Maraio eletto all’unanimità segretario del Psi

 

Si è chiuso oggi a Roma il congresso nazionale del Psi che ha rieletto Enzo Maraio, alla guida del partito all’unanimità, votato da cinquecento delegati arrivato nella capitale da tutta Italia. Per Enzo Maraio è il seocndo mandato. “Un congresso unitario” – ha sottolineato il segretario socialista – “in un partito che ha dignità e vuole difenderla. Abbiamo una grande storia per ripensare insieme al futuro. Noi non rinunciamo alla nostra autonomia: le alleanze sono una cosa, il partito è altro”. Il segretario Maraio ha aggiunto: “Dal congresso del Psi esce una linea politica chiara: ancoraggio saldo al Centrosinistra, che deve allargarsi ai partiti moderati ma senza terzi poli staccati dalle coalizioni. Se noi saremo leali anche gli altri lo saranno con noi”- ha proseguito Maraio.
“Faccio appello ai partiti di maggioranza, che se vogliono essere credibili, devono chiedere a Mario Draghi di continuare nell’azione di governo: rappresenta una garanzia per l’Italia, che può evitare un pericoloso stallo per il paese. Se non dovesse accadere ci ritroveremo pronti per presentarci all’Italia con le nostre idee e i nostri progetti per il paese, per dare risposte all’inflazione che cresce, al lavoro che non c’è, alla terribile crisi in atto”

 

RELAZIONE DEL SEGRETARIO ELETTO ENZO MARAIO APPROVATA ALL’UNANIMITA’

RELAZIONE CONGRESSO PSI 15-17 LUGLIO 2022

Care Compagne e cari Compagni,

grazie per essere oggi qui al nostro congresso nazionale.

Un saluto affettuoso ai delegati, ai nostri ospiti, ai segretari dei partiti presenti.

Avevamo immaginato questo Congresso come occasione di confronto e discussione sulla prospettiva politica e sulle priorità programmatiche, e tale resta. Ma ci siamo ritrovati alle prese con una crisi di Governo in atto che proprio qui analizzeremo insieme. Lo dico subito: gli italiani non vogliono la crisi, vogliono risposte alle bollette troppo alte, all’inflazione che impedisce di fare la spesa, al lavoro che non c’è. Nei prossimi giorni i partiti avranno l’occasione di dimostrare agli italiani il proprio grado di responsabilità. E noi lavoreremo sin da subito per far sì che il lavoro di Mario Draghi continui a Palazzo Chigi. In ogni caso, indipendentemente da quello che produrrà la parlamentarizzazione della crisi, l’unica cosa che va evitata è un pericoloso stallo che metterebbe a serio rischio il Paese.

Il premier, pochi giorni fa, aveva fatto un richiamo alla responsabilità nel nome di un patto di fiducia tra le forze politiche, che ieri è venuto meno. Il Governo di unità nazionale, guidato da una figura autorevole come quella di Mario Draghi, aveva consentito al nostro paese di riacquistare credibilità internazionale ed è anche per questo che non comprendo il percorso di Giuseppe Conte, che ora produce fragilità istituzionale, destabilizza i mercati e rende debole l’economia. Non era questo certo il momento di trascinare l’Italia in una crisi di queste proporzioni.

Il Congresso è sempre il momento più alto ed importante per le comunità dei partiti e lo è ancor di più oggi al cospetto dei recenti continui cambiamenti, repentini e radicali.

Ugo Intini racconta spesso un aneddoto su Nenni, avendolo conosciuto personalmente e lavorato a lungo al suo fianco all’Avanti!.

Nenni scriveva sempre i suoi discorsi e siccome detestava la superficialità e l’improvvisazione, borbottava quando ascoltava discorsi di compagni che finivano puntualmente per disperdersi e non andare mai al punto. E credeva invece che scrivere i discorsi fosse una forma di intelligenza e di rispetto per chi ascolta. Io farò così oggi.

Dall’ultimo congresso, quello del 2019, abbiamo vissuto cambiamenti epocali che hanno modificato non solo la nostra vita e il nostro paese ma anche il modo di fare politica, di vivere la nostra comunità.

Anni in cui, a causa della pandemia, abbiamo perso migliaia di persone e alcuni autorevoli compagni di partito a cui va il mio più commosso ricordo e un profondo senso di gratitudine per l’impegno che ci hanno lasciato.

Sono stati tre anni molto entusiasmanti ma, allo stesso tempo, anni complessi. Il momento storico che stiamo attraversando ci ha costretto a lavorare costantemente sull’emergenza.

Un tempo, quello attuale, che abbiamo dovuto affrontare senza fingimenti utilizzando la Politica come antidoto per fare ordine tra le bugie del populismo. In questo tempo strano, che ha rovesciato precipitosamente la narrazione della politica di questi ultimi anni, abbiamo lavorato a consolidare una comunità di donne e di uomini tenendo alti i valori del socialismo, rivendicando cioè la nostra storia e mettendo al centro le nostre idee e le nostre battaglie. Anni durante i quali abbiamo provato a tenere sempre presente quali fossero gli obiettivi: rilanciare il partito, creare comunità e ripensare il socialismo del futuro in continuità con il grande patrimonio di uomini, battaglie, conquiste, idee e valori della nostra gloriosa storia. E da qui, riportare il nostro simbolo nei comuni al voto, avere liste autonome alle amministrative, lavorare al consolidamento del centrosinistra come argine a una destra sempre più demagogica che tenta di riportare indietro le lancette dell’orologio. Alla fine sono stati proprio quei valori, quel pantheon di uomini e donne che hanno contributo alla crescita del Paese, la guida per noi ma anche per i tanti che dalla politica si attendono soluzioni e non più chiacchiere.

