legge elettorale. Non è forse il tempo di rimettere in campo una legge elettorale proporzionale, con un moderato sbarramento e con il ripristino delle preferenze? Questo servirebbe a contenere l’astensionismo dilagante e a richiamare alla partecipazione e alla cittadinanza attiva gli italiani, sfiduciati rispetto alla politica.
Un sistema proporzionale sarà la nostra battaglia, e nel corso della giornata sarà approfondita con proposte ed interventi tecnici.

Oggi l’italia sconta una grande anomalia, che è l’assenza di un solido Partito Socialdemocratico: i grandi partiti di governo di sinistra in Europa sono social-democratici.
Penso alla Spagna di Sánchez, alla Spd in Germania, ai socialisti portoghesi. Nel nostro Paese, invece, la sinistra è rappresentata dai “progressisti”, che, nell’ultimo trentennio, hanno espunto dalla loro tradizione identitaria (e dal loro vocabolario) la matrice socialista. Eppure, i socialisti sono stati il motore della modernizzazione; e forse non è un caso che la crisi delle istituzioni, l’aumento delle diseguaglianze, la perdita di protagonismo internazionale dell’Italia abbiano coinciso con l’assenza di un grande partito socialista.

Una sinistra socialdemocratica è possibile solo se la sinistra resisterà al fascino del populismo, abbandonerà il massimalismo giustizialista, preferirà l’etica pubblica al moralismo.
Se coniugherà la competitività delle nostre imprese col lavoro, e promuoverà una coalizione plurale, finalmente, aperta ai valori del socialismo che hanno reso l’Italia più giusta.
Il sondaggio che ci ha presentato Teknè stamattina ci segnala un grande spazio a sinistra per la sfida riformista.
Costruire il campo largo Pd – 5 stelle senza dare spazio ai socialisti, senza determinare le condizioni perché viva e cerchi l’opzione socialista, è un suicidio, è costruire sconfitte e alleanze incapaci di governare.

Bisogna definire le priorità del mondo nuovo: rispondere ai bisogni, rafforzare le libertà individuali, considerare prioritari i diritti sociali accanto a quelli civili, battersi per ciò di cui la sinistra non parla più: il lavoro, non come surrogato di politiche assistenzialiste che sviliscono la dignità delle persone; il merito, chiave per sbloccare l’ascensore sociale fermo da tempo; le nuove povertà – 15 milioni di persone a rischio esclusione sociale.

II costo della vita schizza alle stelle, con aumenti indiscriminati, ma i salari degli italiani restano i più bassi d’Europa. E il governo, invece di rivolgere lo sguardo a chi è in difficoltà, come aveva promesso di fare sin dal suo insediamento, privilegia i ricchi con una serie di discutibili provvedimenti finanziari. Si tratta di aumenti che andranno a colpire le famiglie divaricando sempre di più quella forbice sociale, che in Italia, isola le fasce deboli. E al sud andrà ancora peggio. E’ questo l’effetto dei provvedimenti di un governo, quello di destra destra della Meloni, solidale con i ricchi e molto meno con le fasce più deboli, ormai sempre più a rischio povertà ed esclusione sociale.

Le stime sulla crescita demografica ci dicono che da qui al 2100 I’Europa perderà almeno 400 milioni di abitanti mentre il continente africano aumenterà la sua popolazione di almeno 2 miliardi. Questo ci deve spingere a riflettere che l’immigrazione non può essere fermata – di sicuro non con i blocchi navali di Meloni e Salvini – e che va governata con l’Europa e con un sistema legislativo che sia solidale e riesca a leggere i fenomeni.

Nel mercato del lavoro vi è la mancanza di competenze adeguate, soprattutto in chiave digitale, termine trasversale che riguarda ormai quasi tutte le professioni, dall’operaio specializzato all’ingegnere aerospaziale. È la grande sfida della transizione digitale. E su questo fronte dobbiamo impegnarci per svolgere un ruolo fondamentale individuando i profili professionali più adatti alle richieste delle singole aziende, sia formando le persone, con percorsi gratuiti, mirati a una precisa occasione di lavoro e un obbligo di placement. Sono moltissimi gli imprenditori che segnalano difficoltà a trovare personale e spesso attribuiscono la responsabilità al reddito di cittadinanza, che andava sicuramente modificato, non abolito.

