Bipolarismo, topolini e pappagalli

di Nautilus

Evviva Giorgia contro Elly! Evviva Elly contro Giorgia! I nostri media sono prevedibilissimi: hanno le stesse reazioni sperimentate una novantina d’anni fa dal fisiologo russo Ivan Petrovic Pavlov. Dopo aver costretto alcuni topolini agli stessi tragitti e notando che alla fine, davanti al medesimo input, reagivano allo stesso modo, Pavlov ne dedusse la teoria del riflesso condizionato. Anche noi abbiamo i nostri topolini, anzi i nostri pappagallini: non appena la presidente del Consiglio ha inserito in una sua dichiarazione la parola “bipolarismo”, sono partiti tutti a raffica: viva il ritorno del bipolarismo, viva la super-sfida delle due donne, una contro l’altra “armate”. Meloni è ben felice di accreditare un dualismo, che immagina le sia conveniente, dispensando persino un mezzo complimento a Schlein e subito i media di destra (e anche gli opinionisti formalmente indipendenti ma nella sostanza “fiancheggiatori”), hanno ripetuto: bel successo di Schlein, assieme a quello di Elly. Ma trasferendoci dai media ai leader cambia la forma, non la sostanza. Dice la segretaria del Pd: “Cara Giorgia, stiamo arrivando”, alludendo al distacco, che si è accorciato, tra i voti di lista a Fratelli d’Italia e quelli al Pd. Come se contasse davvero qualcosa che il partito di Meloni, avanzando rispetto alle Politiche, sia inseguito a minor distanza di prima dal Pd. Logiche da primissima Repubblica. Quando il Pci inseguì per decenni il miraggio del sorpasso sulla Dc, una volta riuscì nell’impresa (guarda caso in occasione di “inutili” elezioni Europee) ma ovviamente non accadde nulla. Perché il Pci non aveva la capacità di raccogliere attorno a sé una coalizione degna di questo nome. Ma sempre lì siamo. Alle Politiche del 2022, Pd più Rosso-Verdi arrivavano al 22,6, oggi sono saliti al 30,8 con una campagna elettorale “arrabbiata”. Oggi il cuore del centro-sinistra ha un ventricolo più grande dell’altro: quello che pulsa a sinistra. E saranno sempre più radicalizzati i Cinque stelle, che per non scomparire verso l’irrilevanza, torneranno alle origini populiste. Ma con questo passo, il centro-sinistra guarderà a lungo gli avversari continuare a vincere ogni elezione. Il polo di centro-sinistra, come dimostra la storia, diventa competitivo se si dota di contenuti radicali e riformatori ma realizzabili, toccabili, non demagogici. Romano Prodi lo ha spiegato nei giorni scorsi: sino ad oggi il governo ha marciato perché è mancata un’alternativa credibile. Ma per diventarlo, l’opposizione si deve dotare di una cultura di governo. Un consiglio che non viene da uno dei tanti chiacchieroni della scena pubblica, ma dall’unico che sia stato capace di guidare due coalizioni che hanno battuto il centro-destra.

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