LA POLITICA DELLE COSE

Per dirla con Pietro Nenni, “La politica delle cose” è il filo rosso che dal 1892 ci ha fatto sempre trovare la giusta strada nei cambiamenti politici e sociali avvenuti nei nostri 130 anni di storia. Sempre Pietro Nenni diceva: “Un fatto, anche il più modesto, conta più di una montagna di ipotesi”. In questi tre anni l’intera comunità socialista non ha fatto ipotesi, ma molti fatti, il rispetto degli alleati, il ritorno nelle rilevazioni dei sondaggi, e il dato delle ultime amministrative ne sono la prova.

I risultati positivi ottenuti dalle liste hanno consentito al PSI di confermare tanti amministratori e di rientrare in molti consigli e giunte comunali, dando un contributo -a volte decisivo- in molte vittorie delle coalizioni di centro sinistra.

Torniamo a governare comuni capoluogo di provincia, come a Cosenza, con il nostro Sindaco Franz Caruso, grazie ad un rinnovato spirito di collaborazione in primis con il principale partito della coalizione, il Partito Democratico, che sta abbandonando gradualmente quello spirito di autosufficienza, rilevatosi controproducente, e si sta aprendo al confronto, sempre maggiore e costante, con le altre forze del centrosinistra. Abbiamo i Presidenti di due province importanti, Ancona e Ferrara. Siamo tornati, alle ultime amministrative, nei consigli comunali di comuni capoluogo, come Catanzaro e Verona. Abbiamo avuto coraggio ad andare da soli a Rieti e Frosinone con nostri candidati sindaco e abbiamo avuto risultati davvero importanti. Questa è la dimostrazione che la nostra vera colonna portante sono i nostri numerosi e bravi amministratori locali che quotidianamente lottano per assicurare ai propri cittadini condizioni di vita migliore.

Ai nostri nuovi amministratori dico: non bisogna seppellirsi nei Palazzi, ma stare tra la gente. Raccogliere le loro paure, le ansie di questi ultimi anni difficili, le loro necessità, farle diventare parte del nostro agire politico. Insomma essere capaci di fare Politica, quella tanto attesa dai cittadini e che il nostro partito sa fare benissimo. Non lasciarsi mai sopraffare dai tatticismi, ma affrontare sempre a viso aperto avversari e avversità. Sapere, in ogni momento, che si è parte di una comunità più grande, come quella straordinaria che oggi vedo di fronte a me.

L’ultima legislatura ci ha consegnato tre diversi governi. Sul Governo Draghi bisogna capire nelle prossime ore se ci sono le condizioni per andare avanti.

Non è possibile continuare così. Non lo dico io, lo dicono gli italiani che non vanno più a votare. Hanno capito che con il loro voto non determinano più niente. Se una cosa va fatta immediatamente è una legge elettorale che dal giorno dopo ci consenta di avere un governo stabile e non più costruito su maggioranze tenute insieme solo dall’esigenza di vincere o dal desiderio di una poltrona. Noi siamo convintamente sostenitori di una legge in senso proporzionale, con il ripristino delle preferenze, necessaria a superare l’attuale sistema maggioritario, che non ha garantito né stabilità né governabilità. Con la legge attuale, che considero tra le più problematiche in assoluto, c’è una forte spinta a fare le coalizioni per vincere le elezioni, salvo poi ritrovarsi le contraddizioni all’indomani del voto con fibrillazioni, continui trasformismi e contrapposizioni che impediscono una vera stabilità ai governi. E la stabilità, oggi più che mai, diventa decisiva per le sfide che ci attendono.

L’attuale legislatura sarà ricordata nella storia per il triste primato di trasformisti e transumanze parlamentari di centinaia di Deputati e Senatori da un gruppo all’altro, da un partito all’altro. La conseguenza è il permanere di elementi di instabilità che suscitano preoccupazioni e richiedono una attenta riflessione da parte delle forze più responsabili del Paese. L’allontanamento dal voto di aree crescenti di cittadini -molti i giovani- segnala uno stato di disaffezione e distacco dalle istituzioni che può sfociare in episodi di ribellismo incontrollato. Del resto le forze sovraniste e populiste, fortemente legate alla destra reazionaria europea, mantengono nel nostro Paese un solido radicamento e una sostanziale coesione, anche aldilà delle attuali apparenti divisioni, come testimoniato dai sondaggi.

Tutto questo richiede alle forze della sinistra riformatrice ed europeista uno sforzo di aggregazione per costruire uno schieramento largamente rappresentativo e vincente.

Il sistema di fatto bipolare attuale, disegnato dal Rosatellum, richiede coalizioni ampie e impone il superamento di sterili contrapposizioni, inutili personalismi e veti reciproci.

In questo quadro va perseguita la ricomposizione delle forze riformiste, liberali, radicali, laiche, ecologiste, cementate da un europeismo rigoroso ma propositivo e non acritico e da un sostegno altrettanto determinato al Governo Draghi.

Occorre partire non da sterili sommatorie di sigle o di singole personalità, ma da comuni battaglie largamente maggioritarie nella società, quelle per la tutela del lavoro, della scuola e della sanità pubblica, fino all’impegno per il superamento delle crescenti diseguaglianze e per la tutela delle fasce deboli della nostra società.

L’economia italiana è stata duramente colpita: un terzo degli italiani ha visto peggiorare salute e vita familiare propria e dei propri cari a causa della pandemia; la situazione finanziaria di quasi la metà degli italiani è peggiorata. Quest’anno le “spese obbligate” raggiungeranno il 42,9% dei consumi totali, il valore più alto di sempre.

