“Bene hanno fatto Maria Pisani, Elisa Gambardella, Luigi Iorio e tanti altri giovani compagni, cui, salvo per l’età, mi associo, a rilanciare sul tema del rinnovamento generazionale nella gestione del partito, replicando alle recenti provocazioni di Mauro Del Bue e facendolo tanto schiettamente quanto in modo ragionato. Al riguardo, credo proprio che abbiano centrato il punto, cioè che l’esperienza cui Del Bue faceva riferimento per spronarli, quella dell’avvento del corso autonomista alla guida del Psi nella seconda metà degli anni ’70, c’entri ben poco con gli anni che corrono e non solo per dimensioni e disponibilità imparagonabili, anche economiche, tra partito di allora e quello di oggi, ma soprattutto per come è venuta meno nella società l’idea stessa di un professionismo politico, personale e collettivo, slegato da un protagonismo sociale. E mi sento di aggiungere, per inciso, che proprio l’assenza di verticalità su questo tema costituisca la debolezza maggiore delle riflessioni sul rinnovamento dell’organizzazione del partito così come sviluppate negli appuntamenti recenti di Bologna e di Napoli, incentrate su elaborazioni non più attuali e inadeguate, ormai, a reggere l’urto di questa fase (sostanzialmente si sta ridiscutendo di un odg presentato da Maria Pisani al Congresso di Salerno, che aveva come base un testo di Vincenzo Iacovissi, altro giovane di valore). Il confronto tra Maria, Elisa e Luigi, da una parte, e Mauro, dall’altra, indica anche altro. A rilevare non è solo l’incontro/scontro tra due generazioni, che discutono del loro fisiologico avvicendamento. C’è una particolarità, infatti, che sottosta ai ragionamenti di tutti e che rende ancora più delicata e urgente questa sostanza. Mi riferisco all’idea che a traguardare la guida della comunità socialista possa essere una generazione non più coinvolta con la stagione del Psi ante 1992. Perché diciamocela tutta: un po’ perché era necessariamente così, un po’ perché era anche giusto, la regola che i partiti e i movimenti socialisti post 1992 si reggessero in ultima e unica istanza su un cavalierato di “chi c’era prima” ha costituito una premessa data fin troppo per scontata e forse non ancora da tutti, giovani e vecchi, ben inquadrata e superata.Torna però in mente il dissidio tra San Pietro e San Paolo, tra chi riteneva imprescindibile l’impronta giudaica nell’adesione al cristianesimo e chi affermava l’originalità della fede cristiana. Se avesse prevalso l’assunto di un cristianesimo come sola evoluzione di una coscienza ebraica, oggi giorno, conteremmo un numero ben inferiore di cristiani nel mondo”
Federico Parea