di Lorenzo Cinquepalmi
Anche se, in astratto, con l’attuale legge elettorale per l’elezione del Parlamento, la sommatoria delle forze politiche che sono all’opposizione dell’attuale maggioranza di governo potrebbe sembrare in grado di sopravanzarla nella prossima competizione elettorale, alcune esperienze concrete e, soprattutto, un ragionamento politico, dovrebbero invece far capire che non è così. Si parte dal dato per cui, alle elezioni politiche del 2022, un centrosinistra unito avrebbe potuto battere la destra, e questo è vero. Ma in questi anni il centrodestra, soprattutto Fratelli d’Italia e, in particolare, Meloni, si sono oggettivamente rafforzati. Il cosiddetto campo largo più che a un progetto politico, assomiglia a un raggruppamento temporaneo d’imprese, che si uniscono per aggiudicarsi un incarico restando divise su tutto. Gli interventi e i discorsi di molti suoi leader, da Schlein a Conte e giù per lì rametti, ricordano più la supercazzola che gli elementi di un progetto politico. Senza evocare ancora una volta l’esperienza di Epinay è chiaro che la mancanza di una comune proposta politica chiara, di un’idea di società nuova e francamente alternativa al modello attuale, condanna questo centrosinistra ad aspirare, al massimo, agli sfridi del suo attuale elettorato, mancando l’unico risultato che lo renderebbe davvero vincente sulla destra: riportare al voto almeno una parte dell’astensionismo strutturale degli ultimi lustri, quella massa di italiani vessati da un sistema che li condanna alla povertà, alla marginalità, all’esclusione dal diritto alla salute, alla casa, al benessere, ma che non riescono a vedere nella sinistra una promessa di miglioramento della loro condizione. Manca all’opposizione un progetto di Paese, e anche di Europa, credibilmente alternativo al sistema di potere guidato da Meloni, paladino di interessi che la metà degli italiani sente di essere condannata a subire, senza vedere una concreta possibilità di un’alternativa sostanziale. Il soccorso sociale è ridotto al nominalismo e manca una voce chiara che incarni un tentativo di cambiare le cose, per cui valga la pena di tornare a impegnarsi. Senza risposta al silenzio di mezzo elettorato, senza un cambio radicale dello schema di gioco, ma soprattutto senza l’assunzione e la condivisione del carattere riformista proprio del socialismo europeo, il campo non sarà mai elettoralmente largo.



