di Enzo Maraio
Maturità 2025: promossi il 99,7% degli studenti. Una generazione di geni? Forse. Il dato, più che rassicurare, dovrebbe far riflettere. Certo, possiamo anche raccontarcela: che sono tutti più bravi, che la scuola funziona, che le commissioni esaminatrici sono attente, che l’Esame di Stato è ancora una tappa formativa. Ma il sospetto, più che legittimo, è che la maturità sia diventata una formalità, un timbro, un foglio protocollo per il diploma già deciso a maggio. Ma se è tutto così semplice, allora ci siano due strade – e diciamolo con un po’ di (amara) ironia. Aboliamolo, questo esame. La prima considerazione è, infatti, questa. Liberiamo studenti, docenti e famiglie da questo ‘rituale’. Risparmiamo fogli, inchiostro, capovolte tecnologiche per rimediare soluzioni, ansie finte e sorrisi tirati. Se il 99,7% deve passare comunque, chiudiamola qui e trasformiamolo in una bella cerimonia di fine anno, con consegna medaglie, selfie e qualche gadget offerto dal Ministero. A questi che oggi sono a Roma, ricorderebbero epoche a loro care, piacerebbe assai. Oppure, più mi convince, facciamolo bene questo esame. E qui parliamo sul serio. Se crediamo ancora nella parola “merito”, e dovremmo, perché è anche nella migliore tradizione del socialismo riformista, allora l’Esame deve tornare a essere uno strumento di valutazione autentica, non un passaggio simbolico. Un’occasione per misurare competenze, impegno, capacità critica. Non per mettere il 60 a chi sa appena scrivere in corsivo o il 100 e lode come se fosse la nuova media nazionale. Serve rigore, e nessuno pensi che non sia una parola di sinistra, serve responsabilità. Aiutare chi resta indietro, anche qui la nostra tradizione, certo, ma senza trasformare l’eccellenza in retorica e la mediocrità in norma. Perché una scuola che promuove tutti a prescindere, in realtà, non promuove nessuno. E a forza di dare a tutti il massimo dei voti, il massimo ha perso ogni valore.