di Enzo Maraio
Il Governo Meloni continua a mortificare il Mezzogiorno. La scelta di avere una Zes unica e non tener conto delle prestazioni ottenute, ad esempio, da regioni come la Campania che ha saputo generare numerosi posti di lavoro e importanti investimenti, lascia un vuoto e sposta dai territori alle stanze della Presidenza del Consiglio dei Ministri le scelte. Un commissariamento bello e buono degli investimenti nel Mezzogiorno che congela, almeno per il momento, tavoli delicati sui quali bisognava prendere decisioni strategiche a partire dell’ex Whirlpool o Novartis a Torre Annunziata. A questo si accompagna l’altra triste notizia relativa al co-finanziamento del Ponte sullo Stretto da parte delle Regioni Calabria e Sicilia. Un beffa che ha registrato anche una uscita scomposta del Presidente berlusconiano Schifani che immediatamente è stato corretto dal collega calabrese, il governatore Roberto Occhiuto. Cosa è accaduto? Semplice, il Governo ha sottratto dalla borsa del fondo di sviluppo e coesione soldi necessari ed attesi per rimettere in moto la macchina del Mezzogiorno. Una scelta scellerata che mette alle strette gli amministratori locali che proprio sui tali fondi puntavano perché si intervenisse sui territori in questioni centrali come la sanità, all’assetto idrogeologico. E invece, proprio questi fondi sembrano essere diventati il portafoglio privilegiato di Meloni e del suo Governo per investimenti spot, che assecondano una politica populista e di facciata e non vanno certamente nell’indirizzo del miglioramento di una fetta d’Italia che resta sempre più indietro. Il tutto con la complicità di amministratori di centrodestra meridionali che invece di lavorare per i loro territori, assecondano questa politica predatoria che tende a marginalizzare il Mezzogiorno. È necessario invertire questa tendenza. Far sentire alta la voce degli amministratori del Sud, quelli che ancora difendono i loro territori con un lavoro difficile e silenzioso. Amministratori che vengono quotidianamente mortificati da un Governo che tende ad accentrare tutte le funzioni strategiche nelle mani di pochi, fidatissimi ministri escludendo le periferie amministrative e concentrando nelle stanze romane le decisioni.