Nel momento in cui l’Occidente si sta apprestando ad uscire dall’emergenza sanitaria avviandosi verso una ripresa economica che, sulla carta, è ancora promettente, si ha la sensazione che il biennio 2020-2021 sia stato uno spartiacque epocale per lo scenario economico e geopolitico internazionale. Le nostre vite sono andate incontro a profondi cambiamenti, così come i processi produttivi e le relazioni internazionali. A profilarsi è ormai un vero e proprio “nuovo mondo”.

Lo scenario intorno a noi ci offre un elemento di cui tenere conto in un’ottica di breve periodo, quello dell’attuale dinamica al rialzo dei prezzi delle materie prime, con riferimento soprattutto ai metalli e alle terre rare indispensabili per la realizzazione di prodotti in settori high-tech, quali l’automotive e l’informatica.

Nel 2020, la combinazione tra recessione e aumento della spesa pubblica per far fronte alla crisi economica ha fatto lievitare il debito pubblico in tutto il mondo e nell’UE dove la media del rapporto debito-PIL sfiora ora il 100%. In alcuni Paesi (come Italia e Spagna) il debito pubblico è cresciuto di circa 25 punti percentuali ed è previsto che resterà su livelli molto elevati almeno fino alla fine di quest’anno. La sospensione del Patto di Stabilità ha certamente fornito più che una boccata di ossigeno alle economie dell’eurozona in questa situazione senza precedenti; tuttavia, quando il Patto dovrà essere ripristinato si porrà anche la questione del ‘come’ reimpostare le politiche di bilancio. Non è più il tempo che il Patto di stabilità torni con la stessa enfasi “dogmatica” del rapporto fra deficit e debito ma sarà necessario prevedere un sistema che non tenga troppo stretta la cinghia del debito dei singoli stati. La lezione del Recovery Fund con la sua spinta sulla crescita, riforme e investimenti non potrà essere dimenticata.

Spostando lo sguardo ai prossimi decenni, sono tre le principali dinamiche a cui guardare. Si tratta di dinamiche che influenzeranno la direzione che prenderà l’economia e avranno un forte impatto sul piano geopolitico, ovvero sui rapporti di forza tra gli Stati.

– La prima è senza dubbio legata alla lotta al cambiamento climatico: per vincerla, sarà fondamentale che i recenti annunci (da ultimi Cina e USA) per il perseguimento della neutralità climatica entro il 2050-2060 siano accompagnati da azioni concrete da parte del sistema produttivo.

La transizione ecologica verso nuovi modelli di business ‘puliti’ e ‘green’ avrà successo solo se il mondo delle aziende e quello della finanza troveranno gli incentivi giusti per investire nelle nuove fonti di energia e puntare a produzioni più sostenibili.

Non si può essere socialisti senza essere verdi: l’attenzione all’ambiente è insita nella nostra storia perché è nella nostra storia l’attenzione al bene comune. Oggi il PNRR rappresenta un’opportunità per il nostro Paese di operare dei cambiamenti profondi e positivi soprattutto riguardo alle tematiche ambientali. Ma affinché questo accada c’è bisogno di lucidità d’intenti, chiarezza di idee, coordinamento tra diversi attori istituzionali, pubblici, privati e sociali, di efficienza organizzativa e rapidità d’azione.

L’Unione Europea ha indicato la strada sul Green Deal, ad opera tra l’altro, del socialista Frans Timmermans. De-carbonizzazione, economia circolare, imprenditoria giovanile e femminile, riduzione della plastica, rigenerazione urbana, turismo sostenibile, salvaguardia del territorio dagli effetti del cambiamento climatico.

L’ecosocialismo deve diventare una delle nostre parole d’ordine sul quale verificare convergenze con le altre forze dello schieramento progressista in Italia, perchè l’Italia “è un bene comune” che non dobbiamo disperdere e trasferire il più integro possibile alle future generazioni.

– Il secondo ‘macro-trend’ è quello legato alla transizione digitale. Tecnologie come Intelligenza Artificiale, machine learning, Internet delle Cose, stanno diventando sempre più pervasive. La digitalizzazione potrebbe però amplificare ulteriormente le disuguaglianze, sia tra Paesi che all’interno degli stessi: ad esempio, ancora oggi 3,7 miliardi di persone non hanno accesso a Internet. Stati Uniti e Cina sono attualmente in vantaggio rispetto all’Europa, ma l’UE ha deciso di puntare in maniera decisa sulle nuove tecnologie cercando di colmare gli attuali gap con la strategia di ampia portata denominata “Bussola per il Digitale” da qui fino al 2030.

– Infine, il terzo grande trend da tenere d’occhio nei prossimi decenni sarà quello legato alla demografia. La situazione di svantaggio dell’UE si ritrova anche in questo campo, seppur con una differenza: anche Stati Uniti e Cina stanno facendo i conti con popolazioni che invecchiano e che crescono più lentamente. L’Europa è però il continente che negli ultimi anni ha visto questa tendenza manifestarsi con più forza: il rapporto tra over 65 e under 15 nel Vecchio Continente ha raggiunto il 133%. L’Italia è ‘maglia nera’ nell’UE e rischia di ritrovarsi nel 2050 con un rapporto tra persone in età lavorativa e over 65 di 1:1, con evidenti implicazioni in termini di sostenibilità dei sistemi di welfare. Il rapido invecchiamento della popolazione rappresenta una grande sfida per l’Europa, con la necessità di trovare le risorse per fornire servizi ad una popolazione maggiormente bisognosa di cure ed assistenza, a fronte di una quota di lavoratori sempre più bassa.

Sul tema delle pensioni, dopo che “Quota 100” ha creato innumerevoli difficoltà alle imprese e al sistema pubblico, riteniamo che vada tenuta sotto controllo la situazione per evitare di trovarci di nuovo nella situazione degli scaloni verificatasi con la riforma Fornero, che ha visto esplodere la vicenda esodati. Riteniamo necessario il finanziamento di formule di pensione anticipata introdotte con la Legge di Bilancio in sostituzione di Quota 100: Quota 102, proroga di Opzione Donna e APE Sociale, scivolo pensione PMI sono strumenti dei quali l’Italia non può fare a meno.

