Sigonella, l’impresa che “spiega” Craxi: la politica è determinare il proprio destino

di Fabio Martini

Quarant’anni fa e quarant’anni dopo, Sigonella trasmette esattamente lo stesso messaggio ed è già una sorta di prodigio per una politica rissosa come la nostra. Nell’autunno del 1985 fu subito evidente che il coraggio dimostrato dal governo Craxi nei confronti dell’alleato americano non aveva precedenti nella storia della Repubblica e col trascorrere dei decenni quello resta l’unico evento sul quale destra e sinistra hanno finito per esprimere un giudizio convergente. E tuttavia si tende sempre ad espungere Sigonella dal resto della storia politica di Craxi, come fosse una felice eccezione. Ma non è così. Per capire perché, vale la pena ripartire da un frammento quasi sconosciuto. Di quella vicenda si conoscono i passaggi essenziali – il piratesco dirottamento in volo da parte della Delta Force dell’aereo con i terroristi, l’accerchiamento disposto da Craxi delle teste di cuio americane, la “resa” Usa a Sigonella – ma poi quando si trattò di ricucire con gli americani, Craxi lo fece con un’alzata di testa che dice tutto. A Roma era già arrivato il numero due del Dipartimento di Stato con una lettera: “Dear Bettino”. Ma, in vista di un incontro con Reagan all’Onu, Craxi volle ricucire senza cedimenti. I diplomatici della Farnesina avevano preparato una bozza per una dichiarazione congiunta Italia-Usa, che venne portata da Acquaviva a Craxi nella sala del Consiglio di Gabinetto mentre era in corso una riunione di ministri di tutti i partiti. Appena Acquaviva gli si avvicinò, il presidente del Consiglio si arrabbiò, quando lesse che sul frontespizio del dossier campeggiava la dizione canonica, che dichiarava il testo “coperto da segreto”. Parlando rumorosamente, in modo che tutti sentissero, disse che lui non avrebbe accettato mai di inserire nella dichiarazione formule di rincrescimento da parte italiana. E mentre pronunciava queste parole, ecco il racconto che ne hanno fatto Gennaro Acquaviva e il consigliere diplomatico Antonio Badini, il presidente del Consiglio “brandiva tra le mani, come un’arma, le carte, quasi a rendere ancora più caricaturale quel “segretissimo” che spiccava in cima ai fogli”. Probabilmente fu anche per questo che Craxi non riconsegnò i fogli ma “quasi li lanciò verso Acquaviva, lasciando allibiti quelli che erano seduti intorno al tavolo e che avevano assistito alla disputa ignorandone le ragioni”. Concludono i due collaboratori di Craxi: “Il fatto è che, come al solito, aveva capito meglio di noi la caratura e la collocazione delle forze in campo; più di noi aveva chiarissimo che, in quel momento, era indispensabile e comunque sommamente utile agli interessi e alla dignità dell’Italia mantenere ferma la posizione che egli aveva legittimamente assunto nei giorni precedenti”. E infatti qualche giorno più tardi, il 24 ottobre, Craxi incontra Reagan nel palazzo dell’Onu a New York e il presidente americano fa trapelare che “l’incidente è chiuso”. Ora, a distanza di quarant’anni, si può capire meglio di allora il senso più profondo di quel che accadde. In tutta la sua vita politica Craxi fu mosso sempre da uno spirito risorgimentale, garibaldino: quel che conta più di tutto è la libertà e l’autodeterminazione. Degli individui e dei popoli. Di tutti i popoli. Ecco perché aiutò (con i proventi delle tangenti) tanti movimenti di liberazione in lotta contro regimi fascisti e comunisti. I polacchi e i cileni, gli spagnoli e gli argentini. Ecco perché sostenne i dissidenti nei Paesi dell’Est europeo con quella Biennale del dissenso, nel 1977, che aveva costretto il vertice del Pcus ad una lettera riservata ad Enrico Berlinguer. Con l’invito a boicottarla. Ecco perché negli incontri riservati con Gorbaciov e Jaruzelski chiede (e ottiene) di allentare la repressione verso gli oppositori interni. Ecco perché nei giorni di Sigonella, resiste alle ingerenze di stampo colonialista degli americani. Tutta la vita politica di Bettino Craxi è una sfida per conquistare il massimo di sovranità possibile. Per il proprio partito, per il proprio Paese e per i combattenti per la libertà.

 

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