di Alessandro Silvestri
Ci ha lasciati lunedì 27 gennaio, alla venerabile età di 98 anni, nella sua casa di Querceta, il giornalista e storico Giorgio Giannelli, uomo di altra era che fu molte cose, una più interessante e sorprendente dell’altra. Giovane partigiano si iscrisse al Psiup subito dopo la guerra per poi partecipare alla scissione di Palazzo Barberini, assieme alla pattuglia di Saragat, soprattutto per il suo legame con Matteo Matteotti, figlio di Giacomo, insofferenti entrambi verso il frontismo. Una prima gavetta nelle testate toscane, poi il grande salto a Roma, prima a “La Giustizia” e poi a “L’Avanti!” dove si occuperà di stampa parlamentare per quasi trent’anni. Oltre a collaborare con l’agenzia “Italia” e il quotidiano di Genova “Il Lavoro” diretto da Sandro Pertini. Alternava alla Versilia la sua casa di Roma in Campo de’ Fiori, dove ogni tanto l’andavo a trovare. Una fonte inesauribile di aneddoti sulla storia politica italiana del dopoguerra, specialmente sul dualismo tra i due partiti socialisti di allora. Sulla famosa chiamata di Kissinger nel suo staff negli Usa, mi confidò con candore che lo rimandarono indietro dall’Ambasciata americana, perché constatarono che non spiccicava una parola d’inglese. Oppure di quando l’allora segretario del Psdi Mauro Ferri, gli offrì la vicepresidenza della Rai, se fosse rientrato tra i socialdemocratici. Collaboratore di Angelica Balabanoff, partecipò alla stesura di “Lenin visto da vicino”. Assistendola personalmente e generosamente fino alla fine, fu da lei nominato erede testamentario assieme al presidente Saragat ed altri. Giannelli fu capo ufficio stampa di alcuni dei ministri socialisti del centro-sinistra come i toscani Mariotti e Pieraccini. Con Giacomo Mancini, ministro della sanità, realizzò la campagna della vaccinazione antipolio grazie alle sue indagini giornalistiche che avevano messo in luce la scarsa efficienza del precedente vaccino Salk. “Non appena Mancini ebbe gli esiti sull’efficacia del Sabin, ordinò immediatamente a Merloni 800 frigoriferi, arrivando in poche settimane al traguardo dei 7 milioni di bambini vaccinati”. Con il nuovo corso craxiano non si intese molto, pur apprezzando da buon antifascista e anticomunista, le battaglie di modernizzazione del partito e dei suoi riferimenti ideali. E così raggiunta l’età idonea alla pensione, preferì ritirarsi dalla scena, prediligendo le attività culturali, non senza mancare di far parte del consiglio comunale del Forte. Nel 2023 il presidente Mattarella lo nominò Cavaliere al merito della Repubblica, onorificenza senza dubbio, ampiamente meritata. La redazione dell’Avanti! gli porge un doveroso saluto e si unisce al cordoglio dei suoi cari.