di Stefano Amoroso
La politica è l’arte del possibile, come sappiamo, fino a lambire l’impossibile. Alle volte riesce addirittura a rendere possibile ciò che fino ad un attimo prima era impossibile. La recente, schiacciante e per molti versi inattesa, vittoria di Zohran Mamdani alle primarie per nominare il candidato del Partito Democratico alla carica di sindaco di New York, appartiene di diritto alla categoria degli avvenimenti politici che sembravano impossibili fino ad un attimo prima di diventare reali. Perché Zohran è nato in Uganda da genitori indiani e poi si è trasferito con tutta la famiglia dapprima in Sudafrica, e poi negli Stati Uniti, dove è arrivato all’età di sette anni. Ma questo non è tutto: Zohran, ex rapper e giovane dai modi schietti, è musulmano come il padre. E non si tratta di un islamico qualsiasi: è di confessione sciita duodecimana, vale a dire la corrente prevalente dello sciismo, quella diffusa in Iran, per intenderci. Tuttavia, il vero elemento dirompente non sta nelle sue origini, né nella sua religione, né nelle sue attività musicali: la Grande Mela è un crogiuolo di razze, incroci, sperimentazioni ed ha un’innata tendenza ad innovare. Quindi un candidato sindaco di origine africana, di etnia indiana e di religione sciita ci può stare: è molto newyorkese nello spirito. Però Zohran è anche socialista. Non solo come ispirazione politica, ma proprio nei fatti: Mamdani è iscritto alla componente dei “Democratic socialists of America”, di cui fanno parte anche Bernie Sanders, il senatore del Vermont, sia l’astro nascente del partito dell’asinello, ovvero Alexandria Ocasio- Cortez. I quali, infatti, gli hanno dato la loro benedizione politica che, nell’America di oggi, pesa. Mamdani, consigliere municipale del distretto di Astoria, pur partendo in sordina è pian piano cresciuto in campagna elettorale, grazie a centinaia di micro-finanziamenti e ad una rete capillarmente diffusa di sostenitori su tutto il territorio newyorkese, dopo aver battuto tutti gli altri sfidanti, è arrivato al voto decisivo contro l’ex governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo, erede di una famiglia politica potente ed influente in ambito locale e non solo. E nel voto decisivo ha trionfato con 12 punti di vantaggio, vincendo 56 a 44. Sarà dunque il socialista Zohran Mamdani a sfidare il sindaco uscente, Adams, il candidato repubblicano, ed una sfilza di candidati indipendenti, tra cui potrebbe ritrovare anche un indomito Cuomo, sconfitto alle primarie dei Democratici ma convinto di poter giocare le sue carte in un confronto aperto. Il 4 novembre prossimo i newyorchesi saranno chiamati a scegliere il loro futuro sindaco, e sicuramente prima di allora accadranno molte cose. Il successo di Mamdani alle primarie democratiche nella più grande ed iconica città degli Stati Uniti, tuttavia, ha già aperto il dibattito nel mondo politico americano e non solo. Trump, ovviamente, è spaventato da un candidato che vince cavalcando i suoi stessi cavalli di battaglia (elevata inflazione, criminalità alle stelle, disoccupazione e, in generale, disorientamento del ceto medio) ma lo fa proponendo ricette radicalmente diverse da quelle del tycoon newyorchese. Per esempio, Mandani propone di aumentare l’aliquota fiscale municipale per le imprese, attualmente al 7,2%, portandola vicina a quella del confinante New Jersey, che è all’11,3%. Grazie a questo, e ad altri aumenti di tasse ed imposte comunali, il candidato socialista alla carica di sindaco della Grande Mela vorrebbe finanziare posti negli asili nido comunali, la creazione di abitazioni a costo calmierato, soprattutto per le giovani coppie ed i lavoratori a basso reddito, e sogna di creare una catena di supermercati comunali per combattere il carovita. Si tratta di proposte di buon senso, dunque, niente affatto radicali, e che si possono iscrivere pienamente alla tradizione e prassi socialista democratica. Siamo agli antipodi delle ricette repubblicane e trumpiane di feroci tagli alla spesa pubblica, che spesso vanno ad intaccare anche quella sociale e sanitaria, diminuzione delle imposte per i ceti medio alti e, per fronteggiare la criminalità, rafforzamento della repressione. È evidente che, dal punto di vista di Trump, Mamdani non è nient’altro che un pazzo visionario e, peggio ancora, un pericoloso comunista. Nella realtà, invece, le ricette di buon senso del candidato nato in Uganda potrebbero contribuire a rendere più vivibile una città come New York, dove le abitazioni hanno prezzi proibitivi (siamo arrivati ormai ad una media di 13 mila euro per metro quadro, quando in Italia ci scandalizziamo per i prezzi di Milano, che sono intorno a 5 mila euro a metro quadrato) ed il costo della vita rende impraticabile stabilirvisi, specie per i single e le giovani coppie con figli. Per le scelte dei newyorchesi c’è tempo. Intanto, in America, è scoppiata la Mamdani-mania.