di Mimmo Maio
Cosa spinga un giovane ad abbracciare una visione del mondo, quale quella socialista, è una domanda che si pongono molti di fronte ai tanti giovani che nel Psi si impegnano in politica. Le motivazioni si possono ricercare su vari piani; innanzitutto quello ideologico, un forte richiamo ai pilastri valoriali del pensiero socialista e del come siano stati declinati storicamente nel contesto socio-economico italiano. Ora più che mai, soprattutto in un mondo dominato da un approccio neoliberale, sempre più distaccato dai bisogni reali e concreti delle persone comuni, si rende necessario valorizzare gli elementi essenziali del pensiero socialista, declinandoli nelle realtà locali, superando così l’asfissiante astrazione filosofico-politica che per anni ha caratterizzato il dibattito interno alla sinistra italiana. La sfida che il partito socialista deve affrontare in Italia non è di mera sopravvivenza, o di “vivacchiamento”, ma di resilienza e rifioritura. E ciò sta avvenendo, basti pensare alle ultime elezioni regionali in Sardegna e in Basilicata, o anche alle elezioni comunali svoltesi a Campobasso. Gli ultimi vent’anni hanno visto una costante degenerazione delle politiche pubbliche – europee, nazionali e locali – che, abbandonando i crismi dell’equità e del sostegno alle aree e ai soggetti più svantaggiati, hanno privilegiato una concentrazione delle risorse verso territori già sviluppati e dotati di un ampio patrimonio infrastrutturale, abbandonando a se stessi quei territori che di tale patrimonio risultano da troppo tempo sprovvisti. Se parliamo di socialismo parliamo di giustizia sociale ed equità, e quindi di redistribuzione della ricchezza. Bene, allora che si conduca, ad esempio, una battaglia politica di sinistra, quella vera, quella concreta, quella socialista, sul ripristino degli scaglioni Irpef, passati da cinque a quattro, durante il governo “dei migliori” targato Draghi, e da quattro a tre, con l’attuale governo Meloni. Anzi, più che di ripristino, che si ambisca ad un aumento degli scaglioni impositivi, solo così la ridistribuzione della ricchezza può realizzarsi e non essere strangolata. Non c’è equità nell’attuazione dell’autonomia differenziata con l’ormai legge dell’“unitario” Calderoli, perché non si possono prevedere i L.E.P. (Livelli Essenziali di Prestazioni) senza prevedere nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. E non c’è equità se il finanziamento delle attribuzioni delle funzioni alle regioni si fonda sul gettito di uno o più tributi erariali maturato nel territorio regionale. Alcune aree del nostro Paese un’autonomia differenziata la stanno masticando e vivendo amaramente ancor prima dell’entrata in vigore della Legge Calderoli; questo sarebbe solo il colpo di grazia. Si badi bene, non è la solita retorica del Sud Italia maltrattato dai tempi dell’unificazione d’Italia, nessun piagnisteo. Semmai, bisogna capire che non ci può essere gettito erariale che tenga, o più in generale, possibilità di crescita e competitività tra i territori se, ad esempio, vi sono ancora città capoluogo di regione che non godono di collegamenti ferroviari e di tratte autostradali. Come fanno questi territori a rendersi appetibili da parte di chi vorrebbe investire? Come si può creare sviluppo in un contesto geografico non raggiungibile via gomma o ferro? Emerge quindi la necessità di un nuovo soggetto politico a sinistra in cui il Psi, rinnovandosi come immagine e composizione, smarcandosi dai (non) mostri del passato e abbracciando una visione più contemporanea del socialismo, adeguata al nuovo contesto economico e politico internazionale, si riproponga come aggregatore e fulcro di una proposta politica riformista alternativa a quella della narrazione liberal-capitalistica. L’obiettivo è fornire una nuova linfa comunicativa all’interno del panorama partitico del centro-sinistra – superiamo il concetto di “campo largo”, siamo riformisti di sinistra e non badiamo al campo, semmai ai semi! – per dimostrare a quell’elettore smarrito che la realpolitik in Italia esiste ed esiste a sinistra. Lo sforzo di chi, da socialista, si impegna a livello locale è quello di declinare questi concetti di respiro nazionale in ambito territoriale. Sostenere lo sviluppo della città nella sua interezza deve essere il leitmotiv dell’impegno di ogni giovane socialista nelle istituzioni, con proposte che mirino alla diminuzione del gap in termini di sviluppo non solo economico, ma anche umano e sociale tra le aree della città. Equità di accesso ai servizi pubblici, a prescindere dalla capacità economica di ciascuno, su tutto il territorio cittadino, questo dev’essere il nostro motto. Forti del fatto che il grande popolo socialista si sta risvegliando, sia in Italia, sia in Europa.