Nelle ultime settimane l’inflazione è cresciuta in modo esponenziale (oltre 8%) diventando una delle principali preoccupazioni avvertita dalla popolazione a livello internazionale, in alcuni casi superando anche i timori legati al Covid-19 e alla guerra Russia-Ucraina. Riesplode così la questione sociale.

Gli aumenti dei prezzi sono dovuti a molteplici fattori, ma il conflitto in corso e l’incremento dei costi dell’energia sono ritenute le cause principali ed è senza dubbio il consumatore ad essere il soggetto più penalizzato.

In questo ultimo anno l’aumento dell’inflazione è costato oltre 92 miliardi di euro, ben 18 volte di più del 6 per mille imposto trent’anni fa dal governo di Giuliano Amato.

Secondo i dati dell’osservatorio della Uil, per il periodo Gennaio – Giugno 2022 una coppia con almeno un figlio a carico ha perso 1.240 euro di potere d’acquisto, compensati solo in parte dai Bonus varati dal Governo. In particolare, con l’indennità dei 200 euro e i Bonus Luce e Gas, la perdita sul semestre si riduce, ma rimane sempre rilevante, pari a 505,94 euro. Ben il 41% del potere d’acquisto perso non viene recuperato.

Non ci vuole uno scienziato per capire che la politica dei bonus mette una toppa al buco e dà una boccata d’ossigeno, ma non è sufficiente a risolvere i problemi nel medio lungo periodo.

Va presa consapevolezza che l’impatto dell’inflazione è destinato a pedurare, non è temporaneo, ma si prospetta un orizzonte di almeno medio termine. La guerra in Ucraina è un fattore, il più incisivo, che si aggiunge al blocco della catena logistica in Asia e alla ripresa dalla pandemia, i cui effetti sono tutt’ora in pieno corso. Si prevede che il blocco alle esportazioni di grano dalla Russia e dall’Ucraina rischi di scatenare una crisi alimentare. Si teme quindi che il II semestre 2022 possa presentare dinamiche addirittura peggiori. La necessità frequente di intervenire con misure temporanee segue una logica da “rattoppo” e sottintende fragilità da sanare alle fondamenta. Sono necessarie politiche strutturali che consentano alle famiglie, agli imprenditori e ai lavoratori di non pagare da soli i costi di questa crisi.

Le grandi questioni globali possono essere affrontate solo in un quadro di cooperazione multilaterale.

L’invasione russa dell’Ucraina ha contribuito a peggiorare la situazione geopolitica mondiale.

Sulla vicenda Ucraina la nostra posizione è chiara: il Psi é sempre stato dalla parte dei paesi aggrediti e questa comunità è al fianco della resistenza ucraina e del Presidente Zelinsky. Siamo per l’accoglimento della proposta del governo ucraino di far parte della unione europea. Sosteniamo con convinzione l’adesione alla Nato delle repubbliche Baltiche.

Occorre trovare a tutti i costi una soluzione diplomatica che faccia cessare il fuoco, la distruzione e la sofferenza del popolo ucraino ancora sotto bombardamenti da 5 mesi.

Solo dopo sarà il tempo di riflettere sui rapporti tra est e ovest e sulle occasioni mancate negli ultimi 30 anni dopo la caduta del muro di Berlino.

Oggi dobbiamo concentrare i nostri orizzonti su alcune questioni principali, la bussola che dovrà orientare la nostra azione politica da ora e per il futuro.

  1. LAVORO

E’ da socialisti mettere al centro della nostra azione politica il lavoro che rappresenta la pietra miliare di uno Stato, un valore essenziale di coesione e di solidarietà. E’ la chiave per stabilizzare l’economia, consentire di vivere con dignità, ed è la chiave per eradicare la povertà; perché vedete, la poverta non si abolisce! ma si combatte con la politica!

La parola “lavoro” è racchiusa nella storia dei socialisti, gli stessi che hanno dato vita allo statuto dei lavoratori. Da Gino Giugni a Brodolini.

La sfida che oggi lanciamo è quella della stabilità lavorativa e per realizzarla basterebbe seguire l’esempio del governo spagnolo guidato dal socialista Pedro Sanchez. E’ necessario applicare una riforma, che sconfigga il precariato, che si traduce anche in una dinamica di recupero dei diritti dei lavoratori e non in una progressiva loro limitazione e che si basa essenzialmente sull’eliminazione dei cosiddetti contratti a termine “per opere e servizi”, che anche in Italia sono abusati.

Sul salario minimo è fondamentale continuare nel confronto avviato qualche giorno fa dal governo con le parti sociali e con le associazioni datoriali. In Italia abbiamo almeno 5 milioni di lavoratori che, nella giungla dei contratti, guadagnano meno di mille euro al mese. Bisogna adeguarsi alla direttiva europea sul salario minimo che ricolloca al centro dell’agenda politica il lavoro, soprattutto quello precario.

“Ai giorni nostri, la parte peggiore del lavoro è ciò che capita alla gente quando smette di lavorare”. È tutta in questa frase dello scrittore britannico Gilbert Keith Chesterton la parabola dei dati ISTAT sull’occupazione nel nostro Paese. E sì, perché se da una parte l’Istituto di statistica nazionale conferma il trend positivo sull’occupazione, dall’altra, a leggere bene le cifre, circa nove lavoratori su dieci firmano contratti sotto i sei mesi di durata. Insomma l’occupazione c’è, ma non si vede. Proprio come quelle comparse nei colossal hollywoodiani. Contratti lampo che durano anche solo un giorno. Colpa dell’uso disinvolto del concetto di flessibilità che allarga la forbice del precariato.

