di Giada Fazzalari
n un anno a Gaza sono stati uccisi quasi 50 mila civili, tra cui 11 mila bambini. Il bilancio più alto rispetto a qualsiasi conflitto degli ultimi venti anni, mentre dei 120 ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, non si hanno notizie. Il conflitto che si è allargato al Libano, dove si contano in pochi giorni migliaia di morti e di sfollati, è l’innesco tragico di una escalation che, probabilmente, produrrà in quel territorio un altro massacro. Il bilancio del disastro umanitario, da quel tragico 7 ottobre di un anno fa, è in quei numeri che lasciano annichiliti, che raccontano di sacchi bianchi messi in fila nelle fosse comuni, di ospedali bombardati, di giornalisti e medici uccisi. Il bilancio politico e diplomatico è impietoso. Qual è stata la reazione dell’Occidente? Nell’attesa, forse, di vedere chi siederà tra pochi mesi alla Casa Bianca? E la risposta dell’Europa, mentre un anno di guerra ha invaso la quotidianità di ognuno di noi? Confusa. Assente. E l’Onu? Umiliata, impotente, un luogo dove nessuno conta più davvero. Definita una “palude antisemita” da chi, come Nethanyahu, ha calpestato il diritto internazionale, è accusato di crimini contro l’umanità. Ad ottobre dell’anno scorso non è iniziato un conflitto. Ma una delle tappe drammatiche di una guerra che si è trascinata per oltre mezzo secolo e che non ha ancora trovato il suo sbocco definitivo, le cui conseguenze sono state di proporzioni straordinarie e che scuotono le coscienze di tutti. La discussione politica non si può risolvere in una eterna tifoseria da stadio, come è avvenuto in Italia. Serve una riflessione più profonda. La linea dei democratici e dei socialisti europei e italiani deve sempre tenere conto dei pilastri fondamentali su cui si fonda la nostra cultura politica: il perseguimento della pace attraverso il dialogo. Da qui, una esortazione: evitare di sconfinare in un dibattito che da un anno ha prodotto un antisemitismo di ritorno ed un anti-islamismo conclamato in tutto l’Occidente. Un dovere: il coraggio di schierarsi dalla parte delle libertà e dei diritti di autodeterminazione dei popoli. Il resto, è partigianeria di poco valore, che non porta nulla di buono.