di Enzo Maraio
Negli ultimi trant’anni la politica ha usato in maniera distorta i principi di quella questione morale, che da un secolo tenta di definire i rapporti tra la politica e il bene comune. Dice bene Luciano Violante quando asserisce che oggi la “politica, che ha smarrito in questo momento la propria autonomia, diventa subalterna alle categorie del giuridico”. Da ex magistrato, Violante, conosce bene una regola di civiltà: si è innocenti fino al terzo grado di giudizio. E però, ancora oggi, quella distorsione non ancora sanata inghiottisce certa politica che confonde un principio rispettabile con un giustizialismo di ritorno, che alimenta la pancia dell’elettorato e non ne nutre il pensiero politico e la capacità di condurre delle scelte. E’ vero, come diceva Bettino Craxi nel luglio del ’92, che nella vita dei partiti molto spesso è difficile individuare, prevenire, tagliare aree infette, sia per la impossibilità oggettiva di un controllo adeguato, sia, talvolta, per l’esistenza ed il prevalere di logiche perverse. Ma questo non significa far prevalere il piano giuridico su quello politico. O peggio, sacrificare la politica sull’altare del giustizialismo becero. La “questione morale” è governata da principi più nobili di una superiorità morale tout court. e deve necessariamente passare attraverso un autentico rinnovamento della politica. Una classe dirigente rinnovata, insieme al coraggio di rendere i partiti autonomi e non schiavi delle lobby. E’ necessario, dunque, sollecitare un dibattito, serio e responsabile, che affronti senza infingimenti la questione del finanziamento ai partiti, vera garanzia per la vita democratica del paese. Sicuramente facendo tesoro degli errori passati ma aiutando la politica a uscire fuori da quel cul-de-sac in cui è cascata e che Craxi definì, profeticamente, avventurismo e degenerazione, riferendosi a quella politica che gli anni ‘90 ha attraversato l’Italia riducendo al lumicino l’interesse degli italiani per la politica e lasciando alla magistratura ampie praterie nelle quali, spesso, la garanzia individuale è stata violata e stracciata. La svolta, per la sinistra, è possibile se resisterà al fascino del populismo, abbandonerà il massimalismo giustizialista e soprattutto preferirà l’etica pubblica alla “morale”.