La propaganda prima delle regole

di Enzo Maraio

Siamo al paradosso. Il governo, in pieno delirio di onnipotenza, se non gradisce una norma la cambia, con l’arroganza di chi crede che vincere le elezioni dia il diritto di calpestare le regole. Questo il senso del consiglio dei Ministri riunito in gran fretta per rammendare la figuraccia internazionale della Meloni sulla vicenda Albania, che è di grandissimo rilievo, sia perché l’ansia propagandistica del Governo vale ingenti sprechi di denaro pubblico alla soglia di una manovra fatta di tagli, soprattutto su scuola e sanità; sia per l’aspetto istituzionale, altrettanto importante, se non di più. La destra sta affermando l’idea che tutto è possibile, forzando le regole nel disprezzo delle conseguenze. L’unico obiettivo è la propaganda, quale ne sia il costo. La questione albanese, a oggi, vale circa 800 milioni di euro che avrebbero avuto mille impieghi migliori, e crea un danno ancora più grave sul piano istituzionale, col conflitto scatenato tra poteri dello Stato. Il coro unanime di maggioranza, ministri e Presidente del Consiglio contro la magistratura ha un sapore eversivo e mette in grave difficoltà il Presidente della Repubblica, garante dell’equilibrio tra poteri. I socialisti, per non aver mai lesinato critiche alla magistratura, hanno le carte in regola per dire che i giudici non hanno fatto altro che applicare un diritto la cui fonte sovrasta i regolamenti, i decreti del governo e le stesse leggi. L’esternalizzazione della politica di asilo e dei rimpatri è una violazione del diritto europeo e internazionale, oltre che dello spirito della Costituzione. Questo è il contenuto del provvedimento del Tribunale di Roma che boccia l’accordo Italia-Albania, schiudendo scenari inediti e pericolosi. La valenza europea del tema è dimostrata dalla dura presa di posizione del Consiglio d’Europa: le critiche indebite verso l’autorità dei singoli giudici minano la stessa indipendenza della magistratura. Stesso stile sulla legge Varchi: Meloni e soci fanno della gestazione per altri un terreno di scontro ideologico. La pratica in Italia è già reato e proclamarla reato universale rientra nella dimensione del delirio di onnipotenza, arruolando medici in una battaglia ideologica e sbagliata, estranea alla loro missione. E calpestando la libertà di coscienza dei singoli, perché la missione dei medici è curare, non denunciare. Il disvalore morale di ogni forma di mercimonio non può essere forzato a negare scelte che appartengono alla coscienza di ognuno e alla solidarietà tra le persone: lo Stato etico non fa parte della nostra visione di società.

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