Intervista a Jebreal: «Urge una risposta politica al conflitto. Israele non cada nella trappola di Hamas»

Intervista di Giada Fazzalari

È da sempre una paladina dei diritti umani, che difende attraverso il suo lavoro di giornalista e scrittrice. Docente presso l’università di Miami, Rula Jebreal è palestinese nata ad Haifa, con cittadinanza israeliana ed italiana. Si professa musulmana laica. Nel corso dell’intervista rilasciata all’Avanti! della domenica, è un fiume in piena; un misto di passione e compassione e determinazione che accompagna il suo racconto, dove due punti fissi focalizzano il suo pensiero: “umanizzazione” e “centralità del diritto internazionale”. Sul riacuirsi della crisi israelo palestinese ha una posizione chiara, che sostiene la teoria di “due popoli in due stati”.

Chiariamo intanto una cosa: Hamas non è la Palestina. Qualcuno tende a considerare Autorità civili e militari un’unica cosa…

<<E’ una semplificazione terribile. Se prima di condannare le atrocità e i crimini di guerra, i massacri degli essere umani, se si chiede la nazionalità delle vittime e se il valore della vita umana ha un “peso” diverso se si tratta di bambini, donne e anziani israeliani o palestinesi, allora non ci si crede nella santità della vita umana. E si sacrificano i diritti umani e la legalità internazionale. E’ un ragionamento che fa chi ha sempre guardato ai palestinesi come esseri inferiori, come animali, come sono stati definiti dal Ministro della difesa israeliano che non si riferiva ad Hamas, ma a tutti i palestinesi. In questo modo non si fa che ripetere la logica dei terroristi cadendo nella loro trappola.>>

Insomma, possiamo dire che certi orrori sono da condannare, chiunque li abbia commessi? Anche quando si ha ragione?
<<Assolutamente sì. Quello che ha fatto Hamas è un atrocità ed è un crimine di guerra. Attenzione però: chiedere giustizia non vuol dire chiedere giustizialismo, sono due cose diverse. E questa richiesta arriva in primis dalle famiglie delle vittime israeliane, i cui bambini e genitori sono stati uccisi da Hamas. Bisogna ascoltare quelle voci, che pur nel loro dolore non rinunciano alla loro umanità, anche di fronte alle azioni barbare di Hamas. Anzi, proprio ora che le emozioni, il dolore e la paura sono fortissimi, in questo momento più che mai abbiamo il dovere di guardare a ciò che sta accadendo in maniera lucida e a una strategia che non può essere dettata degli estremisti.>>

Tu hai sostenuto che bisogna mettere in campo, per la risoluzione del conflitto, soluzioni politiche e non militari.
<<La soluzione politica al conflitto è l’unica possibile. Non lo dico io ma i dirigenti dei servizi segreti israeliani del Mossad, dello Schin Bet, dello Shabàk, o ex primi ministri come Ehud Olmert. Lo aveva detto Shimon Peres, l’ex primo ministro assassinato dagli estremisti coloni israeliani, Yitzhak Rabin. La dimostrazione del fallimento della dottrina militarista e della risposta militare come unica soluzione è nei fatti: cinque guerre a Gaza, 57 anni di occupazione militare perpetua dei territori palestinesi, molteplici guerre con il Libano, con il mondo arabo e una destabilizzazione del Medio Oriente. Questa è la conferma, ancora una volta, che la mancata risposta politica rende la causa palestinese ostaggio degli estremisti.>>

Una soluzione che sembra impraticabile…

<<Se l’unico futuro dei palestinesi sembra essere quello dell’occupazione militare, bombardamenti indiscriminati, morte , sottomissione o segregazione detenzione in una prigione a cielo aperto, in gabbie, dietro a muri, senza diritti, pensiamo davvero che questa condizione possa produrre un Nelson Mandela? È razionale pensare che togliere loro la sovranità, la dignità, la libertà possa produrre qualsiasi altra cosa che non sia disperazione, rabbia e radicalizzazione. Noi come analisti abbiamo l’obbligo di spiegare cosa sta succedendo, non per giustificare ma per comprendere come siamo arrivati a questo punto e quali sono le soluzioni.>>

Come?

<<Siamo arrivati a questo punto con la negazione totale dei diritti dei palestinesi ad essere liberi e a vivere in un loro Stato sovrano. Gli estremisti sfruttano questa disperazione. Se la risposta a come uscire da tutto questo è sterminare Gaza, allora si supporta il genocidio, la pulizia etnica in corso e si sta condannando l’intero Medio Oriente, dove abitano 400 milioni di persone, a una guerra perpetua. Che prima poi arriverà anche in Europa>>.

In che modo? Che rischi intravedi per l’Europa?

<<Milioni di cittadini che sono scesi in piazza in tutto il mondo chiedono una risposta umanitaria, diplomatica e politica. Il Ministro della Difesa Crosetto ha sostenuto che l’Egitto debba accogliere i rifugiati. L’Egitto è un Paese poverissimo dove vivono 100 milioni di abitanti; manca persino il cibo, come potrebbero accogliere un milione di persone? Se proprio si vuole aiutare Israele, allora dovrebbero mettere pressione per impedire una catastrofe umanitaria che produce milioni di rifugiati. Sono ipocriti coloro che fanno una politica contro i rifugiati e rifiutano di accoglierli in Europa; chiedono a paesi poveri come l’Egitto o la Giordania di aiutare Israele nella deportazione forzata, pulizia etnica dei palestinesi. Se non si ferma ora il piano di espulsione di un milione di palestinesi da Gaza, tra un anno il governo non dovrà lamentarsi se arrivano in Europa.>>

E la seconda?