Poi, diciamolo con chiarezza, le limitazioni al coinvolgimento delle donne nel mondo del lavoro sono una ingiustizia, una grave perdita economica per l’Italia. Bisogna intervenire sostenendo l’occupazione femminile. Parità di salari e diritti tra uomini e donne è una necessità e un obiettivo che dobbiamo realizzare a tutti i costi, a maggior ragione che oltre il 70% della occupazione persa durante la pandemia è legata alle donne.

Sosteniamo con convinzione la battaglia dei sindacati che chiedono misure più stringenti per evitare le morti sul lavoro.

Nei primi mesi del 2022, due lavoratori al giorno hanno perso la propria vita mentre svolgevano il proprio lavoro. Dati che vanno totalmente azzerrati: i sindacati, i partiti, il governo, il Parlamento, i datori di lavori, tutti gli attori del sistema produttivo italiano devono impegnarsi, con incentivi alla formazione e detassazione dei sistemi di sicurezza sul lavoro. Non è una battaglia di parte o di qualcuno, ma è una battaglia di dignità consentire ad un padre di famiglia di ritornare a casa dai figli sano e salvo dopo una giornata di lavoro.

E’ necessario riattivare l’ascensore sociale. In Italia le chance di una persona nella vita sono sempre più determinate dal punto di partenza, cioè dallo stato socio-economico della propria famiglia e dal luogo di nascita. Di conseguenza le disuguaglianze di reddito si sono radicate e le classi sociali sono ingessate. Per far ripartire l’ascensore sociale, gli stati hanno attuato alcune misure tra cui il rafforzamento della progressività delle tasse sui redditi, il riequilibrio delle fonti di tassazione, gli investimenti nell’istruzione e sulla formazione continua, migliorando la disponibilità, la qualità e la diffusione dei programmi educativi. E’ necessario offrire una protezione a tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro stato occupazionale, ed è necessario mettere in condizioni di avviarsi dallo stesso nastro di partenza soprattutto coloro che provengono da famiglie disagiate. I socialisti difenderanno ora e sempre le ragioni del merito come le sole valide per salire nella scala sociale.

Viviamo nell’epoca definita come “la prima generazione in cui i figli staranno peggio dei padri”. E’ necessaria una rinnovata proposta politica che si faccia carico delle angosce e delle solitudini di una generazione sempre meno tutelata. Per ogni giovane non o male impiegato, infatti, perdiamo ricchezza potenziale e indeboliamo il tessuto socio-economico del nostro Paese. Dobbiamo valorizzare le competenze giovanili, in particolare negli ambiti in cui più di altri possono apportare un contributo utile alla collettività.

2 – SCUOLA

Un Paese che non investe in istruzione è un Paese destinato al declino, non in grado di ricostruire un tessuto sociale, culturale ed economico soprattutto dopo il dramma che abbiamo conosciuto con il Covid 19. E’ urgente conferire al sistema di istruzione e formazione i mezzi per scatenare finalmente una lotta a fondo contro la povertà culturale, educativa e soprattutto contro le diseguaglianze che da anni e in maniera sempre più incisiva caratterizzano la nostra società. Oggi, grazie all’Unione Europea, assistiamo ad una possibile svolta. All’istruzione e alla ricerca è intestata una delle sei missioni del PNRR. Questo può rappresentare uno strumento straordinario per riequilibrare innanzitutto le diseguaglianze tra nord e sud del nostro Paese. In questo senso combattiamo la regionalizzazione dell’istruzione pubblica perché oltre a non sanare le attuali differenze, allargherebbe lo spazio già esistente tra i pochi e i molti. Occorre investire di più sul capitale umano dei docenti, premiare il merito, costruire scuole sicure, moderne e aperte, organizzare ambienti di apprendimento che consentano l’inclusione e valorizzino le differenze. Insomma una scuola innovativa ed ecosostenibile che superi la precarietà e il degrado di molti edifici.

L’Istruzione pubblica è il principale strumento per dare ai cittadini pari opportunità.

Chi lavora per la scuola pubblica italiana non deve più sentirsi solo, isolato, ignorato.

I nostri docenti hanno stipendi che non possono reggere il confronto con quelli dei docenti europei. Lo stipendio medio di un docente italiano è inferiore di 6000 euro all’anno rispetto alla media europea. E’ ora di colmare tale differenza e creare un piano di adeguamento pianificato e che sia valido nel tempo. L’obiettivo sarebbe quello di arrivare ad uno stipendio europeo per i docenti dell’Unione Europea.

La continuità didattica è altrettanto importante. In Italia decine di migliaia di docenti precari, ad ogni inizio di anno scolastico, vengono catapultati nelle scuole delle città e della provincia per coprire i posti di lavoro vacanti, a causa dell’incapacità di gestire il problema da parte dei vari governi che si sono succeduti.

La situazione rischia di diventare ancora più pesante se si pensa che migliaia di docenti stanno per abbandonare le cattedre.

E’ necessario un piano di assunzioni dei docenti statali.

E’ necessaria una fase transitoria per stabilizzare i docenti già abilitati o con tre anni di servizio.

Noi socialisti crediamo sia determinante la difesa dell’istruzione pubblica statale, che è l’obiettivo comune in grado di unire le forze progressiste che intendono opporsi alle politiche conservatrici sulla scuola.

