di Antonio Tedesco
Il 30 maggio 1944, 80 anni fa, il trentacinquenne Eugenio Colorni morì in ospedale per le ferite riportate in seguito all’assalto della banda Koch nei pressi di piazza Bologna a Roma. Colorni fu socialista, partigiano, caporedattore dell’Avanti! clandestino e creatore nel 1941, durante il confino di Ventotene con Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, del preveggente manifesto “Per un’Europa libera e unita”, redatto mentre Hitler stava ancora conquistando il continente con le proprie armate. Nel 1941 Colorni, Spinelli e Rossi scrissero parole valide ancora oggi: “La sconfitta della Germania non porterebbe automaticamente al riordinamento dell’Europa secondo il nostro ideale di civiltà. Le forze reazionarie e conservatrici hanno uomini e quadri abili e adusati al comando, che si batteranno accanitamente per conservare la loro supremazia. Si proclameranno amanti della pace, della libertà, del benessere generale delle classi più povere. Il punto sul quale cercheranno di far leva sarà la restaurazione dello Stato nazionale. Se raggiungessero questo scopo avrebbero vinto. Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in Stati nazionali sovrani”. Il nuovo libro di Antonio Tedesco ‘Morire per l’Europa. Storie di lotte e di liberta” (Arcadia Edizioni) è stato presentato nella sede della Uil. Afferma Claudio Martelli: “Eugenio Colorni è stato il vero ispiratore del manifesto di Ventotene. Lui è socialista, filosofo, milanese, influenzato dalla cultura ebraica e mazziniana. Scrive la prefazione al manifesto sul modello degli Stati Uniti d’Europa. Il suo primo punto è la costruzione di un esercito europeo. Oggi è troppo poco ipotizzare solamente una forza europea di pronto intervento di appena 5mila uomini”. E prosegue: “Abbiamo fatto la moneta unica. Ora dobbiamo fare la difesa e la politica estera comune. Serve un esercito europeo. Se si viene attaccati, bisogna reagire con aggressività. Il disarmo unilaterale è una scempiaggine. Ti consegni alla sudditanza. Non si può manifestare per Gaza e contemporaneamente ignorare l’Ucraina”. L’ex vicepremier critica Gramsci e il suo ‘odio per gli indifferenti’: “Tra un indifferente e un fascista, preferisco l’indifferente. Non tutte le fedi e le passioni sono nobili”. Tedesco, nel suo libro, parla di cinque europeisti italiani degli anni Trenta: Eugenio Colorni, Giorgio Braccialarghe, Libero Battistelli, Mario Pistocchi e Marcello Pasquale. Colorni e Battistelli hanno sacrificato la loro vita per l’ideale. Pistocchi tradirà la causa cadendo nelle maglie dell’Ovra. Pasquale, capitano dell’Esercito, fondò l’associazione sovversiva ‘Europa’. Braccialarghe diventerà un leader della Resistenza romana e del Movimento Federalista Europeo. “Con questo libro – afferma Antonio Tedesco – voglio far rivivere persone della cultura socialista, repubblicana, europeista, cadute nel dimenticatoio. L’Europa ha garantito 75 anni di pace e l’Erasmus è l’esempio più bello di ciò che questi uomini hanno prodotto. Il libro vuole essere un contributo per arginare i nazionalismi, che sono all’origine di guerre e imperialismi. Ricordare gli 80 anni della morte di Colorni è anche un modo di arginare le ventate sovraniste”. Colorni non è uno qualunque. Negli anni Trenta i big sono all’estero, lui guida in Italia il Centro Socialista Interno, in una lotta continua contro spie e fascisti. Il suo nome di battaglia è ‘Angelo’. Dopo Ventotene, viene mandato al confino in Basilicata. Scappa e si dedica alla lotta clandestina e partigiana a Roma. Scrive, ma smista anche armi. Il 25 luglio 1943 la notizia della caduta di Mussolini viene accolta da gran parte degli antifascisti nelle località di confino o in qualche prigione, Colorni, che si trova a Roma, raggiunge piazza Venezia, improvvisa un comizio e cerca di spingere la folla a impossessarsi del palazzo del Capo del Governo, per impedire che vengano trafugati documenti. E’ il primo a salire sul balcone di piazza Venezia per issare una piccola bandiera tricolore. La vita di Colorni a Roma è piena di riunioni clandestine per ricreare il Psiup e di residenze diverse per dormire senza essere catturato. Assume la direzione militare della Resistenza nei quartieri Flaminio, Parioli, Savoia, Nomentano, Val Melaina, Montesacro, Pietralata, Settecamini, Quadraro, Torpignattara, Centocelle, Quarticciolo, Giordani e Pigneto. Pertini, che aveva conosciuto Colorni a Ventotene, lo ricorda come “un uomo dal cuore purissimo”. “Una notte – disse Pertini – mi confessò che il problema della paura fisica era per lui acutissimo. Ciò non gli impedì di fare fino in fondo il suo dovere. Un giorno, a Colle Oppio, gli consegnai un pacco con della dinamite. Gli dissi di che si trattava e quello che rischiava. Colorni aveva paura, si capiva perfettamente. Prese il pacco, senza un attimo di esitazione, e si allontanò. Ultimò l’azione perfettamente”. Radio Londra il 23 giugno 1944 da’ così la notizia della sua morte con la voce emozionata di Paolo Treves: “L’hanno ucciso sulla breccia, mentre si recava a una riunione clandestina per l’arruolamento dei patrioti della brigata Matteotti. E’ morto senza dir parola, per non tradire i compagni. Con lui l’Italia perde un giovane di eccezionale valore. Noi, i suoi amici, perdiamo un fratello insostituibile”. Pietro Nenni ricorda gli incontri con Colorni a Parigi e in Svizzera, quando era responsabile del Centro Socialista Interno: “Meritava più di noi tutti di sopravvivere, perchè portava in se’ delle qualità intellettuali e morali che avrebbero fatto di lui uno dei grandi capi della nuova Italia, uno dei capi della classe lavoratrice. Eugenio Colorni affermava che nella battaglia politica bisogna sempre puntare sul massimo, poichè se il compromesso si delinea sin dal punto di partenza allora la politica diviene un basso intrigo. Se per noi socialisti la fede nell’ideale si chiamerà Colorni allora faremo un grande partito per la grande causa di un grande Paese”. Questo l’ultimo scritto di Colorni prima di morire: “Vincere la morte mediante il fare. Non dare ne’ ricevere, ma fare. Questo è un mio imprescindibile bisogno senza aver soddisfatto il quale non potrei avere la calma necessaria per tranquillamente ricevere. E per fare intendo creare qualcosa che stia da se’, e che sia però allo stesso tempo un prolungamento di me, che mi appartenga, in cui mi riconosca, ma che non abbia bisogno della mia presenza per continuare a esistere”. I fascisti seppellirono Eugenio Colorni in una fossa comune al Verano il 5 giugno 1944.