di Giada Fazzalari
A volte accade che alla povertà che dilaga, si preferisca dedicare le prime pagine dei giornali al gossip di casa Meloni. Mentre impazzava su tutti i media il caso dei fuori onda di Giambruno, usciva, impietosa, l’indagine sulla condizione di vita in Europa nel 2022, pubblicata da Eurostat. Una rappresentazione della povertà in Italia che si intreccia con il drammatico rischio di esclusione sociale. Due famiglie su tre sono a rischio povertà: il 63%. Non è più felice la situazione se viene letta singolarmente, non aggregata nel contesto familiare, con il 25% degli italiani tra i 18 ed i 64 anni, nel pieno dell’età lavorativa, a rischio povertà contro il 20,2% della media europea. Una condizione che ci pone tra i Paesi peggiori in Europa (dopo di noi solo Bulgaria e Grecia). Sono sempre di più le persone che si mettono in coda alle mense organizzate da parrocchie e volontari, o per ricevere un pacco alimentare, perché spesso non riescono, pur lavorando, a mettere insieme il pranzo con la cena. Rispetto a questa grave situazione non si vedono incisivi provvedimenti indirizzati a cambiare rotta. Anzi, si fa sempre più salato il costo sociale della legge di Bilancio, che taglia con l’accetta la sanità (due milioni e mezzo di italiani rinunciano a curarsi), l’istruzione, il welfare, mentre alza le tasse sugli assorbenti per le donne e i prodotti per l’infanzia (alla faccia degli aiuti per le famiglie!). Una vera e propria emergenza sociale, che acuisce le diseguaglianze e che coinvolge un esercito di persone invisibili al mondo, alla politica, alla società. Una condizione inaccettabile cui la sinistra, tutta, dovrebbe opporsi con meno slogan vuoti e con più convinzione. Che sinistra è se non si batte, ogni giorno, per vedere migliorate le condizioni delle persone più fragili?