3- SANITÀ

La pandemia ha messo in risalto come i sistemi sanitari regionali non rispondono in maniera adeguata alle esigenze della popolazione. Riteniamo doveroso evitare frazionamenti e logiche regionalistiche, considerando che, al momento, nel nostro Paese non esiste, nei fatti, un unico Servizio Sanitario Nazionale bensì tanti microsistemi della salute e della sua gestione. Di conseguenza, è altrettanto necessario un ritorno alla centralizzazione delle funzioni delegate in tema di sanità pubblica e pertanto, nel mentre vanno poste in essere tutte le azioni e le procedure più idonee, bisogna avere il coraggio di avviare le procedure per una stabilizzazione di tutti i precari della sanità, che hanno rappresentato un’importante risposta alla crisi pandemica.

4- GIUSTIZIA

Per anni l’opinione pubblica ha riposto nei magistrati una fiducia misurata sopra il 90%. Oggi, l’indice di fiducia nei magistrati è crollato al 39%, perchè anche nella magistratura si è insinuata e diffusa la stessa cancrena che aveva tanto indignato quando era stata mostrata nei partiti, nelle amministrazioni nazionali e locali, negli altri corpi intermedi.

Le prerogative in difesa delle quali i capi dell’ANM (che sono in maggioranza pubblici ministeri, e non giudici) sono insorti e hanno scioperato, non coinvolgono almeno la metà dei magistrati italiani: il sistema creato nei lustri dai magistrati della stagione delle mani pulite si è rivelato meno pulito di quanto i cittadini, e almeno metà dei magistrati stessi, ritenessero giusto aspettarsi, perchè ha tramutato, solo per un ristretto gruppo di essi, le prerogative in privilegio.

Il compito della politica, allora, è chiaro: essa deve trovare un dialogo costruttivo con la larghissima parte della magistratura rimasta estranea ai giochi di potere praticati dalla minoranza organizzata in carriere e spartizione di incarichi direttivi, con il disgustoso sapore di diseguaglianza dei cittadini davanti alla legge che ne è derivato. I socialisti, ovvero la comunità politica che più ha sofferto quella stagione, proprio per questo si impegnano e si impegneranno perchè la riforma della giustizia, dell’ordinamento giudiziario e dell’ordinamento penitenziario, sia il frutto del lavoro comune, leale e disinteressato, di magistrati, avvocati, giuristi e politici.

Quello della giustizia è uno di quei settori che per troppo tempo la politica non ha affrontato con interventi legislativi adeguati. Noi socialisti abbiamo sempre sostenuto la necessità di affrontare i problemi decisivi per il suo funzionamento: dal sovraffollamento delle carceri, ai processi troppo lunghi a sentenze giuste e con tutte le garanzie Si deve completare l’iter della riforma Cartabia. Che non è la riforma che ci attendevamo, ma è un primo passo decisivo che non va disperso. E noi continueremo nel nostro impegno a migliorare questa riforma.

5- DIRITTI CIVILI

Quello che è accaduto in America sull’aborto, è un segnale forte che rispedisce ognuno di noi indietro nel tempo. I diritti civili, i diritti delle persone, non possono essere oggetto di trattativa politica. Le conquiste di libertà non possono considerarsi mai definitivamente acquisite. Il momento storico che stiamo attraversando non può essere un alibi per arretrare su quelle priorità necessarie a rendere più moderno il Paese. Se la politica non capisce che sui diritti non si tratta di essere di destra o di sinistra, ma di avere buonsenso, allora avremo cancellato in un solo colpo anni di conquiste di civiltà. Lo Ius Scholae è stato fatto slittare a settembre. Per noi va portato a casa in questa legislatura. E in fila metto anche le altre battaglie che ci hanno visti protagonisti attivi: dall’Eutanasia Legale alla cannabis alla giustizia giusta. Le leggi sui diritti individuali della persona, che da socialisti ci vedono convintamente favorevoli, non sono elementi di discussione divisivi ma appartengono alla dignità dell’essere umano e quindi è un dovere del legislatore trovare le giuste norme per applicare leggi riconosciute in tutti i paesi civili e democratici.

Per noi socialisti è sempre meglio il riconoscimento di un diritto in più che una violenza o un atto di intolleranza. Solo così costruiamo una società più moderna e giusta.

6- CRISI DEMOCRAZIA e RIFORME ISTITUZIONALI

L’Italia deve ancora far fronte alla crisi democratica che si è aperta nel 1992 con la decapitazione dei cinque partiti costituzionali e con la conseguente crisi delle organizzazioni politiche di massa.

La crisi democratica può e deve essere risolta, rafforzando il ruolo e la funzione dei partiti democratici e incoraggiando la partecipazione dei cittadini. Da tempo richiediamo l’avvio di una legislatura costituente, che riporti al centro del dibattito pubblico la revisione del sistema costituzionale italiano, in cui diventi sempre più centrale il ruolo del Parlamento, troppo spesso bistrattato e relegato a semplice organo di ratifica.

I cambiamenti e le nuove sfide vanno governate e per governarli occorrono idee, valori e la politica, portata avanti da forze politiche strutturate e grandi partiti. Senza, l’economia continuerà ad avere il sopravvento sulla politica, come avviene ormai dalla fine della prima repubblica.

Bisogna ricostruire la credibilità dei partiti, messa in discussione costantemente da 30 anni a questa parte. C’è una quota di responsabilità, a essere onesti, degli stessi politici o di una parte di essi, ma tutto è sicuramente conseguenza di campagne di delegittimazione culminate nell’abrogazione del finanziamento pubblico e nel taglio dei parlamentari che hanno acuito una crisi di rappresentanza molto forte nel paese. Vogliamo che si dia concretezza all’art 49 della costituzione, il cui mancato rispetto ha reso fragile la nostra democrazia.

