di Luca Fantò
Le famiglie italiane iniziano a prendere consapevolezza di ciò che sta accadendo all’istruzione pubblica. Il dimensionamento scolastico, infatti, non è solamente un susseguirsi di freddi numeri, ma l’immagine di una serie di istituti scolastici accorpati e con un ridotto numero di dirigenti e di addetti all’amministrazione. Certo, per ora non verranno chiuse le scuole, non diminuiranno le classi e non diminuirà neppure il numero di docenti (sempre più precari), ma è desolante il destino futuro della scuola statale. Si prevedono tagli per centinaia di dirigenti scolastici e capi segreteria in tutta Italia, quasi il 10% delle scuole sarà coinvolto. Le scuole non chiuderanno ma la loro gestione sarà resa più complessa, meno efficiente. Al netto dei ricorsi pendenti in diverse regioni, questo è quanto sta per accadere alla scuola italiana grazie al piano di dimensionamento scolastico del Governo Meloni. Il Ministro Valditara aveva detto e ripetuto che non ci sarebbero stati tagli e questa è la risposta dell’esecutivo di cui fa parte. Se è vero che per quest’anno non verranno tagliate le classi, è altrettanto vero che nelle scuole statali ci saranno Dirigenti e Segreterie che si troveranno costretti a gestire un numero quasi doppio di studenti. Migliaia di alunni verranno accorpati in quelle che verosimilmente saranno maxi-scuole, “corpaccioni” burocratici lenti e inefficienti, nonostante le capacità del personale amministrativo che da tempo si dibatte in una ormai strutturale mancanza di personale. È questo ciò che serve alla nostra scuola statale? Il calo demografico non avrebbe potuto essere l’occasione di rendere più efficiente il sistema invece di farne occasione di risparmio? Noi socialisti sottolineiamo da tempo come da un Governo di destra, per sua natura portato ad agevolare il “lassez-faire”, non ci si possa aspettare altro che un’azione volta a privilegiare la libera iniziativa, anche per ciò che riguarda l’istruzione pubblica. I fatti ci stanno dando ragione. A farne le spese sarà soprattutto il sud del Paese: Basilicata, Campania, Sardegna, Molise e Sicilia soprattutto, ma non solo. Anche in regioni come il Veneto o la Lombardia, l’allarme è alto. Intanto l’iter dell’autonomia regionalizzata va avanti e presto potremmo vedere l’unità culturale del Paese sfaldarsi, poiché privata di un unico sistema di istruzione. Nonostante le parole pronunciate dal Ministro Calderoli, che in Commissione Affari Costituzionali del Senato aveva dichiarato: “Avrei voluto essere nella testa di colui che pensò che le norme generali sull’istruzione avrebbero potuto essere trasferite in maniera esclusiva ad una Regione…”. Per noi socialisti, sulla scuola pubblica non si dovrebbe risparmiare, si dovrebbe investire. In questo senso va anche la petizione nazionale del PSI finalizzata a promuovere un impegno statale per rendere gratuiti i libri di testo per tutti gli alunni in obbligo scolastico.