di Lorenzo Cinquepalmi
Ogni stagione della geopolitica internazionale si regge su un suo equilibrio, che dura finché un mutamento delle condizioni generali propizia un cambiamento di sistema. Il più delle volte, le condizioni generali mutano per effetto di un evento traumatico, come le grandi guerre mondiali, ma qualche volte il rivolgimento è più strisciante e nasce da un indebolimento intrinseco dei pilastri su cui, a posteriori, ci si rende conto che era fondato il mondo di ieri. La presidenza Trump sta vigorosamente spartendo il mondo di ieri da quello di domani, non più costruito su equilibri garantiti dal ruolo della nazione che è stata per decenni, dalla fine della seconda guerra mondiale, la prima potenza del mondo. Trump sarà probabilmente la causa di molti dei cambiamenti a cui assisteremo nei prossimi anni, ma senza dubbio egli è al tempo stesso l’effetto di una stagione di declino dell’occidente come era nato dalla sconfitta delle dittature nazifasciste di Berlino, Tokyo e Roma. La progressiva riduzione, fino quasi all’azzeramento, del gap economico e tecnologico tra Usa e Cina è in corso da un ventennio; la perdita di vigore ideale delle democrazie occidentali è cominciata anche prima e, adesso, è di un’evidenza assoluta. L’ondata reazionaria, della peggiore destra revanchista e populista, si acconcia a travolgere l’Europa, e Trump sorride a questo scenario da cui sembra poter ricavare la libertà, per la sua idea di America, di giocare una partita in cui l’Europa stessa sia marginale e irrilevante. Con una spregiudicatezza che sembra importata direttamente da un secolo fa, quella da cui scaturirono il patto Ribbentrop-Molotov, la conferenza di Monaco, e tutte le altre nefandezze degli anni trenta del novecento, cambia repentinamente appoggi e tradisce impegni, sostenendo Putin e poi ammiccando a Zelensky, mentre passa dall’incondizionato appoggio a Netanyahu alle tresche con le monarchie del golfo favorevoli al definitivo riconoscimento internazionale dello Stato palestinese: non sarà sfuggito il balon d’essai della notizia falsa di un riconoscimento unilaterale dello Stato palestinese da parte dell’amministrazione Trump, la stessa che nel 2017 aveva, altrettanto unilateralmente, riconosciuto Gerusalemme capitale d’Israele. In tutto questo c’è un gigante addormentato, dal cui risveglio dipende, probabilmente, il tasso di libertà e di benessere di cui godranno, nei prossimi decenni, le masse mondiali: l’Europa.