ATTUALITÀ POLITICA

Non voglio mettere becco in casa d’altri, ma la crisi nel Movimento 5 Stelle sfociata in una scissione e nelle posizioni irresponsabili delle ultime ore, ci offre un dato inequivocabile: è finita la politica dell’uno vale uno, del pressapochismo, del populismo. Non lo dico io, lo dicono i fatti e soprattutto lo dice chi è uscito. Si chiude cioè una stagione, che nel tentativo di “rottamare” la politica dei partiti, è implosa di fronte alla necessità di riuscire a dare risposte concrete alla gente. E di farlo soprattutto in questo momento storico con un Paese, l’Italia, che si trascina a fatica fuori da una pandemia e con una guerra nel cuore dell’Europa che non possiamo ignorare.

Il dl aiuti approvato ieri al Senato, scopre tutti i focolai che si sono alimentati negli ultimi tempi sotto la cenere: il termovalorizzatore di Roma, le politiche economiche dell’esecutivo Draghi spostate più a sinistra (vivaddio!), il nuovo invio di armi in Ucraina e la questione del super bonus stanno svelando la forte lacerazione già in atto tra le maggiori forze parlamentari che sostengono il Governo. Che sia iniziata la campagna elettorale per le elezioni politiche non v’è dubbio e tutta la pericolosa partita del voto anticipato si gioca sulla possibilità di modifica della legge elettorale. Quella attuale è tra le peggiori dei tempi recenti: un sistema misto che non risponde in minima parte alla richiesta di rappresentanza dei cittadini e che ha mostrato tutta la propria inconsistenza, in termini di governabilità, quando lo stesso parlamento eletto nel 2018 ha votato tre governi diversi. A differenza delle elezioni amministrative e regionali, per il parlamento non si è trovata la quadra su un sistema elettorale che garantisca stabilità e rappresentanza dal basso, forse perché, parafrasando De Gasperi, si è guardato “alle prossime elezioni piuttosto che alle prossime generazioni”. In un quadro politico frastagliato come quello attuale, mi sembra che l’unica strada percorribile sia quella di adottare un sistema proporzionale, magari con le preferenze. Si ritornerebbe così ad un sistema che fino al ‘92 ha garantito un legame positivo fra elettore ed eletto.

Infine.

Abbiamo sempre creduto nel progetto di pace e modernità chiamato “Europa”. Filippo Turati, padre del riformismo, già nel 1896, nel suo primo discorso alla Camera, prospettava gli Stati Uniti d’Europa come tappa di mezzo per arrivare agli Stati Uniti del mondo. Oggi è necessario rivedere il ruolo e le funzioni dell’Unione europea prevedendo una maggiore autonomia strategica nel quadro di un’unica politica estera e di sicurezza che includa una difesa comune; un processo decisionale efficace e democratico che superi il voto all’unanimità a favore del voto a maggioranza qualificata; è necessaria una profonda rivisitazione della ripartizione delle competenze che includa tra le competenze concorrenti la salute, l’assistenza sanitaria, l’educazione, l’energia; bisogna attribuire al Parlamento europeo il potere di iniziativa legislativa accompagnato dalle iniziative dei cittadini europei rivolte direttamente al Parlamento Europeo.

Abbiamo intrapreso con il Partito del Socialismo Europeo, che resta il nostro principale riferimento politico, una continua collaborazione sulle tematiche e sulle attività da svolgere in Italia e in Europa, che presenteremo al prossimo congresso del Pse che si svolgerà ad Ottobre a Berlino.

Resta salda la nostra collocazione nell’Internazionale Socialista che continua ad aprire i nostri orizzonti oltre i confini nazionali offrendo sempre importanti spunti di discussione, soprattutto sui temi della partecipazione democratica nei paesi in via di sviluppo e sulle ricorrenti crisi che riguardano i paesi emergenti, spesso del continente africano.

Ci prepariamo così alle prossime sfide politiche.

A partire dalle elezioni politiche. Ci presenteremo a questo appuntamento con un partito che ha rinnovato il proprio spirito di condurre battaglie, nei singoli territori, con la nostra bandiera, con il garofano che è ritornato oltre che nel nostro simbolo anche sulle schede elettorali delle elezioni amministrative e delle elezioni regionali che si sono svolte negli ultimi anni. Abbiamo messo a disposizione dei nostri giovani e dei nostri amministratori una scuola di formazione politica intitolata a Carlo Tognoli, indimenticato sindaco della Milano socialista, che ha ospitato preziose relazioni di docenti ed accademici e che ha visto la partecipazione non solo degli iscritti al Psi ma anche di altri partiti.

Siamo tornati in edicola, ogni fine settimana, con il nostro Avanti!della Domenica che insieme all’Avanti!online contribuiranno a diffondere le nostre idee ad un pubblico sempre più ampio. Dobbiamo avere il coraggio di avviare una profonda revisione degli organi del nostro partito: la società odierna ci impone un partito con strutture più snelle e con organi meno pletorici. Sarà nostro compito principale adeguare le nostre strutture e i nostri organi statutari alle esigenze di rappresentanza di genere.

Per le elezioni politiche vediamo quali saranno le regole del gioco e come evolverà il quadro politico, ma una cosa è certa e deve essere chiara: come abbiamo superato le difficoltà di presentarci con il nostro simbolo alle elezioni territoriali, non abbiamo paura di presentarci con il nostro simbolo alle prossime elezioni politiche.

La nostra bussola è il socialismo europeo. Ed è su questa straordinaria cultura politica che abbiamo intrapreso un dialogo con i partiti che si richiamano ad essa per costruire in Italia una coalizione europeista, riformista e progressista, la stessa che governa in altri Paesi europei, da quelli scandinavi a Spagna e Portogallo, che in Germania guida la coalizione di governo con verdi e liberali. In questa prospettiva, pur mantenendo uno stretto rapporto di collaborazione con le forze appartenenti al Partito Socialista Europeo, (Partito Democratico e Articolo Uno), riteniamo sia fondamentale il coinvolgimento nella coalizione delle forze liberali, riformiste, ambientaliste e radicali, a partire da Più Europa, da Azione e da Italia Viva. Sarà bene che queste forze partecipino alla coalizione di centrosinistra, come hanno già fatto in molte elezioni locali, senza atteggiamenti pregiudiziali e abbandonando ogni tentazione di equidistanza rispetto al centrodestra a guida sovranista.