Poi c’è il tema del lavoro povero, quello derivante da contratti vessatori, con pagamenti orari risibili. Di qui la battaglia comune di quasi tutto il centrosinistra, che noi condividiamo anche se consigliamo di adeguare il tetto proposto dei 9 euro a quello più alto in Europa, che mi sembra sia quasi di 15 euro all’ora in Germania.
Ci sono 3-4 milioni di lavoratori poveri ma il governo ne nega addirittura l’esistenza.
Tre milioni di italiani indigenti che il Governo Meloni sceglie di non vedere.

Bisogna ripartire da una idea Paese. Aumentano i mutui per le famiglie, è in corso un altro rialzo dei tassi, il numero dei contratti precari resta spaventoso, così come il numero dei Neet, giovani che non lavorano, non studiano e non cercano un’occupazione. Il dato che più mi preoccupa, perché si tratta di ragazzi che hanno perso la speranza nel futuro. Va bene occuparsi di diritti civili, ma se accanto non si preoccupiamo dei diritti sociali, che Paese lasceremo ai nostri figli? E’ chiaro che il tema delle conquiste laiche, da solo, non ci porta da nessuna parte. Anzi, rischia di non essere più compreso.
E forse ripensare alla revisione del jobs Act, dopo tanti anni, sarebbe un’occasione utile per riconciliarsi con il nostro mondo.

Oggi fa caldo, molto caldo… siamo in tantissimi qui oggi nonostante il caldo.
Qualcuno va sostenendo che quando fa caldo serve lo smart working, e, per carità, per noi va bene. Ma al Presidente di Confindustria, a chi è in ruoli di vertice o responsabilità, suggeriamo di pensare ogni tanto, non dico assai ogni tanto, ai riders che lavorano sotto il sole, agli operai nelle fabbriche, ai coltivatori nei campi.
Ecco, alcune battute e uscite fuori luogo ci fanno pensare a quanto ancora attuale sia il “sogno socialista”.

II dibattito sulla giustizia è come il fuoco sotto la cenere: si quieta, divampa, torna a quietarsi. Non si spegne mai. E mette in luce tutte le contrapposizioni interne alla maggioranza di Governo. L’ultimo siparietto è della premier Meloni, che ha bacchettato il suo ministro Nordio, che invece ha totale ragione sul versante del garantismo. E noi stiamo con l’impostazione e il garantismo di Nordio, mai con il giustizialismo di Meloni e di Fdi.

In più c’é l’altra partita, quella sulle autonomie, che rischia di dividere in due l’Italia. Un pericolo che bisogna scongiurare in un Paese che già ridistribuisce male le risorse centrali. A dirlo sono i dati dell’Agenzia per la coesione territoriale e anche della Banca d’Italia. Previsioni che ci preoccupano non poco e che rischiano di sfilacciare intere aree del Paese: non solo tra Nord e Sud, ma anche tra città e aree interne e tra città e sue periferie. Su sanità, scuola e infrastrutture è necessario ridurre i divari, che, nel contesto europeo, solo in Italia risultano così elevati all’interno di uno stesso Paese.

Ne dobbiamo fare una battaglia e una mobilitazione nazionale insieme a tutta la sinistra. Perché “Il problema del Mezzogiorno non può essere considerato soltanto un problema di quelle regioni: deve essere considerato un problema nazionale se lo si vuole risolvere”, come disse il Presidente Sandro Pertini nel messaggio di fine anno agli Italiani nel 1982.

Certo la frammentazione del Sud è la prima causa della sua debolezza.
Va ripreso il “Pensiero Meridiano”, del quale siamo debitori alla elaborazione teorica di Franco Cassano, secondo cui, giustamente, il Sud deve essere SOGGETTO del pensiero e non OGGETTO della riflessione altrui.

