Medicina, la battaglia contro i test d’ingresso per salvare la sanità pubblica

di Carlo Pecoraro

A chi è sfuggito il simpatico siparietto sulla “Viennetta” e sulla “grattachecca” messo in onda dal governatore della Campania, Vincenzo De Luca sui suoi canali social e diventati in breve virali, vale la pena andarlo a ripescare. Il buon umore, si sa, è sempre la prima medicina contro ogni male, come sostenevano gli antichi. Ma delle sue invettive contro i test d’ingresso a Medicina, non è vero nulla o quasi. Insomma per il Consorzio interuniversitario sistemi integrati per l’accesso, il famigerato Cisia, non vi sono quesiti “demenziali”. In effetti l’organismo scientifico universitario è da circa vent’anni che si occupa di realizzare ed erogare le prove di accesso ai corsi di laurea e ogni volta finisce nel mirino di chi vorrebbe una università open. Una polemica antica, quella sul numero chiuso, iniziata dall’introduzione di questo sistema agli inizi degli anni Novanta, e che De Luca definisce uno “scandalo nazionale”. E che mina alle fondamenta della sanità pubblica. In realtà a rispondere a chi è contro il numero chiuso, soprattutto a Medicina, è stato già nel 2021 l’ex Rettore dell’Università di Salerno, Raimondo Pasquino. Per il Magnifico, “in alcune facoltà, come Medicina, il numero chiuso e il test d’ingresso sono, purtroppo, una necessità. Ci si è resi conto che l’università, per garantire una formazione adeguata in alcuni insegnamenti, ha bisogno di avere numeri che siano compatibili con le potenzialità di strutture ed atenei”. Per Pasquino “il sistema non può essere aperto a tutti perché c’è un problema di numeri nella formazione. E, nel caso di Medicina, ad esempio, anche di specializzazioni. I numeri chiusi per certe università e future professioni sono necessari”. L’ex Rettore, che ha sempre dichiarato di essere “contro il numero chiuso”, spiegava in questo modo che è assolutamente necessario un maggiore investimento dei governi per consentire, soprattutto a determinate facoltà, di aumentare gli ingressi e offrire adeguati insegnamenti. E le criticità, proprio in medicina, le abbiamo toccate con mano durante il Covid. Mancavano medici nei pronto soccorso, tant’è che in Italia, una mano, l’hanno data i cubani con i loro professionisti. La questione era anche legata agli stipendi degli ospedalieri, troppo bassi, e ovviamente non commisurati ai turni massacranti costretti a fare durante l’emergenza. Di conseguenza, anche se colorita, la polemica innescata da De Luca ha un senso di prospettiva. Quella che al contrario non ha assolutamente questo Governo, che continua a tagliare fondi sulla sanità. Anzi, il ministro Orazio Schillaci, per il suo staff ha fatto il pieno di collaboratori pescandoli dall’Università di cui era rettore, Tor Vergata e il suo capo di gabinetto guadagna più di Mattarella. Tanto per intenderci. Ma ritorniamo al numero chiuso. Già nel 2018 si era aperto uno spiraglio. L’allora ministro Marco Bussetti, in un tweet parlò di “modalità di accesso” che andavano “riviste” e con il ministro alla Sanità, Giulia Grillo era stato chiesto “un aumento dei posti e un incremento delle borse di specializzazione”. In effetti proprio la Grillo sosteneva che i test d’ingresso non fossero “assolutamente meritocratici e quindi dobbiamo incidere su questo perché non è un criterio che seleziona i migliori per quella disciplina, ma semplicemente chi ha più memoria”. E non aveva tutti i torti. Certo, forse non c’è stata la domanda sull’inventore della “Viennetta” e nemmeno quella sulla “grattachecca”, ma nel 2018, ad esempio, è stato chiesto agli aspiranti medici quale fosse la carta costituzionale più antica attualmente in vigore. Nel 2017 invece si chiedeva di ricordare, parola per parola, il testo dell’articolo della Costituzione italiana nel quale sono citati i Patti Lateranensi, mentre le 2016 si domandava quando fu varato il piano Marshall.

All’attacco di De Luca il Cisia ha replicato che i test “non contengono domande di cui si legge su alcune testate, come: “Quale di queste parole non ha nulla in comune con le altre? Sfoggiare, depennare, castità, provare, cromare”. Il Cisia ha precisato che i quesiti vertono sugli argomenti elencati nei decreti ministeriali. Il tutto mentre il Governo continua a falcidiare la sanità pubblica favorendo l’avanzata di quella privata.

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