Il crollo del movimento grillino e l’ascesa di una destra con evidenti tratti sovranisti sono la conferma che corriamo il rischio di affidare l’Italia ad un governo fondato sull’asse Meloni – Salvini che ci renderebbe più vulnerabili nelle relazioni internazionali e più deboli nel cuore dell’Unione Europea. Una coalizione riformista e progressista è la più credibile per convincere un elettorato di frontiera e per essere competitiva nelle prossime elezioni politiche.

Non riteniamo percorribili alleanze centriste o di terzo polo destinate a tenere una posizione “di mezzo” tra due schieramenti contrapposti. L’attuale legge elettorale e la situazione geopolitica internazionale richiede un posizionamento netto e chiaro di tutti i partiti politici.

Le forze che si richiamano al socialismo europeo, liberal democratici, verdi, possono costituire il cuore di un’alleanza in grado di governare il paese.

Al Partito Democratico dico: come maggiore partito del centrosinistra italiano avete una grande responsabilità, quella di mettere insieme le forze politiche all’apparenza molto diverse tra loro. La forza della sinistra deve essere questa: restare uniti nelle diversità. Lo dobbiamo al Paese dopo due terribili crisi come quelle che abbiamo vissuto.

Noi forniremo a questa prospettiva politica tutto il nostro contributo, con passione, spirito propositivo e senza pregiudiziali alcune che rischiano di mettere il Paese in mano alle destre. Sarà nostro compito contribuire a costruire una coalizione di centrosinistra che sia la più ampia possibile, che offra al Paese un programma di governo incentrato sulla giustizia sociale, sul lavoro e sulla equa redistribuzione del reddito per contrastare l’acuirsi delle differenze sociali.

In conclusione, care compagne e cari compagni delegati, i prossimi mesi saranno fondamentali per il nostro partito e per il nostro Paese. E li affronteremo con la stessa risolutezza con la quale abbiamo scritto importanti pagine della storia d’Italia. Con questo Congresso siamo consapevoli di continuare a tessere quel sottile filo rosso che da 130 anni ha contribuito a rendere l’Italia un Paese più moderno, più civile e più democratico.

Con questo Congresso ci candidiamo a tornare ad essere protagonisti del nostro futuro, a lanciare il cuore oltre l’ostacolo, per dimostrare a chi negli anni ha voluto tenerci in sordina che la tradizione e l’ideale socialista e socialdemocratico in Italia sono vivi, e sono rappresentati dal Psi. Non abbiamo alcuna intenzione di cedere più parte della nostra sovranità politica: non lo abbiamo fatto dopo la crisi del ’92 quando hanno cercato di distruggerci con Bettino Craxi, non consentiremo a nessuno di farlo oggi quando c’è una società martoriata dalle spinte capitaliste, che ha bisogno proprio di noi socialisti.

È l’ora di mettere in soffitta populismo e damagogia, che hanno contribuito decisamente a distruggere la democrazia in Italia, determinando la crisi del sistema dei partiti. Ora è il momento della politica e per noi è l’occasione di far rinascere una grande area socialista. Il sistema elettorale proporzionale agevolerà la centralità delle ideologie e dei partiti identitari, superando i movimenti leaderistici e senza passato con storie inconciliabili o senza storia alcuna. Questi partiti hanno fatto il loro tempo e troppi guasti alla democrazia.

Questo è l’anno dei 130 anni del Psi, nato a Genova nella sala Sivori nel 1892. Occasione per contribuire a rifondare la sinistra in Italia e concentrarsi sulle priorità per il futuro: giovani, welfare, giustizia, diritti civili, lotta alle disuguaglianze e lavoro i punti cardinali della nostra azione politica. Turati, Kuliscioff, Pertini, Saragat, Nenni e Craxi nel nostro glorioso pantheon. Germania, Spagna, Portogallo, Svezia i riferimenti attuali per una sinistra socialista di governo. Saldamente nel Partito del Socialismo Europeo e nel centrosinistra.

Un grande lavoro attende il PSI, ed anche una grande responsabilità nei confronti di tutta la comunità socialista. Penso di rappresentare i sentimenti di ciascuno di voi se chiedo a tutti di provare a mettere definitivamente alle spalle divisioni che non hanno fatto bene a nessuno e anzi negli anni ci hanno soltanto danneggiato. I socialisti che non militano nel nostro partito sono tuttora numerosi ma il PSI continua ad essere l’unico soggetto della diaspora che riesce ad esprimere una reale presenza politica, nella società e nelle istituzioni. E’ un dato di fatto, che ci deve riempire di orgoglio ma che ci assegna un compito di grande responsabilità.

Spetta al PSI, che rappresenta una grande storia del passato, dargli slancio per costruire un futuro in Italia, partecipando al lavoro comune, e spesso vincente, che caratterizza molti partiti del socialismo europeo. È per questo che occorre continuare ed intensificare l’opera di ricomposizione della comunità socialista, lasciando ad altri gli atteggiamenti divisivi e talvolta arroganti ed offrendo a tutti coloro che siano disponibili momenti di collaborazione e di dialogo unitari ed inclusivi.

Con questo spirito, su questi temi e queste iniziative il PSI metterà nei prossimi mesi il suo massimo impegno e chiamerà alla mobilitazione tutti i suoi iscritti e militanti.

E’ arrivato il momento compagni, è arrivato il nostro tempo, il tempo del noi!

Grazie a tutti e buon congresso!

 

 

 

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