È stato presentato, presso la sala stampa della Camera dei Deputati, un emendamento alla Legge di Stabilità che mira a superare il precariato negli Enti Pubblici di Ricerca (EPR). L’emendamento depositato dai socialisti a prima firma del capogruppo PSI al Senato, Enrico Buemi, costituisce un tentativo di riallocare risorse essenziali alla creazione di condizioni sostenibili e dignitose di lavoro per le migliaia di lavoratori precari della Ricerca.
L’emendamento consente, infatti, di avviare le procedure di stabilizzazione previste dal decreto Madia. Oltre al Sen. Buemi sono intervenuti alla conferenza stampa Pia Locatelli, capogruppo del Psi alla Camera dei deputati e Oreste Pastorelli, deputato e Tesoriere nazionale del Psi. Era presente una delegazione del gruppo PU-CNR costituita da: Marco Girolami, Danilo Durante, Principia Dardano, Giovanna Occhilupo. Hanno preso parte alla conferenza stampa anche alcuni senatori che hanno firmato l’emendamento Buemi.
“Il settore della ricerca – ha affermato Buemi – è tra quelli che ha un fattore di precarietà preoccupante. Con questo emendamento si apre un percorso e si fa un primo passo, ma ha la sua fattibilità perchè utilizza risorse già a disposizione, per i ricercatori e tecnologi. Si tratta di circa 50mln di euro e, anche se l’aspettativa è molto più ampia, l’emendamento apre una strada con l’impegno di tutte le forze in Parlamento di proseguire il percorso avviato da noi se l’emendamento venisse approvato in Senato”. Pia Locatelli ha spiegato che l’emendamento consentirebbe “l’assunzione di 1000 ricercatori per il triennio. L’Italia spende per la ricerca solo l’1,5% del pil, ma l’obiettivo rimane il 3% del pil tra pubblico e privato. I socialisti hanno sempre sostenuto gli stanziamenti per la ricerca e i lavoratori precari. Non sono tra quelli – ha aggiunto Locatelli- che sostiene che non debba esserci ‘la fuga dei cervelli’. Ma sono dell’idea che ciascun ricercatore debba partire per andare all’estero e poi debba avere la libertà e la possibilità di tornare”.
“Ci siamo incontrati con una rappresentanza dei ricercatori precari nei giorni scorsi – spiega Pastorelli – e abbiamo tracciato un percorso da intraprendere. Loro non vogliono né favori né privilegi, vogliono solo lavorare con dignità e hanno tutto il diritto di farlo. Chi ha lavorato vent’anni, contribuendo in maniera concreta alla ricerca italiana, va difeso dalla politica. Il Paese ha bisogno di queste professionalità”.
Giovanna Occhilupo, del coordinamento precari, ha spiegato che “la precarietà della ricerca purtroppo è una piaga sociale che investe il quotidiano di ogni lavoratore. Ma è anche un problema di libertà di scelta. Ormai la ricerca si basa su fondi esterni e questo significa che deve rispondere a delle commesse esterne che, oltre a imporre tempi ristretti per i contratti, impongono vincoli alla libertà di ricerca scientifica”.
Anche Marco Girolami dello stesso coordinamento è intervenuto sottolineando che “questo emendamento può rappresentare una svolta per il superamento dell’annoso problema del precariato negli enti pubblici di ricerca. I precari, che rappresentano il 40% della forza lavoro negli EPR, aspettano risposte da più di dieci anni, ma nonostante questo continuano a tenere alto nel mondo il nome della ricerca italiana grazie soprattutto ai finanziamenti che riescono ad ottenere dall’Europa. I tempi sono maturi per una soluzione definitiva del problema, garantendo una programmazione a lungo termine, e rilanciando di fatto la ricerca come attività strategica per il Paese”.
L’emendamento, che è stato promosso e sostenuto dal segretario del PSI Nencini che ha avvitato lgli incontri e il dialogo con i ricervatori già da qualche mese, costituisce un fondo per l’attuazione nel triennio 2018-2020 del piano di superamento del precariato, introdotto dall’articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.75, negli enti pubblici di ricerca (EPR) vigilati dal MIUR. Il D. Lgs. 75/2017 prevede la possibilità di trasformare rapporti lavorativi a tempo determinato istituiti su fondi ordinari in contratti a tempo indeterminato, dunque senza oneri aggiuntivi per la spesa pubblica.
La situazione di stallo in cui versano molti EPR è alla base del precariato cronico che limita la capacità del Paese di poter rilanciare l’economia. Il precariato, non consentendo un’adeguata e strategica pianificazione a medio-lungo termine delle attività, rappresenta una barriera alla capacità di imporsi nel panorama sempre più competitivo della ricerca internazionale. Inoltre rappresenta una barriera allo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza, determinando un’emorragia degli investimenti italiani in ricerca verso altri Paesi Europei. Stabilizzare il personale precario consentirebbe di invertire questa tendenza, e di rilanciare il ruolo degli EPR come volano di sviluppo economico e sociale.