di Andrea Follini
ra i moltissimi appuntamenti elettorali che questo 2024 ci riserva, l’attenzione del nostro Paese e quello dell’Unione europea intera non dovrebbe essere distolta da quanto sta succedendo in due liberi Stati a est dell’Europa, dove in gioco c’è molto di più di un rinnovo parlamentare o presidenziale, ma sono in campo i valori stessi di un’Unione pensata come soggetto capace di accogliere, in un contesto occidentale di libertà e democrazia, anche Paesi e popoli fino a pochi anni fa annichiliti da regimi totalitari. Ciò che sta succedendo, in Moldova come in Georgia, è un possibile momento di svolta importante. Nel Paese a prevalenza romena, racchiuso tra Romania ed Ucraina, si è votato il 20 ottobre; i cittadini moldavi sono stati chiamati al rinnovo del Presidente della Repubblica e ad esprimersi in un referendum costituzionale per sancire l’adesione all’Unione europea. La Presidente Maia Sandu, leader del partito filo europeo di Azione e Solidarietà, cercava la riconferma, ma dovrà attendere il 3 novembre, data del ballottaggio, per capire se potrà continuare sulla strada delle riforme e dell’avvicinamento all’Ue. Oppure se avrà la meglio Alexandr Stoianoglo, a capo del PSRM (Partidul Socialitilor din Republica Moldova) compagine filo russa e distante da posizioni occidentali, oggi maggior partito di opposizione. Per le consultazioni di ottobre non sono mancate le denunce di interferenze russe nel libero voto dei moldavi; con il solito rituale: voti comprati, specie nelle aree periferiche più degradate e povere, fake news diffuse ad arte, intimidazioni anche fisiche. Il referendum sull’Europa è passato, anche se con un margine minimale (50,25%) e del tutto inaspettato, in quanto ci si attendeva un più ampio sostegno delle politiche filo occidentali dell’attuale governo. La Moldova è Paese candidato all’ingresso nella Ue già dal giugno del 2022 e probabilmente un importante aiuto all’esito positivo del referendum è da attribuirsi al voto esercitato all’estero dai tanti emigrati moldavi in giro per l’Europa. Forse ancora più invadente è stata l’interferenza russa al voto in Georgia. Qui da tempo, specie i giovani, chiedono a gran voce che il Paese entri nell’Unione, e sostengono i candidati che propongono questo programma, anche con manifestazioni di piazza nelle quali le bandiere blu a dodici stelle si mescolano con quelle a fondo bianco con le cinque croci rosse della Georgia. Manifestazioni spesso disperse dalla polizia su ordine del governo. Il Paese è tra quelli già candidati all’ingresso nell’Unione, come deliberato dal Consiglio europeo nel dicembre del 2023. Le elezioni del 26 ottobre per il rinnovo del parlamento sono state vinte dal partito filo russo già al governo Sogno Georgiano con più del 54% dei consensi. Il risultato elettorale è stato subito contestato dalle forze di opposizione filo europee. In un messaggio sul social network Facebook il leader dell’opposizione ed ex presidente Mikheil Saakashvili, eroe della Rivoluzione delle Rose del 2003, ora in cura in una clinica penitenziaria, ha invitato gli eletti a disertare i lavori parlamentari finché non sia stata fatta chiarezza sull’esito reale del voto, ed i cittadini a manifestare in piazza il proprio dissenso. La presidente in carica Salome Zourabichvili ha sottolineato come tale esito elettorale possa definirsi figlio di una “operazione speciale russa”, parafrasando duramente il termine con il quale la Russia ha da sempre definito l’invasione dell’Ucraina. Segnalazioni su comportamenti scorretti nei seggi, con più schede elettorali distribuite alla stessa persona, o schede già votate e successivamente imbrattate per essere annullate, nonché soprattutto l’espulsione dai seggi degli osservatori internazionali, sono state segnalate dall’Ong Isfed (International Society for Fair Election and Democracy). Con il Paese che quindi rischia di cadere nel caos, alle proteste interne si sono unite le richieste occidentali di svolgere indagini accurate su quanto successo durante le elezioni per ridare al popolo georgiano la serenità che merita, in un clima pienamente democratico. Fuori dal coro, immancabilmente, il presidente ungherese Orban, che si è invece congratulato con il primo ministro Irakli Kobakhidze per il risultato ottenuto. Moldova e Georgia, per il ruolo che possono svolgere nello scacchiere europeo orientale e per i segnali preoccupanti che arrivano da questi Paesi circa l’infiltrazione russa, sono due realtà di cui si dovrebbe parlare di più; nazioni e popoli con fragili democrazie che rischiano di essere compromesse per interessi esterni agli stessi Paesi, sui quali dovrebbe soffermarsi maggiormente l’attenzione dei governi occidentali.