di Alessandro Silvestri
Come stabilito dalla Corte di Cassazione, da oggi in poi l’alcoltest non è più necessario per stabilire la guida in stato di ebrezza. Basta l’alito del reo e la testimonianza degli agenti a certificare l’infrazione. Una norma che a pensarci bene potrebbe essere trasmutata anche al Parlamento italiano e applicata “sul campo” dai solerti commessi. Siamo ovviamente nel campo del paradosso, anche perché in questi ultimi giorni di campagna elettorale se ne sono viste e sentite di tutti i colori e non è detto che la causa sia da imputare a qualche alzatina di gomito eccessiva. Proviamo a mettere in fila qualche preziosa perla.
Salvini, il punto più basso
Il gradino più alto del podio se lo è guadagnato senza meno, la Lega di (per ora) Salvini, che tra un mellifluo Vannacci che vorrebbe rimettere in asse il mondo intero a suon di minchiate su omosessuali e ogni tipo di minoranza che può far ombra ai fasti della “Decima” (la X Mas fascista del principe Junio Valerio Borghese, ovviamente, non quella rinata dopo il 1946) e un tonico Borghi che vorrebbe mandare a casa Mattarella perché il 2 giugno è la festa della Repubblica italiana, mica dell’Unione Europea! Ma non erano per la secessione fino a qualche tempo fa? Quelli insomma che sbraitano un giorno sì e l’altro pure contro i burocrati di Strasburgo e Bruxelles…ecco facciamo una bella cosa, teniamoceli (ahimè) in Italia, non lasciamo che diventino dei grigi burocrati europei, contro la loro volontà.
Meloni, la “stronza” per sua stessa ammissione
Dal canto suo, la comandante in capo del nazionalismo paneuropeo, Giorgia Meloni, ha scelto di non commentare più le uscite dello scomodo alleato per mantenere una leadership sempre più traballante. E i leghisti Doc, ovviamente mugugnano. Sempre lei, Giorgia, ormai sempre più in presa diretta col popolo italiano, ha certificato a telecamere aperte, durante la recente visita in Campania, stringendo con occhi roteanti la mano del Presidente, che le maldicenze fuori onda di Vincenzo De Luca, in definitiva non erano così infondate: “Sono la stronza della Meloni, come sta?”. Un nuovo upgrade da aggiungere senz’altro al prestigioso curriculum: donna, madre ecc.
Le piroette (e le scivolate) di Tajani
E pure il numero due-tre del governo, Antonio Tajani, non ci ha risparmiato piroette varie sui temi di politica estera a partire dalla guerra in Ucraina, arrivando ad invocare addirittura l’art. 11 della Costituzione, coadiuvato dal collega Crosetto, quasi si trattasse di redivivi ferri vecchi di Rifondazione Comunista, e non già dei ministri degli Esteri e della Difesa. Ma non c’è da preoccuparsi, dopo il 10 giugno torneranno ad essere di nuovo atlantisti convinti.
La giustizia a fasi alterne
Ma il bipolarismo del Governo non si limita soltanto agli svarioni a getto continuo di comunicazione istituzionale. Da una parte si critica ad esempio pesantemente la magistratura di ingerenze politiche, non sempre infondate invero (ma siamo curiosi di vedere alla fine la riforma in corso sulla separazione delle carriere che piega prenderà dopo le elezioni) dall’altra la presidente della Commissione Antimafia in quota FdI, pubblica una giuridicamente inutile lista di sette “impresentabili” candidati alle Europee, fornita dalle autorità giudiziarie. Insomma anche in questo caso un garantismo di facciata, che grattando un po’ sotto, si rivela per il solito giustizialismo innato della destra, oltretutto inutile e dannoso per politici e amministratori in piena campagna elettorale, la cui eventuale posizione di colpevolezza deve essere ancora accertata e dimostrata in maniera definitiva da un tribunale.
La solitudine gioiosa di Sgarbi
In questo bailamme da happy hour, solo l’immortale Vittorio Sgarbi, cacciato dal portone del Governo e rientrato in lista con il partito della Meloni, in fondo se la ride. In una piazza enorme, a Sulmona, completamente vuota. Vittorio, ma che c’è da ridere