Solo così il Sud può dimostrare che sbaglia chi lo considera la palla al piede del Paese. Serve un progetto concreto nella prospettiva dell’idea di comunità e dell’autorganizzazione politica e sociale. Questa idea può essere la creazione della Macroregione del Mediterraneo.

E molto passa anche dalla sfida europea della transizione ecologica, oltre che da quella digitale di cui ho detto prima.

Il Green Deal è il grande programma europeo che vuole portare il continente alla neutralità climatica entro il 2050. Porta la firma del socialista Frans Timmermans ed è uno dei progetti più ambiziosi al mondo, che vuole raggiungere una riduzione di almeno il 50% nelle emissioni di gas ad effetto serra nell’Unione Europea entro il 2030.

Lo scorso 12 luglio, a Strasburgo, l’Europarlamento, ha votato il regolamento “Restore Nature” che, con circa 100 miliardi di budget, rappresenta un tassello fondamentale del Green Deal. Le destre hanno teso un’imboscata per bocciare il regolamento. Con l’appoggio del Ppe, che ha compiuto un grandissimo voltafaccia rispetto all’appoggio che aveva garantito inizialmente al progetto, questo tentativo delle destre sarebbe potuto passare. Anche perché, purtroppo, una parte dei liberali di Renew Europe si è schierata con la destra. Per fortuna, la compattezza della sinistra e degli ecologisti, unita al sostegno di una parte dei liberali ed al soccorso di 21 parlamentari popolari, hanno permesso di approvare il regolamento. Ma questo è un segnale più che eloquente di quello che ci riserva il futuro: schieramenti trasversali, appartenenze di partito e di gruppo politico che saltano, sulla base d’interessi personali o nazionali, e la tematica ambientale che è destinata ad essere sempre più centrale nel dibattito politico.
È stata davvero una importante vittoria che ha visto le forze socialiste e ambientaliste unite per una grande battaglia di civiltà, e deve essere una bussola perchè anche in Italia l’area socialista e ambientalista si rafforzi perché possiamo, insieme, orientare la nostra azione politica per una vera transizione ecologica, che significa anche un nuovo modello di sviluppo sostenibile con maggiori opportunità di lavoro e maggiori garanzie. Coniugare ambiente e maggiori tutele del mondo del lavoro sono un primo passo verso un nuovo concetto di eco-socialismo che in molti paesi europei è già una realtà consolidata. In questa direzione consideriamo un passo importante l’appello lanciato da Angelo Bonelli, insieme a Sinistra Italiana, contro il negazionismo sul clima della destra sovranista e per una grande alleanza per il clima.

In conclusione, se da oggi avviamo un percorso insieme, aperto, paziente, di dialogo e confronto, senza analisi del sangue per stabilire chi è più socialista dell’altro, se facciamo squadra con generosità, se mettiamo in soffitta egoismi e vecchi rancori, se guardiamo tutti avanti senza rendite di posizione, possiamo prenderci delle enormi soddisfazioni, avendo davanti a noi una prateria immensa che possiamo occupare.
È lo spazio di un’area riformista, autonoma, che serve a noi, è utile al Paese, alleata con il Pd e con le altre forze di coalizione, per costruire un centro sinistra plurale. Uno spazio che ha una potenzialità enorme nell’elettorato italiano, soprattutto tra quelli che non si recano più a votare ormai da troppo tempo.
Ce lo ha detto con chiarezza estrema stamattina il dott. Buttaroni, che ringrazio insieme alla società Teknè, per la professionalità ed il lavoro che hanno svolto per farci capire meglio chi siamo, agli occhi del Paese, e quali sono le nostre prospettive.
Nessuno più dei socialisti, per storia, tradizione, cultura e sensibilità, può candidarsi a rappresentare ed organizzare quello spazio.
Non possiamo consentirci di correre il rischio che il riformismo in Italia (quello socialista o quello cattolico) cada in mani, poli e campi sbagliati, magari quelli di chi pensa che il riformismo sia coniugabile con il personalismo, il leaderismo e le persone sole al comando.
Tocca a noi e noi, sono certo, siamo già pronti!
E allora, compagne e compagni, rimbocchiamoci le maniche e al lavoro, insieme!

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