<<C’è chi in Europa spinge già per una linea in cui si sostiene che le democrazie non funzionano e che la dittatura sia meglio della democrazia; lo abbiamo sentito ultimamente con la guerra in Ucraina. O altri che scrivono libri in cui si sostiene che gli omosessuali non siano normali. Esiste insomma un pensiero di estrema destra che rappresenta una minaccia all’idea di un continente europeo multietnico e multiculturale e questo potrà condurre a uno scontro violento in Europa che radicalizzerà terroristi come Anders Breivik o come Luca Traini e i jihadisti. E potrebbe radicalizzare sia l’estrema destra che gli islamisti, perché tutto questo è connesso. Noi lo dobbiamo impedire e spingere per avere una risposta legale e razionale, per non cadere nella trappola che lo scontro di civiltà che tanti evocano diventi realtà.>>

Parlavi del diritto di ognuno a vivere in due Stati sovrani e con una loro dignità e libertà. E’ ancora possibile “due popoli due stati”, quel processo di pace auspicato da Rabin e Arafat?

<<Non solo è possibile ma è doveroso. Se però la risposta dell’occidente è di sostenere Israele anche quando commette crimini di guerra o una vera e propria pulizia etnica, non solo non si garantirà la sicurezza agli israeliani ma si condannerà per sempre l’intera regione a trovarsi in uno stato perpetuo di guerra. “Due popoli – due Stati” è l’unica risposta concreta al terrorismo. Le uniche guerre, come in Iraq e in Afghanistan, sono fallite quando si è garantito ai popoli, come agli iracheni, di essere reintegrati nel loro Stato e di avere dignità e libertà, di porre fine alle persecuzioni. Solo allora Al Qaeda è stata sconfitta in Iraq. Dobbiamo imparare dagli errori della guerra al terrore ma anche dai successi per prevenire ed evitare di fare gli stessi errori che hanno fatto gli americani, ma soprattutto per evitare il costo altissimo che quella guerra degli americani in Afghanistan ha avuto, anche per l’Europa.>>

Come valuti la reazione al conflitto delle forze politiche democratiche?

<<Il silenzio di una parte della sinistra è inquietante, è un tradimento al progetto liberal-democratico dell’Europa. I veri amici di Israele, della democrazia israeliana, dovrebbero chiedere a Israele di non commettere crimini di guerra e mettere pressione per impedire che commettano massacri su larga scala>>.

Quando parli di silenzio, ti riferisci alla solidarietà che è stata data solo a Israele?
<<La solidarietà è giusta. Ma se insieme alla solidarietà non si chiede che qualsiasi risposta all’attacco sia ancorata al diritto internazionale, allora sarà soltanto una foglia di fico. Solo nei primi giorni del conflitto Israele ha sganciato 6000 bombe, sono stati uccisi 3 mila palestinesi e 700 bambini. I bombardamenti sono indiscriminati e anche sproporzionati, in una zona che viene considerata la più affollata al mondo, dove vivono 2,3 milioni di persone. Non ho visto la condanna da parte di tutti, o una netta presa di distanza sul fatto che a Gaza hanno tagliato la luce, l’acqua e usano il cibo come un’arma di guerra. Se condanni Putin, Hamas e stai zitto verso Israele, quando occupa militarmente i palestinesi, vuol dire che non credi nel diritto internazionale ma che usi il diritto internazionale quando ti serve. I doppi standard sulla legalità, moralità e i diritti dei popoli ad essere liberi, rende il diritto internazionale una farsa.>>

Tu sei palestinese, con cittadinanza israeliana. Cosa provi in questo momento?

<<Da persona che si impegna da sempre per l’affermazione dei diritti umani e i diritti civili, questo forse è il momento più doloroso per me, non soltanto per quello che ho visto del massacro che ha fatto Hamas contro gli israeliani o anche quello che stanno facendo gli israeliani ai civili palestinesi. Ma la cosa più dolorosa è quella di amici e colleghi che in questo momento stanno invocando lo sterminio dei palestinesi, portando avanti la narrazione che i palestinesi sono nazisti.>>

Cosa vuoi dire a quei colleghi?

<<Colleghi che per una vita hanno sostenuto che le democrazie vanno difese e che i diritti umani valgono, ora sostengono che i palestinesi, persone come me, vadano sterminati. Questo mi fa rendere conto che c’è un lavoro molto lungo ancora da fare su una questione principale che è l’umanizzazione. Invito questi colleghi e questi amici a riflettere, perché se decidiamo di sacrificare anche la nostra umanità, oltre al diritto internazionale, vincono i terroristi e perdiamo tutti noi. Invito tutti noi a non ripetere gli errori che sono stati fatti prima della guerra in Iraq.>>

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