Trump e Musk: la parabola cupa dei plutocrati

di Lorenzo Cinquepalmi

Nel fenomeno dei grandi capitalisti in politica, c’è qualcosa di rappresentativo della contemporaneità, di intimamente connesso con la piega che la nostra società ha preso dalla fine della Guerra Fredda. Non c’è nulla di nuovo nel ruolo del denaro nella geopolitica e negli equilibri sociali interni degli Stati, solo che, fino al crollo sovietico, le grandi quantità di soldi erano, insieme alla forza militare, al controllo della scienza, al monopolio della legge, uno degli strumenti di governo della realtà, interna agli Stati e internazionale. Poi, la fine dell’equilibrio generato dall’esistenza di una grande potenza impenetrabile alle logiche capitalistiche, ha spalancato spazi pressoché infiniti alle possibilità di accumulazione del denaro e al suo impiego come strumento di un potere esercitato nel modo di sempre, ma con finalità diverse, ovvero l’ulteriore smisurata accumulazione e concentrazione della ricchezza privata, ovviamente possibile solo con l’ingresso dei grandi capitalisti nella “stanza dei bottoni”, come noi italiani abbiamo sperimentato direttamente dal 1994. Così è successo con gli oligarchi russi, e così anche con i plutocrati occidentali, e cioè con Trump: uno che conquista la presidenza degli Stati Uniti d’America, la perde, e dopo quattro anni la riconquista in un asse con uno come lui, un certo Musk, sul cui conto ci sarà ancora parecchio da dire. Trump è uno che sicuramente si è dato alla politica per non perdere e, anzi, incrementare la sua ricchezza. Un palazzinaro, come in fondo era Berlusconi. Musk invece ha una predilezione per i settori tecnologici e strategici, dall’energia alla mobilità, dallo spazio al controllo delle comunicazioni e delle informazioni, con tutte le implicazioni militari e di sicurezza. Ecco perché l’inedito asse Trump – Musk, inatteso e inusitato al suo palesarsi, altrettanto repentinamente si è disfatto. Il plutocrate che aveva flirtato coi democratici nel momento della loro solidità politica, per poi proporsi al Trump del secondo assalto alla Casa Bianca contribuendo in modo determinante alla sua nuova elezione, per poi entrare nella sua amministrazione, dopo poche settimane in cui ha giocato col nuovo presidente a mandare le borse sulle montagne russe, ha capito che lo spazio da occupare per arrivare al potere vero era rappresentato dalla nuova “tecnodestra”, il partito potenziale degli oligarchi della tecnologia capaci non solo di accumulare ricchezze siderali ma anche di impossessarsi di snodi essenziali per il sistema economico e politico occidentale. Trump non ha e non può avere un ruolo in questa tecnodestra, perché non ha moneta da spendere a quel tavolo, e così l’effimero asse con Musk, nato e strumentalmente morto, si è rivelato per quello che era: la partecipazione a una prova generale del vero cimento, quello in cui gli oligarchi della tecnologia muoveranno alla conquista della sedia occupata da Trump, il cui livello di pericolosità per la libertà e la democrazia è assai meno intenso di quello rappresentato dal padrone di Starlink e SpaceX e dai suoi sodali. Pericoli, in ogni caso, concretizzati dalla progressiva e massiccia inibizione degli anticorpi naturali della società occidentale. Il voto politico, ecco il terreno su cui si gioca la partita, perché, almeno ancora per una volta, il potere si conquista vincendo delle elezioni in cui i cittadini, anche se sempre meno, vanno a votare, in America come in Europa. E per quanto avere in mano social e media e disporre di budget illimitati sia importante, per convincere chi ancora vota a sceglierti ci vuole un feticcio, un sogno, una bandiera. Trump se la è inventata: “Make America great again”. Cosa sceglieranno Musk e la tecnodestra? Chi si schiererà con loro in Europa? Ma soprattutto: se c’è ancora una politica, in Occidente, che crede nella democrazia e nella libertà, e le vuole difendere, che bandiera saprà alzare, e quali leader saprà schierare, contro questi mostri? Le due grandi tradizioni politiche europee, il popolarismo e il socialismo, sono chiamate a un cimento simile a quello di un secolo fa. Allora non seppero impedire l’affermazione di dittature sanguinarie; oggi sapranno fermare il leviatano prima che si scateni nuovamente?

 

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