L’Europa sull’Ucraina ritrova la sua compattezza

di Stefano Amoroso

l summit di Londra tra Regno Unito e Francia, che si è svolto tra l’8 ed il 10 luglio scorsi, e la successiva Ukraine Recovery Conference, tenutasi a Roma tra il 10 e l’11 luglio alla presenza di Zelensky, Meloni, Von der Leyen e numerosi leader politici e rappresentanti di organizzazioni, sono due tappe fondamentali verso il rinnovato ed ampio sostegno europeo all’Ucraina, e la contemporanea volontà di avere una propria autonoma, ma comune, politica per la difesa. Regno Unito e Francia, a Londra, hanno proseguito un percorso iniziato lo scorso 2 marzo a Parigi, verso la creazione di un vero e proprio ombrello nucleare europeo che sia indipendente da quello americano, e metta al riparo il Vecchio Continente da qualsiasi aggressione esterna. Tradizionalmente, finora, la sicurezza nucleare dell’Europa si è basata sull’ombrello atomico degli Stati Uniti d’America tramite la Nato. Tuttavia, col ritorno al potere di Donald Trump e l’avvio di una politica sempre più isolazionista del socio americano, l’Europa ha l’impellente necessità di creare il suo scudo nucleare autonomo. Giocoforza, le altre due potenze nucleari occidentali, Regno Unito e Francia, sono dovute scendere in campo e mettere a disposizione dell’Europa il proprio arsenale. Il cammino è ancora in salita, perché vanno discusse modalità d’impiego, strategia, catena di comando e grado di coinvolgimento degli altri alleati europei. Gli ostacoli non mancano, a cominciare da una certa diffidenza di alcuni Paesi dell’Est Europa, che sono da un lato quelli più direttamente minacciati dalla Russia e dai suoi alleati, e dall’altra parte, in quanto ex satelliti russi o sovietici, hanno maturato uno storico attaccamento all’idea dell’America come unica, vera potenza salvatrice. Cammino difficile, ma finalmente cominciato: l’idea dell’Europa come sorella minore dell’America nella Nato, destinata nella migliore delle ipotesi a supportare le iniziative statunitensi in politica estera, e mai ad agire autonomamente, pare destinata a finire definitivamente in soffitta. La cruda realtà della devastazione che la guerra genera da anni in Ucraina, dei milioni di sfollati e delle città rase al suolo, insieme al crescente disimpegno americano, hanno fatto suonare la sveglia in molte capitali europee. In rapida successione, dopo il summit di Londra, è cominciata la Conferenza sulla Ricostruzione dell’Ucraina a Roma. Anche questa riunione è stata un evento importante, denso di significati e niente affatto formale. Oltre all’impegno economico record per la ricostruzione, che prevede dieci miliardi di euro di aiuti finanziari diretti per investimenti in infrastrutture, ospedali, imprese e settore energetico, è stato avviato il primo grande fondo europeo di equity (lo European Flagship Fund) per attrarre capitali privati nella ricostruzione del martoriato Paese dell’Est Europa, in collaborazione con banche pubbliche ed investitori privati. La Conferenza, per la prima volta, ha integrato esplicitamente la dimensione difensiva, con focus sulle tecnologie ad uso duale (sia civile che militare) e industria della difesa. A corollario di questa importante decisione, è stato ribadito il piano europeo per rafforzare la difesa aerea dell’Ucraina con finanziamenti e produzione strategica, almeno quaranta miliardi di euro di aiuti militari nel 2025, ed un rifornimento di circa tre milioni di munizioni per artiglieria e fanteria ucraine. Se nel 2022 e 2023 l’Europa ha fornito una parte minima degli aiuti militari all’Ucraina, che nei primi durissimi mesi di guerra ha resistito all’assalto russo grazie soprattutto agli aiuti americani, nel 2024 c’è stato un sostanziale pareggio tra le forniture europee e quelle a marchio stelle e strisce. Nel 2025 ci dovrebbe essere il sorpasso, che in realtà c’è già stato se consideriamo, oltre ai Paesi della Ue, anche le forniture militari di Regno Unito e Norvegia. Anche se siamo solo agli inizi e molti aspetti vanno ancora chiariti, l’Europa ha finalmente battuto un colpo e dimostrato di avere anche una propria dimensione nella politica estera e della difesa, e non solo in campo commerciale e finanziario. Le foto della Meloni, raggiante al fianco della Von der Leyen ed a suo agio tra gli altri Volenterosi, come vengono chiamati i leader dei Paesi che sostengono l’Ucraina, non sembrano lasciare più dubbi sulla scelta di campo della premier. Il silenzio imbarazzato di Salvini è il segno di una spaccatura sempre più evidente all’interno di una maggioranza che, non sappiamo ancora per quanto, sta tenendo insieme filo-atlantisti ed anti-atlantisti, filoeuropei ed antieuropei, ma soprattutto amici dell’Ucraina ed amici di Putin. Come tutto ciò sia possibile lo sanno solo i leader di questa scombinata maggioranza ed i loro elettori. Noi possiamo solo registrare che l’Europa non si è mai mostrata così unita in ambito di politica estera e di difesa, e questo è solo un bene. Se n’è accorto perfino Trump che, oltre a ritornare frettolosamente sui suoi passi e promettere nuove forniture di armi all’Ucraina per resistere all’aggressione, ha anche mandato il suo rappresentante, il colonnello Kellogg, alla Conferenza di Roma, a rassicurare gli alleati sul fatto che l’America c’è e che farà la propria parte per la ricostruzione dell’Ucraina. Un altro passo, speriamo decisivo, verso la creazione dei tanto auspicati Stati Uniti d’Europa.

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