di Andrea Follini
Ci risiamo. Erano effettivamente passati già diversi giorni senza che nel vasto mondo dell’opposizione a questo governo di destra-destra, non si alzasse un segnale di divergenza. Un “sì, però…” che serve solo a far imbestialire ulteriormente il popolo dell’alternativa, quello che ha capito bene dove ci sta portando questo governo conservatore e che vorrebbe che, finalmente, si mettesse un punto a queste differenziazioni infantile e si mettesse invece in campo una politica dove la parola “serietà” abbia ancora un senso. Non era passato un minuto da quando Partito Democratico, Movimento Cinque stelle, Alleanza Verdi e Sinistra e Psi annunciavano la manifestazione del 7 giugno a Roma che Renzi e Calenda, in piena reunion che neanche i Pooh dei tempi migliori, fissavano a Milano una seconda manifestazione. «Non era chiaro se nella manifestazione di sabato 7 ci fosse un attacco chiaro e diretto ad Hamas – le motivazioni addotte da Calenda per giustificare questa ennesima distinzione -. Vogliamo ricordare che ciò che accade a Gaza vede un altro attore che è Hamas – spiega il fondatore di Azione in un’intervista ad Avvenire – che usa i palestinesi come scudi umani, sequestra gli aiuti umanitari ed è altrettanto responsabile della più grossa crisi umanitaria da molti anni a questa parte». Grazie, non ce n’eravamo mica accorti. Su queste sfumature si basa l’incapacità di fare quadrato; neanche di fronte ad una tragedia di queste proporzioni si riesce a mettere da parte la voglia di marcare, con personalismi e in punta di fioretto, le differenze. E allora via a questi due momenti, alla distanza di cinquecent’ottanta chilometri e di un giorno. Con esponenti di questo e quel partito che non mancheranno di fare la spola, avendo annunciato che, per non sbagliare, parteciperanno ad entrambe: fior fiore di democratici “moderati”, centristi della second’ora, chi si aggrapperà a quei distinguo. Concordia discors, scriveva Orazio: punti di vista diversi ma che, messi insieme, portano ad un obiettivo comune e positivo. Chissà che i nostri abbiano almeno letto le Epistole. La speranza è che entrambe le piazze chiedano almeno al governo di muoversi, di fare qualcosa, con cortese urgenza; perché intanto la gente a Gaza muore, ed intanto una cinquantina di israeliani sono ancora nelle mani di Hamas, in una Striscia già rasa al suolo. Nel silenzio di Meoni & Co., con finte prese di posizione, incapaci di prendere una linea chiara e non servile. A Gaza si muore di fame e anche mentre si è alla ricerca del pane; si muore bruciati in ciò che resta delle scuole, e anche nei campi profughi. A Gaza non entra più cibo, se non sotto la scorta armata ed inutile dei contractor americani, ma neanche medicinali e materiale sanitario. Tra un po’ salteranno (letteralmente) gli ultimi presidi sanitari. Del resto questo è il disegno del governo Netanyahu: annientare. Una delle migliori intelligence del mondo, capace di far saltare in aria singoli capi di Hamas attraverso un detonatore installato sui loro telefonini, localizzandoli al centimetro, ha la necessità di far radere al suolo 365 chilometri quadrati e sterminare una popolazione per rintracciare una cinquantina di persone? È la stessa spiegazione che, da mesi, chiedono, in patria e all’estero, migliaia di cittadini israeliani, imputando al governo di destra di Tel Aviv una voluta inconcludenza nella liberazione degli ostaggi. Si sono susseguite manifestazioni, anche sotto casa del premier israeliano, per chiedere una linea diversa. Nel mondo non si contano più le proteste contro queste azioni. Ebrei in ogni dove nel mondo, chiedono ad Israele di smetterla. Ora uno straccio di pace sembra essere possibile; gli accordi con la mediazione dei Paesi arabi sembrano aver sortito qualche effetto positivo. Ma è una speranza che si era accesa già altre volte in questo anno e mezzo di conflitto. Di fronte alla precarietà di tutto questo ed alla disperazione di un intero popolo, la misura dei “distinguo” appare ancora più ridicola.