Le nuove alleanze che mandano in soffitta l’Occidente

di Alessandro Silvestri

Il fattaccio è avvenuto domenica 31 agosto al termine della sua visita, ai sette Stati che confinano col versante Est dell’Unione. Il gps dell’aereo sul quale viaggiava Ursula von der Leyen è stato colpito da un attacco hacker e costretto i piloti ad un atterraggio non previsto all’aeroporto bulgaro di Plovdiv. In cima alla lista dei sospettati, il sistema di schermaggio russo, attivo a Kaliningrad, utilizzato ufficialmente in funzione anti attacco aereo e di droni da parte ucraina. Episodio peraltro non nuovo, specialmente sulle rotte dei Paesi baltici. In buona sostanza, la von der Leyen ha voluto portare il sostegno della Ue proprio a quei Paesi di confine che dal 2022 subiscono effetti della cosiddetta guerra ibrida, dai sistemi informatici mandati fuori uso, alle interferenze politiche dei finanziamenti a formazioni filorusse, alla costante possibilità che Putin voglia estendere la sua personale Lebensraum anche ad altri Stati, un tempo sotto il dominio dell’Urss. Anche perché nella fase attuale di reiterato incagliamento delle attività diplomatiche, senza esito alcuno per precisa volontà del Cremlino di non mediare, non resta molto altro da fare. Il tema attualmente in discussione tra le cancellerie europee che contano, è quello di come affrontare l’invio di truppe “cuscinetto” da parte dei governi aderenti al team dei “volenterosi” e (argomento non secondario), con quale bandiera contrassegnare queste truppe. Questo naturalmente a conflitto terminato, ma quando? Lo stesso Trump, nelle settimanali esternazioni piene di contraddizioni e penultimatum, non ha escluso l’invio di contractors in Ucraina. Sempre se e quando andrà in porto l’operazione. Temi ovviamente delicatissimi, tanto che lo stesso ministro della difesa tedesco Pistorius, si è sentito in dovere di richiamare la presidente della Commissione ad un uso più parsimonioso di queste notizie, che andrebbero tenute, questi i termini della “lavata di capo”, il più segrete possibile. Già perché dalla particolare cabina di regia formatasi negli ultimi mesi in Europa (soprannominata E3) tra Starmer, Merz e Macron, si stanno sviluppando iniziative alternative al solo aumento delle spese militari dei singoli Paesi Ue, che senza una nuova fase di coordinamento politico e militare, rischiano di vanificare risorse ed efficacia. Staremo a vedere, anche perché con l’attuale fase di unanimismo forzato, i nodi da scogliere tra i Paesi della Ue, sono ancora molti. A cominciare proprio dal governo italiano, dove Salvini continua a dimostrare la sua fraterna vicinanza a Putin e le altre forze impegnate nel costante cerchiobottismo tra il sostegno all’Ucraina, le spinte antieuropeiste e il malpancismo anti Nato. E la situazione promette nuove “fluidità” viste anche le dichiarazioni di Crosetto proprio in merito all’incidente bulgaro, dove ha escluso una volontà della Russia di far cadere l’aereo della von der Leyen. Ma l’avvertimento in puro stile mafioso, resta. Una situazione paradossalmente critica e di ostentata debolezza, se non fosse che all’interno delle opposizioni, la situazione è praticamente speculare. Un combinato disposto, che garantisce sonni tranquilli alla maggioranza almeno fino a fine legislatura, con qualche scossone di bassa magnitudo che potrebbe arrivare al massimo dalle prossime regionali. Anche se i sondaggi di settembre sul gradimento della Meloni, parlano di un sensibile calo. Intanto mentre il fantomatico Occidente è impegnato in interminabili discussioni e riposizionamenti, minato dalle continue aporie trumpiane, dall’harakiri dei dazi e da crisi economiche più o meno cicliche (la Francia sta rischiando grosso per il debito pubblico altissimo e il governo Bayrou potrebbe essere già arrivato al capolinea), a Pechino non si dorme. Nel bilaterale tra Putin e Jinping (seguito dal trilaterale con Modi) tenutosi durante il vertice Sco di Tianjin, oltre alle dichiarazioni ad effetto, tipo: “iniziativa di governance globale”, che “mira a collaborare con tutti i Paesi che condividono gli stessi ideali per sostenere con fermezza scopi e principi della Carta dell’Onu e promuovere la costruzione di un sistema di governance globale più giusto ed equo”; che detta così sembrerebbe una dichiarazione distensiva, si sono siglati accordi economici per svariati fantastiliardi, come quello su due nuovi gasdotti dalla Russia alla Cina, il “Power of Siberia-2” e il “Soyuz Vostok”, che garantiranno per almeno un trentennio, la “benzina” per la potente macchina industriale cinese. E a costi molto più bassi rispetto al mercato. Al summit si sono visti anche Erdogan e Jong Un, e tutto fa pensare che ben presto lo Sco si allargherà ulteriormente, verso la vetta dei quattro miliardi di abitanti. Insomma, mentre tutto intorno a noi si muove velocemente, come ha ricordato recentemente al Meeting di Rimini Mario Draghi, è impensabile che la Ue continui a viaggiare a scartamento ridotto. I nostri stessi media, impregnati da un certo atavico provincialismo, sono costantemente impegnati su questioni sì importanti, ma in qualche modo di portata regionale, come gli sbarchi dei migranti o la crisi israelo-palestinese, che è una emergenza drammatica e va risolta il prima possibile, certamente. Senza contare che buona parte delle nostre testate (qualcuna anche del campo largo) è impegnata costantemente a lisciare il pelo al sovranismo. Una battaglia di pura retroguardia, che non sarebbe stata di alcuna utilità nemmeno nel secolo scorso. Mentre ci tocca subire anche lo scorno, tragico e incredibile, ma non certo inatteso, del venir meno del principale partner atlantico, che aveva garantito per ottant’anni il peso dell’Occidente (che sarebbe quel posto non immaginario, dove viviamo noi) negli equilibri mondiali, che adesso rischiano di relegarci al ruolo di impotenti spettatori, confinati nella riserva della piccola Europa. Nemmeno così tanto unita come dovrebbe.

 

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